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Il cambiamento del linguaggio giornalistico
Così un giorno si ribella. "Perché quell'uomo le rovina l'esistenza".
2. Un aumento consistente della presenza del parlato, no a pochi anni fa poco significativa; con nata quasi esclusivamente al genere dell'intervista e risolta nell'uso di pochi dialettalismi e alcuni segnali discorsivi (veda, senta, guardi).
3. La tendenza a suddividere il testo in unità tematiche ben individuate, dotate spesso di un proprio titoletto introduttivo, in cui vengono svolti sotto-argomenti autonomi all'interno di un testo-contenitore più ampio. Questa caratteristica è tipica in particolare dei quotidiani online, in cui il testo si trova ad interagire strettamente con l'elemento audiovisivo e con la dimensione ipertestuale.
L'italiano della politica
• Come il linguaggio dei giornali, anche quello politico non è propriamente un linguaggio settoriale: il suo lessico attinge di volta in volta ad altre lingue speciali (in
particolare a quella giuridica e, soprattutto negli ultimi anni, a quella dell'economia).- Su una base terminologica formatasi essenzialmente tra la fine del Settecento e i primi dell'Ottocento s'innestano novità lessicali attinte dalla lingua comune (manovra) e da molte lingue settoriali.
- Dopo la crisi dovuta agli scandali di Tangentopoli (1992), anche la politica italiana ha imparato ad adeguare il proprio linguaggio a quello del destinatario.
- Abbandonato quello che potremmo chiamare il "paradigma della superiorità", la lingua dei politici ha cominciato a puntare sul "paradigma del rispecchiamento".
- Ha abbandonato i toni elevati e le forme oscure del politichese tradizionale, per riprodurre il più possibile il modello linguistico degli elettori, semplificando notevolmente lo stile e la scelta delle parole.
Si registra, inoltre, una continua produzione di
parole nuove, destinatein molti casi a uscire ben presto dall'uso, nonché espressioni che - create dai giornalisti o daglistessi politici - rimbalzano dall'uno all'altro partito secondo il meccanismo dell'"irradiazionedeformata": il processo per cui l'ironia colpisce una parola, una locuzione o un'intera frase,alterandone una componente.- Si fa, inoltre, un uso ossessivo e insistito di alcune parole chiave,piegate a significati diversi a seconda delle esigenze. Tra queste nuovo, novità e futuro, gente,responsabilità e soprattutto libertà.
- Nonostante la generale tendenza alla semplificazione del linguaggio,il discorso politico continua a basarsi, anche nella cosiddetta "seconda Repubblica", su un ampioricorso alle più classiche figure retoriche.
- Fra le più ricorrenti:
- l'anafora, ovvero la ripetizione all'inizio di più enunciati della stessa parola o frase;
- l'iperbole, che consiste nell'esagerare un concetto o un'idea;
- la metafora, che attribuisce un significato figurato a un termine;
- l'antitesi, che mette in contrasto due concetti opposti;
- la retorica, che utilizza un linguaggio persuasivo per influenzare l'opinione pubblica.
stessaparola o dello stesso gruppo di parole; (Gianfranco Fini: «lo dimostra l’attenzione... Lo dimostra lapresenza... lo dimostra l’attesa...lo dimostra in ne la folta partecipazione).
2. l’interrogativa retorica: appare soprattutto in corrispondenza dei momenti più caldi del discorso,quando il tono della polemica tende ad innalzarsi (Massimo D’Alema: «ma dov’è?», «ma in chepaese?», «ma di che cosa parliamo?» L’economia va bene e la società va male?».
3. il poliptòto temporale, ovvero la ripresa di un verbo in diversi assetti temporali (“Sono e sarannosempre al servizio dei cittadini”, «Uomini che hanno portato e portano ancora con sé certimetodi»).
L’italiano della pubblicità• Quello della pubblicità è un linguaggio composito, nel quale il codice verbale, seppure moltoimportante, rappresenta soltanto uno dei molti
codici possibili.
- Sia negli spot televisivi e radiofonici sia negli spazi pubblicitari di giornali e riviste, accade sempre più spesso che alla parola venga dedicato uno spazio limitato, a vantaggio di altre forme di comunicazione giudicate più efficaci, come l'immagine e la musica.
- La caratteristica fondamentale dell'italiano usato nella pubblicità è quella di essere una lingua tutta orientata verso la persuasione.
- Di qui il tono sicuro - se non perentorio - di molti slogan declinati all'imperativo: "Scegli un mondo genuino"; "Passa a Vodafone".
