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Estratto del documento

Perciò, il secondo passaggio della I rotazione consonantica consiste nella

perdita della sonorità delle occlusive sonore e nella loro trasformazione nelle

sorde corrispondenti, quelle sorde che la lingua aveva perduto nel primo

passaggio (le occlusive sorde si trasformano in fricative). Pertanto, non

essendoci più le occlusive sorde, le sonore non avevano più bisogno della

sonorità per distinguersi da esse perché tanto erano sparite quasi

completamente (tranne alcuni gruppi particolari), non c’era più bisogno di

far vibrare le corde vocali e nel momento in cui il parlante smette di farlo

(risparmiando energia) i fonemi sonori diventano sordi. Nel terzo

passaggio, nel

momento in cui le

occlusive sonore

dell’indoeuropeo,

che sono occlusive

sonore semplici, si

sono trasformate

in occlusive sorde,

le occlusive sonore aspirate non hanno più bisogno dell’aspirazione per

distinguersi dalle sonore semplici, possono semplicemente perderla,

risparmiando sforzo articolatorio. Perciò avviene la trasformazione che si

presenta nella slide. In realtà questo esito in sonore semplici si conserva

solo in posizione forte, come quella ad inizio di parola, perché in posizione

debole esse tendono a diventare fricative invece che rimanere occlusive.

Lezione 6 moodle

A inizio di parola, ma anche quando la consonante si trova la consonante si

trova in posizione post-nasale, quindi a inizio di sillaba, in una posizione più

rilevata del caso in cui ci fosse una vocale.

Il terzo passaggio, dicevamo, prevede la perdita dell’aspirazione perché tanto

non c’è più la necessità di mantenere un’opposizione con le occlusive sonore

(che sono sparite). Si verifica, anche in questo caso, una sorta di rotazione

(laut-verschiebung) che spiega perché se /p/ si trasforma in /f/, allora /b/ si

trasforma in /p/, perciò /b / si trasforma in /d/: p > f b > p b > b: è una

h h

 

sorta di tornare indietro uno con l’altro, ogni fonema rimpiazza quello

precedente. In realtà, il terzo passaggio

della rotazione è un po’ più

complesso, questo perché

troviamo esiti diversi in

posizione debole, esiti

fricativi (/β/, /ð/, /ɣ/, /ɣ /) e lo

w

vediamo nelle parole degli

esempi che poi in inglese

hanno avuto esiti diversi, in

alcuni contesti, per esempio,

la /ɣ / si è modificata. Per

w

quanto riguarda la parola

*tung

w

, essendoci la nasale

davanti non è un esempio molto adeguato, però sono fonemi veramente rari

che si trovano pochissimo, infatti l’esito di /g / in /g / è un esito forte, quindi a

hw w

differenza degli altri tre sappiamo che l’esito in fricativa è avvenuto

teoricamente, ma le poche parole in cui possiamo ricostruirlo sono

*dng hw

complicatissime. (Aggiungere pallino sotto la n dell’esempio -perché se

un

è diventata era una sonante). Quindi troviamo queste forme particolari,

soprattutto la /g / (sappiamo che le due appendici non possono essere

hw

pronunciate insieme, o prima una o prima l’altra, di certo un fonema con due

appendici tendeva ad essere estremamente difficile da pronunciare).

La legge di Verner è una

sorta di appendice della

legge della I rotazione

consonantica, chiamata

anche I legge di Grimm

(nome del suo primo

scopritore), LV I o anche

I rotazione germanica

(l’altra è quella alto-

tedesca).

La I rotazione consonantica non è assoluta: non sempre troviamo un esito di

fricativa sorda dove ci aspetteremmo, ma di fricativa sonora. Perché? In realtà

una consonante fricativa sorda, tanto l’unica fricativa sorda dell’indoeuropeo

/s/, quanto le fricative sorde del protogermanico /ɸ/, /θ/ e /x/ esito di legge di

Grimm regolare, possono trovarsi come sonore quando si trovino in

determinate condizioni che ne incoraggino la sonorizzazione:

All’interno di parola, non all’inizio;

 In un contesto sonoro (preceduta e seguita da vocali, semivocali o

 sonanti /l/, /m/, /n/, /r/);

Non precedute da sillaba accentata, questo perché l’accento

 dell’indoeuropeo originariamente non è fisso su una sillaba ma si può

trovare su sillabe diverse anche, per esempio, nel corso della flessione, in

italiano non abbiamo questa caratteristica per i sostantivi o aggettivi, ma

la troviamo nei verbi (l’accento si trova sulla radice o sulla desinenza in

base alla forma flessa che noi abbiamo).

Così otteniamo il seguente risultato: s > z; ɸ > β; θ > ð; x > ɣ.

