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LA CONCEZIONE FORMALE DELL’ARGOMENTAZIONE GIURIDICA
Con “concezione formale della argomentazione”si riferiamo a ciò che si ritrova nei libri di
logica formale e che ha un ruolo importante nella pratica giuridica, e questo non perché il
diritto fa parte della logica ma perché gli argomenti giuridici presentano una dimensione
formale.
E’ difficile definire cosa sia logica formale in quanto ve ne sono diversi tipi, quella
tradizionale di discendenza aristotelica, quelle deontiche ecc…E non tutti i logici vogliono
restringere la disciplina agli aspetti formali degli argomenti. Quindi la concezione formale
dell'argomentazione non si può fermare a quella della logica. La logica formale non si
occupa né dello studio delle premesse, nè dello studio delle conclusioni ma si interessa del
passaggio dalle premesse alle conclusioni, dunque delle relazioni di inferenza e che non vi
siano errori nel passaggio da premesse alla conclusione.
La logica è stata caratterizzata dallo studio di molti autori come lo studio dell'inferenza da
una prospettiva generale, formale e sistematica e questo significa che ciò che interessa la
logico sono classi di inferenze ovvero tutti gli argomenti fanno parte di un sistema logico
con la regola del modus ponens.
Per “logica formale" si intende che la logica si occupa di inferenze facendo astrazione dal
significato concreto degli enunciati e del loro contesto.
Per “logica sistematica” significa che si occupa di presentare in modo organizzato lo studio
degli aspetti generali e formali degli argomenti. Aspetto peculiare della logica è la tendenza
all'astrazione, a generalizzare in classi di oggetti non considerando gli elementi individuali
della classe, considerando la classe nel suo insieme.
Nella forma più radicale di logica formale si parla di "formalizzazione" che consiste nel
prescindere da uno specifico aspetto dell’argomento ma anche dal significato concreto delle
espressioni usate e dal significato contestuale (livello più elevato di formalizzazione).
Nella logica formalizzata si può scrivere una espressione come questa “P→Q; p\q (se p
allora q;p allora q), es: “se qualcuno eccelle (p) allora non è sposato (q)”. La seconda parte
invece: “Poichè qualcuno ad esempio Giuseppe è sposato, allora q non è sposato” (numero
infinito di argomenti che obbediscono a questa formula).
Ma vi sono anche limiti alla logica formale e i limiti dipendono dal fatto che i linguaggi
formalizzati della logica non riescono a riflettere tutta la ricchezza dei linguaggi naturali, sia
nell’argomentazione giuridica che quella che usiamo ogni giorno. Ad es. se guardiamo la
congiunzione “e” che in Italiano ha un significato di successione temporale e di connessione
che non è colta dall’ analogo simbolo in logica “^”, perchè se in logica scriviamo “P^Q”
oppure “Q^P” il significato è lo stesso, e se in Italiano usiamo due frasi come “Si sposarono
ed ebbero un figlio” o "ebbero un figlio e si sposarono” il significato è diverso in quanto c’è
una diversa successione temporale.
Abbiamo già visto come la logica deduttiva standard sia alla base dell’argomentazione,
abbiamo già visto il significato di “dedurre”, la teoria dell’inferenza in logica viene
considerata come il passaggio da alcuni enunciati ad altri (es. di inferenza: “tutti i ladri
devono essere puniti, Giovanni è un ladro quindi deve essere punito”).
Per caratterizzare la logica deduttiva sono state individuate alcune caratteristiche, e la sua
definizione è la seguente: una relazione è logico deduttiva se e solo se è riflessiva,
monotona e accetta il principio di transitività.
1. la proprietà della riflessività (o inclusione) presuppone che ogni enunciato di un
insieme sia tra le conseguenze di questo insieme; cioè, ciò che è nelle premesse
deve esservi anche nella conclusione.
2. la monotonia presuppone che se un enunciato è conseguenza di un insieme di
premesse continuerà ad esserlo anche se si aggiungono nuove premesse.
3. La transitività indica che le conseguenze di un insieme di enunciati sono le
conseguenze dell'insieme di partenza.
Quindi per quanto sia complessa una catena deduttiva, le conclusioni si deducono solo dalle
premesse. E ciò porta ad affermare che: la logica deduttiva standard non produce una
nuova conoscenza materiale, ma si mantiene la conoscenza contenuta nelle premesse.
Questo è un modo di ragionare molto rigido e va contro il diritto, in quanto il diritto può non
essere monotono. Nel caso Riggs v. Palmer, in questo caso ciò che viola la monotonia è
che, rispetto alle premesse di base in cui vi è un valido testamento e la capacità di intendere
e di volere del testatore, in questo caso si aggiunge una nuova premessa, ovvero che al
compimento dell’atto illecito di Palmer e quindi la nuova premessa non consente di
mantenere la monotonia, il risultato cambia.
La nozione di “inferenza” nella logica deduttiva presuppone che la verità della premessa si
trasmetta alla conclusione (ed è questo il modo in cui ragioniamo deduttivamente) e molto
spesso noi ragioniamo a partire da una serie di indizi (ad es. vi sono macchie di sangue sul
vestito di A, la testimonianza di B che A ha minacciato di morte C e la morte di C si è
effettivamente verificata, ma a partire dagli indizi otteniamo una conclusione che è solo
probabile in quanto la conclusione non dipende dalla forma della argomentazione ma da
fattori contestuali e materiali.
