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Forme di nominativo-accusativo, ergativo-assolutivo e attivo-inattivo
Lingue nominativo-accusative: utilizzano la stessa strategia per il soggetto dei verbi transitivi e quello dei verbi intransitivi, ma distinguono il complemento oggetto. Per esempio, in italiano si nota il cambiamento nel sistema pronominale.
Lingue ergativo-assolutive: si esprimono nell'opposizione tra marca di ergativo e marca di assolutivo, distinguono cioè il soggetto dei verbi transitivi dal complemento oggetto e dal soggetto dei verbi intransitivi.
Lingue attivo-inattive: se il verbo intransitivo è un'azione dinamica, allora il soggetto assume la stessa forma del soggetto dei verbi transitivi, se invece il verbo intransitivo è un'azione statica, allora il soggetto assume la forma del complemento oggetto.
Sistema tripartito: forme diverse per tutte le categorie.
Si noti che nessuna lingua usa la stessa strategia per indicare il soggetto dei verbi.
verbitransitivi e il complemento oggetto; di fatti, si tratta di un’esigenza comunicativa vincolata dai limiti cognitivi dell’essere umano. Osservando l’ordine basico dei costituenti, nel 1963 Greenberg (il primo linguista a occuparsi di tipologia linguistica) enuncia le proprie conclusioni sulla tipologia sintattica. Questo è un parametro ancora discusso poiché, come già visto, dall’ordine basico dei costituenti si possono dedurre tutte le caratteristiche della lingua riguardo all’ordine dei sintagmi. Prima di tutto Greenberg ha descritto i dati linguistici empiricamente raccolti, successivamente ne ha spiegato la distribuzione statistica, e infine ha individuato la correlazione tra i vari ordini. Ad ogni modo, i costituenti fondamentali sono S (soggetto), V (verbo) e O (oggetto). L’ordine basico, o ordine non marcato dei costituenti, si basa solo sullo studio delle frasi dichiarative, non dipendenti e in cui S e O sono realizzati.dasintagmi nominali pieni ed entrambi definiti con un articolo. Di 6 ordini possibili, si è notato che non sono tutti ugualmente frequenti:
Nel 1963 Greenberg ha studiato un campione di 30 lingue; tuttavia, non possiamo affidarci a questo campione in quanto la conoscenza delle lingue del mondo dell'epoca era limitata
Nel 1975 Ruhlen ha studiato un campione di 427 lingue; tuttavia, non erano abbastanza diverse dal punto di vista genealogico ed areale
Nel 1981 Mallinson e Blake hanno studiato un campione di sole 100 lingue, ma comunque molto diverse tra loro per famiglia e zona
Nel 1986 Tomlin ha studiato un campione di 402 lingue con le stesse metodologie di Mallinson e Blake.
Secondo le statistiche degli ultimi due studi, si nota che i due ordini più presenti al mondo sono, rispettivamente, SOV e SVO (che costituiscono già l'85% delle lingue del mondo), a cui segue VSO (che insieme alle prime due fornisce l'ordine del 96% delle lingue del mondo),
E infine VOS, OVS e OSV (quest'ultima sembrerebbe inesistente). Quindi, nonostante le lingue possano mutare nel tempo, sono comunque più frequenti i primi due ordini basici: iniziano entrambi con il soggetto, dunque vengono presentati subito l'agente e il topic, e ciò porta a dei vantaggi a livello cognitivo poiché già so ciò di cui si sta parlando e spiego ciò che ne voglio dire a proposito; O e V sono vicini, tant'è che l'oggetto è parte integrante del sintagma verbale, questo perché è economico tenere vicine due parole in stretto rapporto; O è sempre dopo S, mai prima, pertanto l'agente precede il paziente. Ebbene, se queste caratteristiche fondamentali sono interamente rispettate dai primi due ordini basici, l'ultimo le viola tutte, motivo per cui non è attestata.
SOV: lingue indoeuropee orientali, latino, lingue altaiche, lingue dravidiche, ramo tibetano della
SVO: lingue indoeuropee occidentali, bantu, ramo sinitico della famiglia sino-tibetana
VSO: lingue semitiche arcaiche classiche, tongano, lingue celtiche
VOS: malgascio, alcune lingue austronesiane
OVS: qualche lingua dei caraibi
Dunque, i principi di tipo funzionale che spiegano la distribuzione dei sintagmi sono due:
- Principio di precedenza: Il soggetto deve venire prima dell'oggetto
- Principio di adiacenza: il verbo deve essere vicino all'oggetto, nonché il soggetto e l'oggetto devono stare lontani o morfologicamente o sintatticamente (per esempio in italiano il soggetto e l'oggetto non sono lontani morfologicamente, motivo per cui sono distanti sintatticamente)
Sulla base dell'ordine basico dei costituenti si distinguono delle correlazioni tendenziali:
- Se l'oggetto viene prima del verbo, allora ho una struttura modificatore-testa: verbo-ausiliare, nome-posposizione
- La presenza di molte variabili o fattori che influenzano una situazione.
- La mancanza di chiarezza o di informazioni complete.
- La presenza di relazioni intricate o interdipendenze tra le diverse componenti di un sistema.
- La presenza di vincoli o restrizioni che limitano le possibilità di azione.
