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Sono tecniche che hanno grandi vantaggi o potenzialità, ma applicabilità tecnologica

per utilizzi su ampia scala molto limitati.

Abbiamo già i processi di melt compounding che sono gli stessi già utilizzati per la

produzione dei microcompositi, in questo caso ottimizziamo semplicemente le

condizioni di miscelazione per ottenere la stessa morfologia con elevata dispersione e

distribuzione delle lamelle e per ottenere un adeguato controllo della morfologia

attraverso l’impostazione corretta dei parametri di processo.

Questa tecnica è vantaggiosa in termini economici in quanto non richiede solventi, la

messa a punto di nuovi impianti e non richiede di purificare le grosse quantità di

solventi che sono in gioco nelle altre metodologie.

Questo processo è già utilizzato nelle industrie della trasformazione di materie

plastiche e un processo che consente di ottenere manufatti con un elevato volume

produttivo nel prodotto.

In questo tipo di processi è più difficile controllare la morfologia finale del sistema e

realizzare una morfologia omogenea del sistema in termini di dispersione che sia

stabile nel tempo.

Quali sono le forze in gioco che orientano la dispersione e la distribuzione delle

particelle di una nanocarica all’interno di una matrice polimerica?

Le particelle nanometriche tendono fortemente ad aggregarsi e questo accade anche

se sono modificate, benché l’applicazione di una modifica superficiale riduca le

intensità delle interazioni che esse sono in grado instaurare.

I nanosilicati lamellari tendono a stratificarsi formando delle pile, organizzandosi uno

sull’altro secondo lo schema riportato:

(immagine)

questa struttura prende il nome di tattoide. Questa interazione è la stessa che

instaurano fogli di grafene l’uno sull’altro.

Come possiamo fare per distribuire e disperdere ciascuno di questi strati come entità

singola all’interno del polimero, volendo operare con un processo di melt

compounding?

Dobbiamo innanzitutto distruggere questo tattoide in unità più piccole per facilitare

la separazione delle lamelle; se noi applichiamo all’interno di un impianto di estrusione

elevate intensità di miscelazione (sforzi meccanici elevati), si genereranno sulle

superfici esposte di questo tattoide degli sforzi tangenziali che promuoveranno la

frammentazione del tattoide in unità dimensionalmente più piccole.

Il tattoide ha in origine dimensioni dell’ordine dei micron (8-10 micron) e attraverso

l’applicazione di sforzi meccanici in estrusore, le forze di taglio generate sulle superfici

esterne produrranno una prima frammentazione del tattoide in entità di dimensioni più

piccole dell’ordine di 0.1 micron, si formeranno cioè dei pacchetti più piccoli a partire

da questa struttura micrometrica iniziale.

Con gli sforzi di taglio, intensificandoli, non siamo in grado di procedere oltre: gli

elementi rimangono grossolani.

Per avere la delaminazione è necessario che le catene di polimero possano penetrare

nelle intergallerie; siccome i processi di miscelazione allo stato fuso sono condotti ad

alta temperatura in cui il polimero ha una buona mobilità, il polimero può riuscire a

diffondere se noi lasciamo un tempo sufficiente per mettere in atto questo

meccanismo diffusivo.

Otterremo quindi una adeguata delaminazione del materiale, combinando elevate

intensità di mixing che decompongono il tattoide in entità più piccole con elevati

tempi di residenza in estrusore in maniera tale che le catene di polimero abbiano il

tempo di diffondere negli interstrati, riducendo le forti attrazioni elettrostatiche tra essi

e disperdendo ogni lamella in forma di singola nanoparticella nella matrice polimerica.

La dispersione è governata da due aspetti: l’affinità tra polimero e silicato – da cui

dipenderà la cinetica di diffusione delle catene nelle intergallerie- è il primo: la facilità

con cui il polimero potrà entrare nelle intergallerie dipenderà da quanto sono

compatibili, da quanto è lunga la catena, da qual è la viscosità del polimero.

Quanto maggiore sarà l’affinità chimica tra il polimero e il modificante organico che

abbiamo usato per modificare le caratteristiche della particella, tanto più facile sarà la

diffusione del polimero negli interstrati: tanto più la catena sarà corta, maggiore sarà

la facilità con cui la stessa potrà entrare nelle gallerie. La capacità di dispersione

dipenderà anche dal rapporto di forma della particella e quindi da quanto è

l’estensione superficiale della nanocarica rispetto al suo spessore.

La possibilità di disperdere su nanoscala il tattoide sarà legato alle condizioni di melt

compounding: infatti l’altro aspetto sono gli sforzi di taglio che generiamo

sull’estrusore per produrre la frammentazione del tattoide in entità più piccole.

Gioca un ruolo fondamentale in questo il regime di miscelazione che l’estrusore è in

grado di generare perché in funzione del profilo della vite, del numero di viti, del verso

di rotazione relativo avremo diversi tipi di flusso, intensità di flusso e quindi diverse

capacità di trasferire sforzi dal polimero al tattoide. Su questo gioca anche la viscosità

del materiale: un polimero molto viscoso riesce a trasferire efficacemente gli sforzi alla

particella, ma se molto viscoso troverà maggiori difficoltà nell’entrare nell’interlayer.