Questa legge di Verner è stata scoperta posteriormente alla legge di Grimm

e l’ha completata. Vediamo qui degli

esempi come il

termine

indoeuropeo

*’b ra:te:r,

h che

aveva l’accento

sulla prima sillaba e

quindi ha uno

sviluppo

perfettamente

regolare in

germanico: la

consonante occlusiva sonora aspirata perde l’aspirazione diventando così una

a lunga o lunga;

sonora semplice; la vocale si trasforma in la consonante

t

alveolare sorda si trasforma nella fricativa non esattamente corrispondente,

e

ma che viene considerata corrispondente (la fricativa interdentale; la in un

primo momento rimane, poi vedremo che queste vocali atone cominceranno a

r r

ridursi nelle lingue germaniche con una grande forza; e la finale come la

*’bro:θe:r

precedente rimane uguale. Il risultato germ. è esattamente

frater fratello,

corrispondente a del latino da cui è derivato che è il diminutivo

frate

di (l’esito esatto del latino) che ha preso un significato religioso e non

fratello.

indica più *’b ra:te:r

h

Quindi la parola ha avuto uno sviluppo perfettamente regolare sulla

base delle leggi precedentemente osservate e applicate in maniera standard,

le altre parole riportate negli esempi sono, invece, influenzate dalla legge di

Verner e quindi, abbiamo prima un passaggio che riguarda soltanto la legge di

aw’s-on, s

Grimm (che vediamo in tutte le parole tranne perché la è già

fricativa quindi non c’è un passaggio per legge di Grimm), tuttavia l’accento di

queste parole non è sulla prima sillaba della parola, non è sulla sillaba che per

la maggior parte di queste parole sarebbe considerata radicale per

l’indoeuropeo. Dopo la I rotazione consonantica, vedremo che la fricativa sorda

provocata da questa legge, come anche la fricativa sorda indoeuropea già

presente nell’ultimo esempio, tendono a sonorizzarsi perché si trovano in una

situazione in cui ciò può avvenire in quanto, naturalmente, l’accento non si

trova sulla sillaba precedente e quindi non blocca il processo; successivamente

l’accento dell’indoeuropeo, una volta verificatasi l’evoluzione, si fissa sulla

fa’ðe:r *‘fa:ðe:r

sillaba radicale, ed è così che la parola diventa in germanico

comune.

Questo processo assimilativo della legge di Verner si può verificare soltanto nel

secondo dei due lessemi, ma non nel primo. E così vediamo come alcune

parole dell’indoeuropeo diventino germaniche di cui, a volte qualcosa già

*’mo: ðe:r madre

intuiamo, come che è molto vicino all’italiano al contrario di

‘seβun sette septem

rispetto a dell’italiano, ma rispetto del latino ci mostra

m

delle vicinanze: ricordiamo che la dell’indoeuropeo tende a presentarsi sotto

n

la forma in germanico, per questo in molte parole in cui ci aspetteremmo la

m n, ‘seβun, m

troviamo la proprio come in che in latino si presenta con la

(septem). wej’k-om se’k -on-os

w

Quando ci sono delle desinenze come in o l’evoluzione è

ancora maggiore, perché le desinenze tendono a mutare, non solo in base alla

a o,

legge del passaggio da ad ma inoltre si indeboliscono e

quest’indebolimento avviene proprio a causa del cambiamento dell’accento.

L’accento indeuropeo

non solo è libero, quindi

può cadere su segni

diversi della parola e a

volte anche all’interno

della flessione della

stessa parola, quindi

l’accento potrebbe

cambiare, ad esempio,

tra nominativo e

vocativo di una stesso

termine e questo fenomeno si rispecchia nel greco classico, che conserva molte

particolarità dell’accento indoeuropeo, mentre invece il latino da una parte e il

germanico dall’altra hanno banalizzato fissando l’accento: nel caso del latino

sulla penultima/terzultima sillaba (l’esempio per eccellenza tra le lingue

europee è il francese); nel caso del germanico, che ha normalmente un corpo

della parola più breve, sulla prima sillaba radicale (tendenza molto evidente in

inglese).

Un cambiamento ancora più importante, difficile da notare nello scritto, è il

cambiamento del tipo di accento: l’accento indoeuropeo, in base alla

ricostruzione che noi possiamo dare, era un accento che sembra essere stato

tonale più che d’intensità, ovvero un accento che non dà più forza alla sillaba

accentata rispetto alle altre, ma semplicemente dà una coloritura diversa alla

sillaba accentata, un tipo di lettura che per noi oggi è estremamente faticoso

(sentire differenza di accento min. 24:30) in quanto l’accento espiatorio delle

nostre lingue evidenzia la sillaba accentata rispetto alle altre sillabe. In realtà,

esistono dei dialetti in italiano in cui si presentano dei residui di intonazione,

riconosciamo accenti abbastanza melodiosi come il napoletano, in cui la sillaba

accentata è anche portatrice di una certa tonalità diversa rispetto alle altre

laddove invece,

l’italiano standard

presuppone una

totale prevalenza

della forza espiatoria

nella sillaba tonica

rispetto a quella

atona, anche se

l’accento dell’italiano

tende, comunque, a

rispettare anche le

sillabe atone:

l’accento dell’italiano

non mette in

evidenza la sillaba

tonica a discapito di

quelle atone, come

avviene nei dialetti

del nord-Italia, in cui il corpo della parola tende a ridursi. Invece, in inglese, la

sillaba tonica viene messa in evidenza a discapito delle sillabe atone. pitch,

Perciò, l’accento musicale dell’indoeuropeo può essere considerato un

stress

quindi un’intonazione. Invece, l’accento è un accento di intensità che

enfatizza, pone una pressi

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
14 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/15 Filologia germanica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Ale__ssia___ di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filologia germanica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Lozzi Gallo Lorenzo.