- La presenza di incertezza o di fattori imprevedibili.
aggettivo-nome, genitivo-nome, relativa-nome2) Se l'oggetto viene dopo il verbo, allora ho una struttura testa-modificatore: ausiliare-verbo, preposizione-nome, nome-aggettivo, nome-genitivo, nome-relativa
Queste correlazioni tendenziali sono dovute alla forte coerenza interna delle lingue: dal momento che costruisco i sintagmi in un determinato modo, risulta più economico costruirli tutti allo stesso modo. Di fatti, la lingua si basa sui limiti dell'essere umano, ovvero il tempo e la cognizione.
Lingue semplici e lingue complesse
Ad introdurre il concetto di complessità di una lingua fu Miestamo, che distingue un approccio assoluto e un approccio relativo:
La complessità assoluta è orientata alla teoria di una lingua, cioè alla complessità oggettiva definibile in base alla quantità delle parti di una lingua. Si basa dunque sui criteri e si concentra in particolare sulla morfosintassi e sui tipi linguistici.
La complessità
La complessità relativa è orientata al parlante della lingua, cioè la complessità soggettiva che si basa sulle difficoltà riscontrate e al tempo impiegato durante il suo apprendimento. Si basa dunque su chi apprende la lingua.
Si può misurare la complessità di una lingua? Se ci limitiamo al piano assoluto, viene da sé che la quantità di regole di una lingua e la sua complessità sono direttamente proporzionali. Se invece ci spostiamo sul piano relativo, non possiamo che valutare la difficoltà riscontrata dagli adulti nell'apprendere la lingua, in quanto i bambini impiegano lo stesso tempo per apprenderla. Inoltre, ci si può basare sull'irregolarità, o bassa trasparenza, della lingua per stabilirne la complessità. Per esempio, l'italiano è molto irregolare e dunque difficile, mentre il turco, sebbene abbia una ricca morfologia, non è mai irregolare, e dunque è più
semplice. C'è chi sostiene la teoria dell'equi-complessità, secondo cui, poiché i bambini impiegano lo stesso tempo ad imparare qualsiasi lingua ed ogni lingua funziona perfettamente, allora sono tutte complesse uguali.
Hockett sostiene che la complessità grammaticale della lingua sia sempre la stessa, ma che possa risiedere in ambiti diversi (per esempio, una lingua può avere poca morfologia ma allo stesso tempo tanta fonologia); pertanto, adotta un approccio funzionalista.
Bisang, invece, introduce i concetti di complicità implicita ed esplicita, secondo cui tutte le lingue sono l'esito di due forze contrapposte: da una parte c'è l'economicità e dall'altra la necessità di farsi capire; pertanto, ogni lingua che funzioni ritrova un equilibrio dinamico tra le due componenti. Troviamo quindi una competizione tra una costosa articolazione che si accompagna a una conveniente espressione; pertanto,
Le motivazioni in competizione alla base della lingua sono l'economicità e l'iconicità. Levinson afferma che il linguaggio è il frutto di una lenta articolazione, mentre il ragionamento è simultaneo e molto più rapido. Dunque, lo scopo della lingua è quello di trovare una soluzione al problema di come veicolare così tanti pensieri (rapidi) nell'articolazione (lenta), poiché se l'inferenza è economica, al contrario l'articolazione è costosa.
Dunque, la complessità esplicita è la ricca articolazione, si basa sull'obbligatorietà delle categorie grammaticali e sull'inventario morfologico; mentre la complessità implicita è l'inferenza pragmatica, si basa sulla mancanza di obbligatorietà di categorie grammaticali e sulla multifunzionalità di forme da interpretare in base al contesto. Per esempio, se una lingua ha tante parole e tante
categorie grammaticali, mi costerà apprenderle tutte, ma comunque si prestano a un'unica interpretazione; al contrario, se una lingua utilizza le stesse categorie grammaticali e le stesse parole per più referenti, dovrò apprendere meno contenuti ma fare un grande sforzo sul livello inferenziale. Tuttavia, esistono dei limiti alla complessità di una lingua (e di conseguenza alla diversità linguistica). Questi sono dovuti ai limiti cognitivi del cervello umano: il costo di elaborazione non può essere eccessivo né dal punto di vista esplicito né implicito, motivo per cui le lingue floride tenderanno a porsi in una zona di mezzo, in cui vi è un giusto equilibrio tra articolazione e inferenza. Di fatti, i tipi linguistici non attestati sono quelli che violano questo equilibrio, così come le lingue in via di estinzione sono quelle che tendono ad una complessità. A smentire la teoria dell'equi-complessità.È Dixon, secondo cui le lingue non sono ugualmente complesse, bensì ugualmente funzionali. Il linguista Parkvall classifica la complessità assoluta in base a 53 parametri, attribuendo un punteggio ai tipi linguistici e alle famiglie linguistiche che esprimesse oggettivamente la loro difficoltà quantitativa. Si nota come i creoli e i pidgin hanno un indice di complessità molto minore rispetto alle altre lingue del mondo (che più o meno si aggirano attorno allo stesso punteggio). Newmeyer aggiunge che non esiste una correlazione tra complessità strutturale e rarità della lingua, venendo però smentito da Miestamo, secondo cui le strutture semplici ed efficienti sono inevitabilmente più diffuse, mentre quelle più complesse sono estinte o in via di estinzione. Abbiamo detto che i creoli si discostano per un indice di complessità assoluta basso, ma non per questo sono lingue semplici. Appare comunque evidente la.Esistono diverse ragioni per cui le cose possono diventare complesse:
Tutti questi elementi possono contribuire a rendere una situazione complessa e difficile da comprendere o gestire.