Hanno effetti anche i tempi di residenza: maggiori saranno gli stessi, maggiore sarà il

tempo di cui dispone il polimero per entrare nelle intergallerie.

Maggiore è la temperatura, più elevata sarà la mobilità del polimero.

La temperatura però non la si può aumentare a piacere: vi sono infatti problemi di

stabilità legati ai modificanti organici, poi vi sono dei problemi di stabilità legati alle

matrici polimeriche e infine se noi aumentassimo molto la temperatura, riducendo la

viscosità, facilitiamo sicuramente la diffusione del polimero nelle intergallerie, ma

contemporaneamente rendiamo meno efficace il trasferimento degli sforzi e quindi

riduciamo l’efficacia del processo di miscelazione.

Tutti questi parametri devono essere ottimizzati e bilanciati per far sì che a fine

estrusione abbiamo ottenuto una buona dispersione e distribuzione delle

nanoparticelle nella matrice così da assicurare un beneficio sulle proprietà finali del

manufatto che, ricordiamo, risulteranno esaltate solo se la distribuzione e la

dispersione sarà effettivamente su nanoscala (struttura esfoliata).

Compariamo due matrici polimeriche termoplastiche con diversi gradi di affinità con il

silicato: matrici a base amminica e matrici a base poliolefinica. Queste matrici

addizionate a silicati con diversa natura chimica esibiranno delle morfologie differenti

in relazione alle condizioni di processo utilizzate.

Valuteremo gli effetti dello stress meccanico generato in estrusore durante il melt

compounding e quali sono gli effetti tra polimero e silicato, ai fini dell’ottenimento di

una determinata geometria del prodotto nanocomposito.

Le matrici polimeriche più idrofile, che contengono all’interno della catena principale

dei gruppi polari come le poliammidi, hanno intrinsecamente una maggiore affinità

con i silicati organici perché sono in grado di instaurare delle interazioni elettrostatiche

attrattive con i gruppi polari che sono presenti sulla superficie delle nanoparticelle.

Le matrici a base poliolefinica con natura idrofoba hanno un’interazione con il silicato

pressoché assente, riescono ad interagire esclusivamente con la parte organica

impiegata per la modifica superficiale delle nanoparticelle e in generale per ottenere

buone dispersioni nelle matrici poliolefiniche con i silicati è necessario fare uso di

agenti compatibilizzanti, in grado di assicurare una migliore interazione tra polimero e

silicati.

Riassumendo: in generale la possibilità che una nanoparticella ha di essere dispersa su

nanoscala dipende fortemente dalla capacità di interazione tra polimero e silicato. Le

matrici polari possono interagire sia con le nanoparticelle che con i modificanti

organici; quelle apolari, invece, fanno più fatica a determinare una delaminazione del

silicato in estrusione perché non hanno possibilità di interagire con la parte esposta

del clay, ma sono in grado solo di instaurare interazioni con le code alchiliche dei

modificanti organici usati per la modifica superficiale dei clay.

In estrusione, se vogliamo riuscire ad ottenere un nanocomposito a partire da matrici

poliolefiniche, è sempre necessario aggiungere dei compatibilizzanti che hanno la

funzione di mediare le interazioni tra le poliolefine che sono completamente idrofobe e

i nanoclay che sono invece parzialmente polari.

Per l’ottenimento di un buon grado di dispersione del clay all’interno della matrice

polimerica è fondamentale la scelta del modificante adoperato per la modifica

superficiale del silicato.

Abbiamo precedentemente visto che esistono diversi tipi di modificanti organici, molti

di essi sono a base di alchilammonio. È necessario che per migliorare l’affinità tra le

parti il modificante organico possieda dei gruppi polari.

Un modificante organico molto utilizzato da un punto di vista commerciale è la cloisite

30B, ossia una montmorillonite modificata con il sale di alchilammonio in cui ad un

atomo di azoto sono attaccati due gruppi che hanno un OH terminale e una lunga

catena alchilica:

(immagine)

Questo modificante è in grado di produrre un aumento della distanza interlamellare

relativamente piccolo, ma è in grado di migliorare l’affinità del clay con matrici polari

ed è quindi particolarmente adatta per matrici come le poliammidi.

Se invece io voglio disperdere il nanoclay all’interno di una matrice che ha scarsa

affinità con il silicato perché ha una natura idrofoba, utilizzerò un modificante organico

con due lunghe catene alchiliche e non contiene gruppi polari. Questo tipo di

modificante organico, cloisite 15A, produrrà un incremento della distanza

interlamellare maggiore perché le catene alchiliche sono due e sono più lunghe e

soprattutto migliorerà la capacità di interazione con matrici idrofobiche sia perché la

natura delle catene alchiliche del clay è idrofobica e quindi avendo uguale natura,

tendono ad interagire meglio, ma migliora l’affinità perché essendovi due catene

alchiliche, per ragioni di tipo entropico, si genereranno maggiori possibil

Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
9 pagine
SSD Scienze chimiche CHIM/04 Chimica industriale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher SilviaCai di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Nanocompositi polimerici e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Salerno o del prof Scarfato Paola.