Rispetto all'induzione che è quanto stiamo vedendo ora, ovvero l’introduzione degli indizi,
nell’induzione si parla di regole formali in riferimento a criteri generali che si devono però
applicare in relazione ad un dato contesto e nell’induzione sono fondamentali anche fattori
come: rilevanza, peso, buon giudizio ed altri, ciò significa che i criteri più importanti per
valutare l’induzione non sono formali.
Anche il calcolo statistico o probabilistico ha una forma induttiva e molto spesso ed è
importante nel sistema giuridico e il suo ruolo è però di stabilire le premesse e non le
conclusioni, poiché queste ultime dipendono da dati non generali ma particolari (ad es. il
medico che vuole sapere se un paziente ha una certa possibilità di sviluppare un tumore ai
polmoni se fumatore, può avvalersi sicuramente delle informazioni statistiche che gli
provengono dalla medicina, ma deve soprattutto preoccuparsi di studiare quel paziente e il
suo stile di vita).
Dopo deduzione e induzione il terzo tipo di ragionamento è quello ABDUTTIVO (o
retroduttivo) e l’idea è di passare dagli effetti di un evento a scoprire le cause dell’evento
stesso, un es. è come gli antichi che pensavano al carro alato di Apollo per spiegare il tuono,
quindi avevano gli effetti (ovvero il tuono) e dovevano cercare di stabilire le cause. E quasi
tutto il lavoro che fa un medico per esaminare un paziente è quello di trovare i sintomi di una
malattia da cui si deve risalire al tipo di malattia del paziente, e questo vale soprattutto nel
contesto della scoperta in cui il ragionamento abduttivo ha particolare rilievo: si parte da
un’ipotesi che può essere confermata da fatti successivi o modificata o scartata.
Uno dei problemi è sicuramente quello della FORMA DEGLI ARGOMENTI GIURIDICI che
si adoperano durante il ragionamento giuridico: abbiamo il sillogismo tradizionale o il modus
barbara, oppure vi sono argomenti giuridici speciali come gli argomenti per analogia,
argomenti a contrario, ad absurdum di cui vedremo alcuni esempi a breve. Però classificare
solo il modo logico-deduttivo di argomenti è riduttivo in quanto non si considerano altri
aspetti del ragionamento giuridico e una classificazione più completa dovrebbe comprendere
non solo gli argomenti deduttivi, logici, ma anche argomenti retorici e una distinzione tra
argomenti normativi e argomenti non-normativi (induzione, abduzione, calcolo statistico
ecc…).
Una classificazione degli argomenti è stata operata da uno studioso italiano Giovanni
Tarello, il quale distingue 15 argomenti interpretativi tipicamente giuridici, da quello “a
contrario” a quello teleologico, a quello fondato sulla natura delle cose, all’argomento di
equità ed altri.
I primi hanno maggiore forza persuasiva che dipende dalle circostanze soprattutto ma ciò
che interessa più a Tarello è il contesto d’uso, che è quello attraverso cui possiamo
comprendere che l’argomento a contrario ha forza persuasiva in quelle culture in cui si
attribuisce maggiore valore alla lettera del documento (se adoperiamo l’argomento a
contrario, cioè affermiamo che quella legge non ha detto quella tal cosa, ciò ha particolare
importanza in quanto quella struttura giuridica attribuisce grande importanza alla lettera della
legge).
Che cosa ci dimostra il rilievo del contesto d’uso in Tarello? Dimostra che la prospettiva del
ragionamento giuridico di Tarello è soprattutto materiale e pragmatica.
E, in conclusione, sul problema dell’analisi logica degli argomenti stiamo vedendo che la
giustificazione va ben oltre una giustificazione solo formale: se la giustificazione di tipo
deduttivo è sufficiente nei casi facili come sosteneva Mac Cormick ciò che è anche vero è
che in un caso più ampio il ragionamento o l’argomentazione giuridica è un caso particolare
dell’argomentazione pratica generale in cui non vivono regole soltanto logiche. Quindi
possiamo accettare l’idea che la logica sia importante ma che non sia alla base, e accettare
questa realtà non vuol dire essere scettici sul valore della ragione in quanto non è, come
diceva Pearlman, che dove finisce la logica deduttiva inizia l’arbitrarietà, ma possiamo dire
che nel ragionamento giuridico può mancare qualche elemento in una catena deduttiva ma
senza però pregiudicare la conclusione poichè la metafora di cui dobbiamo tener presente
non è quella della logica come una catena la cui forza dipende dalla forza dell’anello più
debole, ma è la metafora della trama del tessuto, in cui la forza degli argomenti porta alla
veridicità della conclusione; ciò che la logica può aiutarci a realizzare è la chiarezza
dell’argomentazione, fornendo aiuti importanti per l’argomentazione, individuando il
problema a cui dobbiamo rispondere e fornendo criteri per il controllo degli argomenti.