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La grammatica del parlato

Il parlato è quindi dominato dalla deitticità: la sua prima caratteristica è il forte legame con il contesto extraverbale che, essendo immediatamente evidente ai locutori, rimane implicito nel discorso. presupposizione,

Una parte importante ha nel dialogo anche la con cui si allude a conoscenze date per condivise.

Chi parla dà poi massimo rilievo alle informazioni che ritiene più importanti. risalto il focus d’interesse

Con l’aiuto dell’intonazione o della sintassi, viene messo in forte della frase, il che può dar luogo a strutture sintattiche irregolari nello scritto tradizionale.

L’influenza della scrittura sul parlato

La nostra società è profondamente influenzata dalla cultura e dalla lingua scritta. Si pensi, ad esempio, quanto radicate nell’uso linguistico comune siano espressioni e metafore attinte dal mondo della scrittura (come punto e basta, punto a capo,

punto interrogativo, tra virgolette, voltare pagina, cominciare un nuovo capitolo, tra le righe). Tuttavia non bisogna dimenticare che, storicamente, molte lingue del mondo sono o sono state esclusivamente parlate e che in molte civiltà in cui è usata la scrittura, la cultura orale mantiene una funzione predominante. Il passaggio da una mentalità che alcuni studiosi hanno chiamato "omerica" (cioè tutta volta all'oralità: i poemi omerici ebbero inizio a diffusione orale) a una "platonica" (cioè scritta: il filosofo greco Platone fu il primo a dare sistematicamente il proprio pensiero alla scrittura) comporta conseguenze rivoluzionarie:

  • diverse modalità di accesso alla cultura
  • diverse dimensioni quantitative
  • diverse percezioni cognitive segnali discorsivi,

Tipici del parlato sono i vale a dire:

  1. formule di attenuazione (per dire, diciamo, in un certo senso);
  2. formule
di esitazione (mhm, vediamo, beh, insomma); 3. formule di esemplificazione (mettiamo, diciamo); 4. formule di riformulazione della frase (voglio dire, cioè); 5. formule di controllo dell'avvenuta ricezione o comprensione (il cosiddetto feedback: mi senti?, no?, capito?, vero?, non trovi?); 6. demarcativi (parole o locuzioni che hanno la funzione di aprire o chiudere il discorso). Nel parlato, dunque, accade spesso che le parole non siano utilizzate nel loro significato letterale ma secondo la funzione che assumono nel discorso. Gli atti linguistici Ogni enunciato costituisce anche un atto linguistico. Secondo il filosofo inglese John Langshaw Austin (1911-1960), nell'atto linguistico si distinguono tre livelli: - illocutivo (l'atto di dire qualcosa) - illocutivo (l'azione che si compie nel dire qualcosa) - perlocutivo (l'effetto ottenuto col dire qualcosa). Grazie alla

competenza pragmatica possiamo quindi decodificare l'atto linguistico e rispondere correttamente.

  • La risposta può anche collocarsi nell'ambito extraverbale. Se chiediamo al vicino di tavola "Mi passi il sale?", ci aspettiamo in risposta che quello ci passi la saliera, non che ci risponda di sì e rimanga inerte.
  • Gli atti linguistici che esprimono tali volontà si dicono atti illocutivi.
  • Gli atti linguistici detti perlocutivi sono quelli che producono effetti diretti. Il caso più evidente è quello delle espressioni contenenti verbi performativi: verbi che, coniugati, alla prima persona, realizzano l'atto che descrivono (per esempio giuro, maledico, ordino). Allo stesso modo gli enunciati performativi sono espressioni stesse che, in condizioni di buona riuscita, hanno il potere di ottenere l'effetto che quelle parole descrivono. Il fatto ad esempio che il sacerdote pronunci le parole "Io ti battezzo nel nome
del Padre" (o che il presidente di una commissione di laurea dichiari dottore qualcuno) fa sì che avvenga il battesimo o che il candidato diventi dottore. La conversazione La conversazione rappresenta la situazione più tipica di parlato: due o più interlocutori che si alternano liberamente nel discorso. Perché la conversazione abbia successo, infatti, gli interlocutori debbono per prima cosa cooperare, osservando alcune regole di logica e di pertinenza che sono state individuate dal filosofo inglese Herbert Paul Grice. Secondo Grice, le regole di logica e di pertinenza sono quattro: 1. Regola di qualità (cercare di fornire un contributo vero); 2. Regola di quantità (non essere reticenti né ridondanti nell'informazione fornita); 3. Regola di relazione (essere pertinenti rispetto all'argomento della conversazione); 4. Regola di modo (evitare oscurità e ambiguità). Nel parlato di tutti i giorni, le massime conversazionali diGrice vengono frequentemente violate.
  • Esistono regole di tipo pragmatico anche per l'alternanza dei turni conversazionali: se così non fosse, le sovrapposizioni dei turni sarebbero molto più frequenti di quanto non accada.
  • I locutori, in effetti, riescono a capire quando l'altro sta per terminare il suo turno e in quale momento possono inserirsi nella conversazione.
  • Il prt (= punto in cui la persona capisce che l'altro sta per terminare il discorso e quindi può inserirsi nella conversazione -> punto di rilevanza transnazionale) è in genere contrassegnato da un abbassamento del tono di voce, dalla fine di un argomento di conversazione o da particolari indicatori lessicali.
  • Se chi parlava ha selezionato il parlante successivo, la parola passerà al selezionato.
  • Se, invece, nessun parlante era stato selezionato in precedenza, chiunque potrà autoselezionarsi e prendere la parola al sopraggiungere del

primo prt (diversamente, chi parlava potrà continuare afarlo).

