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Il prodotto risente di queste ripercussioni? In alcuni casi, non vi sono grandi differenze
nel prodotto finito, in altri casi l’olio essenziale potrebbe essere compromesso (ad
esempio, per l’olio essenziale di rose rosse, il componente maggiormente responsabile
dell’odore è l’alcol benzilico (20-30% composto finale), solubile in acqua).
Abbiamo poi il caso dell’estrazione con solvente. Abbiamo una situazione simile a
quella precedente: viene adoperato l’esano per la macerazione e si ottiene il prodotto
con scarti (cere o waxes).
Si può pensare di adoperare uno schema con CO2 supercritica (SFE)? Abbiamo un
estrattore a letto fisso in cui è caricato il materiale macinato finemente. È opportuno
evitare che di disporre di un materiale troppo impaccato e troppo fine perché esso non
sarebbe permeato in maniera opportuna dal solvente e quindi una parte del materiale
non viene estratta (channeling).
Viene pompata CO2 liquida in partenza (perché viene così stoccata nei serbatoi
esterni), essa viene pompata per farne aumentare la pressione (sempre in fase
liquida). Essa va in uno scambiatore di calore che la riscalda e la porta al di sopra della
temperatura critica.
Il fluido supercritico viene convogliato dal basso del letto e si fa in modo che sia
alimentata uniformemente.
A questo punto la corrente uscente viene sottoposta ad una valvola che riduce la
pressione; la corrente viene poi separata in CO2 gassosa e liquido estratto.
Questo processo ha però un problema: il prodotto finale è in forma solida o semisolida.
Ricordiamo che se conduciamo l’operazione a più alti valori di pressione, aumenta la
resa apparente del materiale, perché estraggo anche gli scarti.
Lavorando a 200 bar, la CO2 diverrebbe più densa ed estrarrebbe molto di più e
questo si può osservare anche dalla colorazione dell’olio essenziale (un olio essenziale
puro dovrebbe risultare limpido, se presenta colorazioni significa che l’estraente ha
prelevato anche composti a 40 atomi di carbonio, i carotenoidi, responsabili della
colorazione).
Possiamo affermare che aumentando la densità, si perde la selettività ma anche
provando a regolare la pressione, l’estrazione continua ad avere un prodotto
solido/semisolido.
Il problema del sistema risiede nella cinetica. Innanzitutto, bisogna comprendere dove
sono situati i composti che vogliamo estrarre. La foglia ha una struttura di questo tipo:
Essa presenta una parte superiore rigida, la cuticola. Sotto la cuticola vi è il
parenchima a palizzata che interviene a dare una consistenza alla foglia. Al di sotto è
posto il parenchima lacunoso e l’epidermide inferiore. In esso sono presenti gli stomi
che regolano la traspirazione della foglia: quando la foglia ha poca acqua, si chiudono,
quando la foglia ha troppa acqua si aprono e consentono la pervaporazione o
l’evaporazione dell’acqua in eccesso.
I composti che vogliamo estrarre sono situati nel tessuto a palizzata, in particolar
modo situate all’interno dei vacuoli (organulo cellulare).
Il fluido supercritico dovrà quindi diffondere entro i seguenti strati: cuticola, tessuto a
palizzata, cellula e vacuoli e poi percorso inverso.
Da una parte l’olio essenziale è molto solubile nel fluido supercritico a densità
opportune, dall’altro lato i fenomeni di trasporto di materia sono molto lenti (questo è
un altro motivo per sottoporre a macinazione le foglie: la struttura che deve affrontare
il solvente è meno compatta di quella di partenza). Gli stadi controllanti sono dunque i
processi diffusivi.
Da sopra alla cuticola, si può dire che le foglie presentino un’altra struttura che
garantisce la traspirazione e il blocco della stessa, esse sono chiamate cere (waxes)
cuticolari (responsabili della lucidità della pagina superiore delle foglie; questo vale
anche per i fiori).
Le cere cuticolari si riscontrano all’interno del prodotto di questo processo così
formulato, responsabili della consistenza solida del prodotto. Il prodotto è formato da
due categorie di sostanze: le cere e i componenti dell’olio essenziale.
Possiamo osservare che l’olio essenziale sia molto solubile ma situato all’interno della
foglia, mentre le cere sono poco solubili e situate in superficie, ma durante il processo,
essendo le seconde associate a resistenze di fenomeni diffusivi nulli, sono estratte
anche esse e si arriva alla concentrazione di equilibrio per le cere.
Per quanto riguarda l’olio essenziale, essendo le resistenze non trascurabili, la
concentrazione di equilibrio non viene raggiunta.