- L'uso della parola deve essere accattivante e attraente, deve colpire e incuriosire il pubblico, catalizzarne l'attenzione. La caratteristica fondamentale dell'italiano usato nella pubblicità è quella di essere tutta orientata verso la persuasione.
- Si privilegiano perciò gli espedienti
- Mentre in precedenza (almeno fino all'ultimo decennio del secolo scorso) la pubblicità puntava soprattutto a impressionare il consumatore, a stupirlo per convincerlo all'acquisto, adesso sembra piuttosto cercarne il coinvolgimento, o meglio, tentare di sedurlo.
- Di conseguenza, la lingua si fa più semplice, più discreta. Cresce l'impiego dell'interrogativa retorica, preferita sempre di più all'imperativo, perché interpreta i bisogni di un ipotetico interlocutore (Ti piace vincere facile?).
- L'ascolto della radio negli ultimi anni è in calo.
- Oggi il linguaggio radiofonico si ispira esplicitamente al parlato spontaneo, specialmente per quanto riguarda i network privati, caratterizzati da una cosiddetta "programmazione di usso".
- Questa lingua uida e ritmata, tuttavia, è solo apparentemente spontanea.
- I limiti degli stretti tempi radiofonici impongono l'uso deliberato di una serie di espedienti linguistici che riproducono "a tavolino" la sensazione del parlato non controllato:
- ripetizione di parole e frasi chiave che scandiscono il flusso (i cosiddetti "tormentoni");
- abbondanza di variazioni melodiche della voce, esclamazioni e interiezioni, per sottolineare iperbolicamente eventi e affermazioni;
- lessico espressivo, che impiega modi colloquiali, linguaggio giovanile, turpiloquio, anglicismi allamoda;
- ricorso a moduli tipici della dialogicità.
- Per mantenere alto il tasso di dialogicità, si ricorre a una coppia di
- un accorciamento dei testi (no ad arrivare alla formula del notiziario ash)
- nell'aumento, spesso vertiginoso, della velocità di lettura delle notizie (specie se paragonata a quella dei tg)
- In una sintassi che privilegia l'accostamento di frasi coordinate e l'uso delle frasi nominali, più rapide e più comprensibili.
- Secondo i dati ISTAT più recenti, la televisione - seppur parzialmente ridimensionata dalla concorrenza di Internet - rimane ancora oggi il mezzo di comunicazione di massa più di uso in Italia.
- Nel ricostruire la storia dell'italiano televisivo bisogna distinguere tra due periodi diversi, che Umberto Eco ha chiamato paleotelevisione e
- Il periodo paleotelevisivo, che va dall'inizio delle trasmissioni ufficiali (3 gennaio 1954) alla metà degli anni settanta, si caratterizza per la prevalenza della funzione educativa.
- Le trasmissioni sono pensate per assicurare la diffusione della cultura e giungere all'unificazione sociale e linguistica degli italiani.
- L'italiano di questa prima televisione è molto vicino alla lingua scritta.
- Il periodo della neotelevisione (cominciato idealmente nel 1976, con la fine del monopolio Rai e l'inizio delle trasmissioni televisive private) si distingue per un drastico ridimensionamento della funzione pedagogica a vantaggio dell'intrattenimento.
- Dal punto di vista linguistico, la televisione si avvicina al pubblico per incrementare il livello di audience, rinuncia al suo ruolo di modello e diventa uno specchio della lingua degli italiani, riproducendo le forme del parlato più o meno spontaneo.
- Su queste
- Il parlato serio semplice proprio delle trasmissioni culturali e di divulgazione scientifica (Quark, Ulisse). Alterna l'uso di tecnicismi specifici a una fraseologia colloquiale (con la testa che gira, come un uccello in volo) e a moduli tipici del parlato informale (come l'uso di "niente" in funzione aggettivale: niente quadri, niente tappeti o credenze).
- Il parlato sciolto colloquiale, tipico delle trasmissioni di intrattenimento codificate, come il varietà e il quiz. Si basa sul monologo prevalente del conduttore e impiega il lessico comune della conversazione colloquiale.
- Il parlato trascurato, riconducibile alle trasmissioni di intrattenimento basate su un certo grado di improvvisazione, come il talk show. Esempio: ci attualizzante (non c'hai vasti orizzonti; tipo per come (me la sento tipo appiccicata) o l'uso avverbiale dell'aggettivo (siamo amiche).
uguale).e soprattutto il reality show Un parlato molto vicino a quello spontaneo;
4. i