  • Può ben accadere che una persona intervenga nella conversazione senza aspettare il prt, mal'intervento viene percepito come inopportuno.
  • I locutori si servono delle sequenze complementari (= strutture che servono per far procedere o terminare la conversazione), che sono realizzate dagli interlocutori in due turni: a una domanda seguirà una risposta; a un saluto, un altro saluto; a un'interpellazione, una risposta; alle scuse, una minimizzazione e così via.
  • A volte perché una coppia venga completata, occorre aprire e via via richiudere altre sequenze, incassatedette (o laterali), operazione alla quale è subordinato il completamento della sequenza principale.
  • Le sequenze complementari sono una sorta di cerimonia linguistica. Esemplare il caso della chiusura di una conversazione telefonica.

Esistono, in base ad alcune convenzioni sociali, certe forme

preferenziali per completare una sequenza complementare: accettare un invito, per esempio, è semplicissimo; riutarlo presenta già linguisticamente alcune complicazioni. I registri del parlato diafasìa, diastratìa, • Il parlato si articola in una gamma di registri dominata da tre parametri: diatopìa. • È certo però che oggi l'italiano della tradizione letteraria è dotato di indiscusso prestigio. • Nella situazione attuale possono godere di altrettanta autorevolezza l'italiano burocratico o giudiziario, l'italiano tecnico-scientifico, quello parlato dai manager, dai politici, dai giornalisti. fi fi ff ff fi fi fi ff ff fi • Sta poi mutando l'atteggiamento psicologico rispetto del dialetto: un tempo avvertito come culturalmente squalificante, viene oggi usato anche nel registro informale dalle persone colte che ne abbiano competenza. parlato formale informale. • Rispetto alla situazione

comunicativa il può quindi essere:

  • L'italiano informale o colloquiale può nutrirsi di apporti lessicali ed espressivi del soggiacente dialetto e quindi riuscire, di fatto, simile all'italiano regionale, specialmente nella pronuncia.
  • Ma a livello teorico le due varietà vanno tenute distinte.
  • Contribuiscono, infatti, a caratterizzare l'italiano informale tratti panitaliani (presenti cioè nell'italiano colloquiale di tutte le regioni).
  • Il parametro della diastratìa (cioè la differenza legata ai diversi strati sociali), sembra operare in maniera trasversale.
  • L'unica appartenenza sociale determinante si rivela, infatti, quella a gruppi dalla sinomia particolarmente compatta (come certi gruppi professionali).
  • La peculiare situazione dialettale italiana, in ne, fa sì che il parametro della diatopìa (tratti linguistici locali o regionali o dialetto tout court) emerga con forza.
non appena si verifica un abbassamento – anche leggero – degli altri due livelli. • Chi parla in una situazione informale o proviene da uno strato socioculturale basso adopera un italiano più vicino al dialetto. L'architettura dell'italiano contemporaneo Poco più di vent'anni fa, Gaetano Berruto aveva sintetizzato sinotticamente l'architettura dell'italiano contemporaneo disponendo le diverse varietà linguistiche scritte e parlate lungo gli assi complanari della diastratia, della diamesia e della diafasia. Sulla base di cambiamenti intercorsi in questi anni si è recentemente proposto di apportare qualche aggiornamento. Tra i principali elementi di novità vi sono: - La maggiore incidenza della diatopia, che entra nel quadro dei registri più alti in senso diastratico e diafasico e si accentua anche nel settore della lingua scritta. - La risalita dell'italiano standard che, ormai coincide con

l'italiano aulico formale; per control'identificazione del nuovo standard con la buona scrittura giornalistica.- L'individuazione dell'italiano tecnico-scientifico come varietà di massimo prestigio e la sostituzione dell'italiano burocratico con quello aziendale.- Il forte avvicinamento tra italiano parlato colloquiale, italiano informale trascurato e italiano regionale.- L'apparire di una varietà scritta di registro informale, usata da quasi tutti gli strati della società: l'italiano digitato delle e-mail e degli sms.Il parlato italiano contemporaneo: suoni e forme• È facile verificare come proprio dalla pronuncia sia possibile indovinare l'area di provenienza di un parlante.L'ortoepèa• , cioè il modo corretto di pronunciare l'italiano, va considerata norma tassativa solo da chi fa della lingua parlata un uso professionale.• Per "pronuncia corretta"

dell’italiano s’inten
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Publisher
A.A. 2023-2024
6 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/01 Glottologia e linguistica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher beccaaaa di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguistica generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Mari Luigi.