Ipotizziamo ora di condurre il processo in questo modo: abbiamo un estrattore che
lavora con CO2 supercritica che lavora a 90 bar e 40°C. La CO2 è a bassa densità.
Come prodotti otteniamo gli oli essenziali, lontani dalle condizioni di saturazione e le
cere, alle condizioni di saturazione.
Quali sono le cere presenti nella corrente prodotta? Sono catene a 23, 25, 27, 29 e 31
atomi di carbonio e sono tutti idrocarburi alifatici a catena lineare. Esse poi hanno un
andamento inverso con la temperatura: la solubilità delle waxes nei sistemi solventi
(non solo con la SC-CO2) crolla con la temperatura.
Se a questo punto, realizziamo un salto di temperatura, nel primo separatore abbiamo
una separazione delle cere che precipitano sul fondo e l’olio che è destinato ad un
secondo stadio.
Nelle condizioni del primo separatore la CO2 è liquida, non fluido supercritico, ma l’olio
essenziale è sempre miscibile nella CO2, mentre le cere no.
Riscaldando di nuovo e in presenza di una valvola di riduzione, la corrente arriva al
secondo separatore e l’olio va verso il basso mentre la CO2 ritorna in superficie.
Questo schema è noto come schema di estrazione e separazione frazionata.
Questo è come si presenta un estratto di rosmarino (estratto totale ad alta pressione)
ad un gas cromatografo:
Funzionamento gas cromatografo: è mandato un campione all’interno di un gas
cromatografo; questo presenta una colonna di separazione costituita da molti di piatti
di distillazione e tende ad adsorbire e desorbire i materiali. I materiali più leggeri o
meno adsorbiti fuoriescono per primi (lo spettro è sulla scala del tempo) e poi escono i
composti più pesanti e polari.
Si può dire, in questo caso, che escono nell’ordine: terpeni, sesquiterpeni, diterpeni,
cere e altri composti (beta-caroteni ad esempio).
Consideriamo il caso dell’olio essenziale basilico sottoposto a distillazione frazionata e
analizzato al gas cromatografo:
I composti maggiormente presenti sono quelli riportati e il suffisso -olo (-ol in inglese)
va ad identificare i terpeni ossigenati (responsabile dell’odore).
(L’olio essenziale non ha colorazione ma ha l’odore caratteristico).
Le cere presenti sono C27, C29, C31, in generale sono paraffine lineari e con numero
di carboni dispari (caratteristiche di waxes da foglia).
Nei processi di trasformazione del petrolio ritroviamo waxes a numero di atomi di
carbonio pari; le paraffine a numero di carbonio dispari hanno un’alta affinità con la
pelle ovvero se prendiamo una cera da foglia e la spalmiamo sul dorso della mano
essa si assorbirà rapidamente (si incorporano nello strato lipidico della pelle).
Un altro esempio (olio essenziale di salvia):
Complessivamente nell’ottenere un olio essenziale bisogna: studiare la materia prima,
studiare la termodinamica e studiare la cinetica. Tra gli oli essenziali preferiamo quelli
impiegati nell’ambito profumiero.
È possibile realizzare questo processo estrattivo come processo a loop chiuso:
l’anidride carbonica non viene scartata dopo aver ricavato l’olio essenziale, viene
mandata pressurizzata in uno scambiatore di calore a condensatore e la si riliquefa per
raffreddamento. Questa viene poi mandata ad un serbatoio per lo stoccaggio e la si
riutilizza.
Nell’impianto “Lavazza” la CO2 è utilizzata a loop chiuso e periodicamente liberata con
l’apertura degli estrattori.
Il separatore ciclonico può essere inserito nel processo per migliorare la separazione:
Per allontanare i corpi estranei, si introduce il materiale dall’alto del ciclone e il
materiale purificato viene raccolto dal basso.
Impianto estrazione (prof. Reverchon):
Una ditta francese ha consentito la realizzazione del software per il controllo
dell’impianto. Sono presenti in questo sistema quattro estrattori che lavorano in
parallelo e una batteria di cinque separatori a doppio stadio (decompressione parziale
e scarico). La CO2 lavora a loop chiuso e ritorna nello scambiatore e ricondensa.
Gli estrattori hanno una testata d’apertura elettrica (non richiede operatori).
Questo impianto richiede un operatore alla console e un operatore al carro ponte che
ricarica gli estrattori.
L’apertura degli estrattori è fatta con un eccentrico che fa una rotazione di 90° e si
apre e si chiude elettricamente. È un impianto non molto esteso: 1200 litri (300 litri ad
estrattore per 4). L’impianto Lavazza è più esteso (estrattori più di 10 m^3). Gli
estrattori sono alti circa 3 m.