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LINGUA COME MODELLO
la parola “modello” ha una duplice definizione; riflettiamo ad esempio del concetto di
modello come:
a) Accezione del concetto di modello quello che si ha nelle arti pittoriche
b) Concetto di modello come insieme di caratteristiche di riferimento, un
qualcosa da seguire a livello di giustizia
Se riferito alle lingue, ognuna di queste ha un suo modello di riferimento e si ha quindi il
concetto di un modello come riferimento per i parlanti delle lingue. In genere, va però
associato al concetto di “varietà” (associate a classi o luoghi, dimensione diatopica→
distinzione della lingua italiana in varietà regionali, descrivibili in termini di differenze a
livello di pronuncia, lessico, modi di dire. Ciascuna di queste aree regionali, sviluppa una sua
lingua). Se pensiamo alla lingua italiana come modello, non mi riferisco alle varietà
regionali, ma a quelle caratteristiche comuni che creano l’ italiano standard.
→ Modello di Lingua standard: è una varietà che rappresenta anche il modello di
riferimento per ciascuna lingua. È un modello per:
a) La descrizione→ se acquisto una grammatica di lingua italiana, questa
contiene le regole per imparare a far riferimento alla lingua italiana (modello
standard). Per quanto concerne la nostra lingua, noi abbiamo la grammatica
scientifica di Renzi in 4 volumi, estremamente analitica quindi complessa e
non in uso nelle scuole e rappresenta nel suo insieme il modello di
riferimento.
b) Il suo uso→ il modello di riferimento della lingua standard è quello in uso nella
vita pubblica, ad esempio nello stato (ministeri, presidenza del Consiglio dei
ministri, prefetture ecc.) la pubblica amministrazione deve quindi avere come
riferimento il modello standard della lingua in uso.
→Sabino Cassese: affronta il problema nella comunicazione coi cittadini. La lingua italiana
era estremamente complessa e venne semplificata mediante una riforma sulla
semplificazione dell’italiano istituzionale.
Ex: istruzioni dei farmaci (bugiardini). i bugiardini di 30anni fa erano espressi in italiano, ma
erano pieni di tecnicismi che rendevano la lettura incomprensibile
Il livello di varietà è sceso notevolmente rendendo possibile la comprensione. L’italiano
standard dell’italiano è quindi sempre in continua innovazione. Questo concetto vale per
tutte le lingue che hanno un modello standard, ossia che hanno una o più lingua
riconosciute come ufficiali e come tali, lo stato si esprime a livello pubblico con quella
lingua.
Ex: l’inglese ha conosciuto una diffusione molto ampia anche in territori dove la lingua
principale non era quest’ultima. Gradualmente l’inglese ha sostituito il francese, ma è
presente come lingua ufficiale in molti paesi del mondo come USA e Canada, che hanno una
storia linguistica propria. Altri paesi come l’impero britannico in oriente che ha avuto
colonie africane e dove oggi l’inglese è lingua ufficiale.
L’inglese del nord America nella sua varietà ufficiale è un modello con uno standard
≠
americano dallo standard britannico ed è un fatto avvenuto in tempi recenti, fu infatti un
politico e linguista Webster che nella seconda metà dell’800, si batté contro il regno unito
per il riconoscimento della varietà standard americana rispetto a quello inglese. Fino a quel
momento, il regno unito aveva imposto lo standard britannico come varietà, ma a scopo
politico. La storia dell’inglese americano ha lasciato spazio alla storia di altri standard,
come: a) Standard australiano
b) Standard nigeriano
Questo poi si traduce anche in regole grammaticali che debbono essere seguite.
La lingua come modello è orientata verso quella varietà che assume un prestigio più alto.
→Prestigio: nozione che si pensava fosse una valutazione dei parlanti attribuita alle varietà
in modo rigido e fino a qualche anno fa si pensava che i parlanti avessero tutti una stessa
scala di valori e nel nostro caso si pensava che tutti gli italiani, attribuissero allo standard
italiano un prestigio alto, mentre alle varietà regionali uno più basso. Il concetto di
prestigio è cambiato e risulta evidente come il prestigio che si attribuisce alle lingue fa
riferimento al concetto di identità di parlante e persona (insieme di valori che si
attribuisce a partire dalla sfera affettivo emotiva). L’identità stessa ha un concetto
complesso che fa si che riguardi la sfera intima dell’individuo che dall’età adolescenziale
risponde alla domanda “chi sono?”. Noi stessi creiamo la nostra identità sulla base di
modelli linguistici e stilistici che alla fine ci rappresentano. Questa identità si costruisce su
modelli di riferimento (come noi ci rappresentiamo in base alle scelte sull’abbigliamento,
cibo, relazioni). Così noi facciamo con le lingue, quando parliamo. Non solo emettiamo dei
suoni, ma anche esprimiamo una identità.
Il riferimento al prestigio delle lingue ha a che fare con una storia che affonda le sue radici
nel XIX secolo quando i diversi paesi, vivono del fermento motivato dalle idee rivoluzionarie
che porteranno ai moti risorgimentali. Il periodo del risorgimento è stato un momento di
protesta giovanile, che ha portato alla ricerca di punti di riferimento identitari e questa idea
di identità si è alimentata anche grazie alla ricerca di una lingua identitaria e per tutti
(dibattito sull’italiano da utilizzare→ modello di riferimento era il toscano).
