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DELITTO CHE PUNISCE LE ATTIVITÀ ORGANIZZATE PER IL TRAFFICO ILLECITO
DI RIFIUTI —> indica la movimentazione transfrontaliera di rifiuti. Il riferimento al
traffico illecito è neutro per la descrizione della fattispecie incriminatrice. C’è qualcuno
che realizza traffici illeciti e movimentazioni contrari alla legge. Il nocciolo della
questione lo capiamo in relazione alla sua genesi: l’ordinamento ha introdotto questa
fattispecie dopo l’attività della commissione bilaterale per la gestione dei rifiuti.
L’ordinamento introduce nella disciplina speciale questa fattispecie incriminatrice nei
primi anni 2000 strappando alla tradizione: la nostra tradizione è quella di illeciti
contravvenzionali il cui contenuto di disvalore è formale organizzativo rispetto al dato
sostanziale che assegniamo a crimine e delitto. L’ordinamento si rende conto che la
tradizione contravvenzionale non riusciva a dare risposte adeguate e introduce
nell’ordinamento questo delitto che risponde alla criminalità organizzata in materia
ambientale. La logica della criminalità organizzata è ampiamente presa in
considerazione dal diritto penale italiano. La nozione di criminalità organizzata qui è
più ampia, generale, che ricomprende due modalità di illecito: criminalità
strettamente organizzata e criminalità organizzata che si muove in un contesto a base
lecita. La commissione scopre un mercato, domanda e offerta, del traffico illecito di
rifiuti e la sua pericolosità non riguarda solo l’oggetto, ma anche perché i protagonisti
di questo traffico sono soggetti organizzati e quindi con maggiori poteri di realizzare
un tragico piuttosto di un singolo soggetto. L’organizzazione è la stabile
sistematizzazione di mezzi per raggiungere un determinato fine ed è destinata a
permanere nel tempo. Parliamo di reati permanenti destinati a permanere nel tempo e
a connotare in maniera significativa la meritevolezza di pena.
Nel 2018 è stata trasferita la legislazione complementare nel codice penale:
il diritto penale dell’ambiente è composto da 2 gruppi di fattispecie, le une nel testo
unico e le altre nel codice penale. L’introduzione nel c.p. del titolo sui reati
dell’ambiente fa si di qualificare gli illeciti contenuti nel c.p. (sono delitti che
intervengono suggestivamente al danno all’ambiente) piuttosto di quelli contenuti
nella legislazione complementare (intervengono antecedentemente rispetto al danno
vero e proprio, sono reati di pericolo presunto).
Art. 3-bis c.p. - riforma del 2018 —> principio della riserva di codice = serve a
rimandare che i reati all’interno del codice sono una cosa seria e pertanto non bisogna
abusarne. Nuove disposizioni che prevedono reati possono essere introdotti solo
modificando il codice penale o inserendoli il leggi settoriali. Quando viene introdotta
questa norma abbiamo già l’introduzione dei reati a tutela dell’ambiente nel codice
penale (2015). La fattispecie incriminatrice del traffico illecito di rifiuti, pur essendo un
delitto e una fattispecie che aveva come scopo di tutela le condizioni generali di tutela
dell’ambiente, ma le condotte proprio che danneggiavano l’ambiente, di ispirazione
codicistica, era contenuta però nel testo unico. Il legislatore allora ordina ad una
commissione di valutare tutta la legislazione accessoria per scandagliare i reati a base
codicistica ed inserirli nel codice penale. Rinviene ciò nell’art. 260 del testo unico e
lo trasferisce all’art. 452-quaterdecies c.p. La pena prevista va da 1 a 6 anni di
reclusione. Questo illecito prevede anche dal punto di vista dell’articolazione
dell’apparato sanzionatorio, la misura conservativa della confisca. I reati puniti con
una pena superiore ai 6 anni consentono l’applicazione di strumenti processuali
invasivi per scoprire la commissione del reato o per evitare che il reato già scoperto
possa essere portato dai suoi autori a conseguenze ulteriori. Questa scelta assicura
quindi l’applicabilità delle misure cautelari personali e reali e delle intercettazioni. Si
aumenta la probabilità di scoperta di questi reati. La logica operativa del diritto penale
è quella della prevenzione generale: si tratta di un meccanismo efficace in relazione
alla sanzione minacciata. La conoscenza dell’illecito non è necessariamente sempre
facilmente acquisibile: se il diritto penale vuole funzionare in termini di prevenzione
generale occorre aumentare la probabilità di scoperta. La condotta punita è
particolarmente articolata in questo delitto: occorre descrivere in modo
particolarmente preciso; reato comune che punisce “chiunque, al fine di
conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso
l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve,
trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti
quantitativi di rifiuti e' punito con la reclusione da uno a sei anni”.
La pericolosità è dell’organizzazione in quanto essa è da un lato più efficace, dall’altro
più pericolosa in quanto movimenta più quantità e rifiuti intrinsecamente pericolosi.
Art. 2082 c.c. - imprenditore —> Colui che organizza in maniera continuativa i
mezzi per finalità di produzione. È una definizione polarizzata sulle caratteristiche che
troviamo nell’art. 452-quaterdecies.
Il legislatore utilizza l’elemento soggettivo, il dolo specifico (come finalità
soggettiva), per identificare la commissione di un fatto di reato: questo nel caso in
cui il soggetto persegua quella particolare finalità (ingiusto profitto = è necessario
che l’attività venga fatta non in odio all’ambiente, ma con lo scopo di ottenere con
l’inadempimento della normativa ambientale un ingiusto profitto). Serve a
discriminare l’area della liceità da quella della illiceità. L’ingiusto profitto va legato,
per dargli la connotazione della ingiustizia, alla gestione in contrasto con le regole di
diritto. Il riferimento all’ingiustizia consente di recuperare un criterio descrittivo tra la
condotta illecita punita come singola contravvenzione del testo unico e la
trasgressione illecita punti come delitto dall’art. 452-quaterdecies c.p. Il dolo richiesto
da questa fattispecie va al di la della consapevolezza di violare la normativa
ambientale, richiede la messa in opera di un programma imprenditoriale che ha come
caratteristica intrinseca il mancato rispetto della normativa ambientale.
L’atteggiamento dell’impresa nei confronti dei rifiuti tiene conto della sistematica
violazione della normativa ambientale, si organizza sul presupposto che la normativa
ambientale non verrà rispettata, con lo scopo di massimizzazione del profitto.
L’impresa illecita che sistematicamente viola la normativa viene punita con art. 452-
quaterdecies c.p.; mentre, l’impresa lecita che cerca di risparmiare ogni tanto sui costi
di gestione viene punita in virtù del testo unico.
Disvalore d’azione: riferimento alla realizzazione di un’attività organizzata, effetto
moltiplicatore = smaltire sistematicamente i rifiuti è sufficiente per attribuirgli una
gravitò maggiore rispetto alle situazioni in cui manca l’assetto organizzativo. Reitera
comportamenti illegali nel corso del tempo, tutte queste violazioni non sono unificate,
ma inserite all’interno di scelte organizzative, predisposizione di mezzi e risorse
finalizzate alla realizzazione di un profitto illecito. Organizzazione = rende
maggiormente gravoso dal punto di vista ambientale questo genere di
comportamenti.
Disvalore di eventi: gravità della conseguenza della condotta = non entra
direttamente nella descrizione del fatto di reato, fuoresce dalla dinamica e non
concorre alla definizione del reato. Ma è cristallizzata comunque sotto due profili:
Disvalore di azione, reiterazione;
Le violazioni riguardano ingenti quantitativi di rifiuti = presentano un rischio di
pericolo di danno per l’ambiente molto più rilevante rispetto alla mera sommatoria
delle singole violazioni del singolo imprenditore. Se gli ingenti rifiuti sono ad alta
radioattività: aggravante.
L’art 452 quater è debitore di ciò che è avvenuto nell’ambito dell’art 434, è una sua
risposta a quanto l’interpretazione ha formulato in relazione a quest’ultimo.
Art 452: reato di evento, alterazione dell’ambiente. Tutela il bene ambiente in se.
Art 434: reato di pericolo concreto. Tutela della salute collettiva. Disposizione
intrinsecamente problematica per due ragioni preliminari e formali:
Intitolazione ‘crollo di costruzioni + altro disastro’
Fattispecie a ‘doppia sussidiarietà’, destinato ad essere applicato nell’impianto del
codice solo se non ricorrono altre più specifiche fattispecie poste a tutela
dell’incolumità pubblica (rispetto sia al crollo delle costruzioni che l’altro disastro)
L'effetto del processo tecnologico ha consentito lo sviluppo ma anche un rischio, tra
cui la riscoperta dell’art 434. Es il caso Seveso ha portato a rileggere questo articolo e
metterlo al centro del problema dei rischi della modernità.
Ha a che fare con il crollo di costruzioni, cosa c’entra quindi con lo sprigionare le
sostanze tossiche (situazione del caso Seveso)?
Una nuova lettura del ‘disastro innominato’ all’art 434 ce la da un passaggio della
relazione che accompagna il codice penale = colma ogni lacuna che potrebbe esserci
si fronte ad aggressioni alla pubblica incolumità e a causa del processo tecnologico.
Quindi nel caso Seveso l’applicazione trova il fondamento nella funzione che il
legislatore assegna: norma di chiusura e apertura alle nuove forme di aggressione
all’interesse dovuto al processo tecnologico.
Fattispecie che non si adatta a una sola condotta, perché il disvalore di evento è
rappresentato dall’oggetto della condotta.
C’è una compenetrazione tra immediatezza e diffusività tra la condotta e l’evento che
la norma intende scongiurare. Non possono essere distinti nettamente tra loro.
Una delle tappe evolutive della criminalità ambientale avviene nell’ambito di nuove
tecnologie e dalla gestione dei rifiuti che è diventata un utile business, da cui derivano
ingenti profitti in quanto più rifiuti ci sono più significa che le imprese si ingrandiscono.
La giurisprudenza è chiamata a giudicare indagini sulla deposizione abusiva di rifiuti o
fanghi pericolosi con la contaminazione di siti abitativi e agricoli e la messa in pericolo
della salu