L’esigenza dei parlanti di trovare una lingua, e di modellizzarle erano lingue che:
a) Avevano una ricostruzione storica
b) Lunga tradizione scritta.
Dal modello di riferimento latino, ad esempio, abbiamo ereditato il modello descrittivo per
le lingue (opposizione fra nomi propri e comuni). Nella tradizione araba, ad esempio, c’è un
modello differente di grammatica che però è differente dalla nostra, con valori differenti. La
storia dei modelli descrittivi delle grammatiche si ha nelle nazioni dove è stato presente un
pensiero scientifico-linguistico.
Identità e nazionalismi, sono 2 elementi importanti e nascono nell’800 come definizioni
≠
delle scienze. Il periodo dell’800 è il momento dove le scienze prendono delle strade e
nell’ambito delle scienze umane, si creano quelle che noi troviamo ora nelle università.
≠
→Ferdinand Tonnies (1887): teorizza la fra società e comunità. Non c’era mai stata la
necessità prima d’allora di teorizzarla.
- Società→ aggrega in modo più debole e per partecipazione contrattuale (il capitale,
Carl Marx). Gli individui sono legati fra loro mediante un consenso comune fra gli
individui per comportarsi in modo comune.
Ex: quando viaggiamo, si osservano spontaneamente delle cose, come gli abiti, i gesti, il
modo di comunicare. Noi siamo quindi attenti alle differenze e questa è data dall’
abitudine invece alle nostre usanze, significa quindi che noi confermiamo la nostra
identità. Quando ci troviamo fuori dal nostro “codice di comportamento comune” ci
troviamo a disagio.
- Comunità→ c’è una storia religiosa dietro essa. Fa infatti riferimento alle comunità
religiose createsi nel periodo medievale (monasteri, conventi ecc.) in questi luoghi, si
aggregano fedeli attorno simboli forti e comuni. Nel corso dell’800 viene applicato
questo concetto alle comunità linguistiche, dove gli individui sono accumunati anche
da valori. Ci sono diverse minoranze linguistiche riconosciute dallo stato, come
alloglotte e romanze.
Edward sapir→ sottolinea l’importanza di una comunità di valorizzare le lingue anche se
magari la capacità di locuzione è minore
- Razza→ la correlazione che veniva
usata nelle scienze era che vi fosse
una correlazione fra lingua e
conformazione fisica. Si associava
quindi ad ogni “razza” una lingua. Si
ipotizzava una scala dove sul gradino
più alto vi erano le lingue europee
fino a scendere alle lingue parlate da
popolazioni primitive, le cui culture
non avevano un’espressione elevata
(popolazioni aborigene, africane
ecc.). vi era una idea di primitività che
accompagna tutto l’800. La teoria
sull’indifferenziazione delle lingue, si
fonda sugli studi antropologici riconosciuti. Questi tipi di atteggiamenti, risiedono
nella necessità di espansione coloniale europea del tempo, ed era anche un mezzo
scientifico per giustificare le conquiste dei territori. Questa correlazione con la razza,
è andata scomparendo con la II guerra Mondiale, e nessuno correla più un tipo fisico
con un determinato tipo linguistico.
Nella seconda metà dell’800, un censimento del 1867 registra il 97% di analfabetismo.
Questo ci da un quadro dell’Italia che era un paese caratterizzato da molte differenze
linguistiche (dialetti). È una definizione di natura politica, che deriva dalla necessità di
trovare un'unica lingua italiana che doveva essere il modello di riferimento identitario.
All’atto dell’unificazione, viene costruito in maniera scientifica mediante:
- Accademia della Crusca→ mediante l’invenzione del dizionario della lingua italiana a
cura di Nicolo Tommaseo. È funzionale ed è una sorta di “bibbia della lingua italiana”.
Queste attività di codificazione della lingua, porta anche ad un dibattito scientifico molto
forte tra gli studiosi, perché creare un italiano significava codificare delle info grammaticali
che servono a generare un riferimento (modello standard di comunicazione pubblica).
Questo processo e dibattito ideologico vede numerosi protagonisti come Isaia Ascoli, che
venne incaricato di descrivere le differenze linguistiche degli italiani.
➢ Ma come mai l’Italia è così diversificata a livello linguistico?
La causa è una grande frammentazione politica che per molti anni hanno occupato la
penisola, oltre che le grandi dominazioni straniere (impero austro-ungarico). Le tante
differenze linguistiche, si sono alimentate e conservate e spiega come il nostro processo di
unificazione sia differente da altre regioni.
➢ Ma come Isaia Ascoli ha conciliato le tante differenze?
Ascoli è un precursore nella sua idea di
nazionalismo. Ci riesce dichiarando che: la
ricchezza della nazione è fondata nella
presenza di diversi. Nasce quindi il
concetto di isoglosse (isoglossa→ linee
immaginari che segnano le differenze
dialettali fra una zona e altra dell’Italia).
Le isoglosse sono raccolte sulla base delle
esperienze dei parlanti presi in esame,
gener