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Produzione di acetato di cellulosa:
Un’altra applicazione per la SAE è seguente:
Il processo per la produzione dell’acetato di cellulosa parte dalla cellulosa, ricavata da
scarti di altre lavorazioni (ad esempio gli scarti nella lavorazione del cotone, fibre
molto corte, non utilizzate per fare i filati; ad oggi si utilizzano anche altri tipi scarti).
Questi scarti sono messi a contatto con uno starter di polimerizzazione (acido
fosforico) ed acido acetico e si aggiunge dell’acqua. Il reattore è perfettamente
miscelato.
Si ha una reazione e si passa da cellulosa ad acetato di cellulosa. Si procede, in quanto
processo di polimerizzazione, alla formazione di diacetato e triacetato.
È richiesto di fermarsi ad un rapporto 2.4 o 2.5.
Il reattore tende a portare a termine la polimerizzazione, arrivando a triacetato; per
ottenere il 2.5 acetato dovrei fermare la reazione.
Dal reattore viene scaricato dope acetico, formato da prodotti, starter di
polimerizzazione e molta acqua (che viene usata per bloccare la reazione; infatti
l’acido acetico è solubile in acqua e una volta solubilizzato, la velocità di reazione
scende, in quanto la concentrazione di questo reagente scende).
La batteria successiva al reattore utilizza acqua: abbiamo delle colonne di lavaggio
che separano il dope dall’acido acetico. Allo scarico troviamo acqua con poco acido
acetico.
Vogliamo ottenere infatti il prodotto senza acido acetico che a lungo andare deteriora
il prodotto.
Il dope viene mandato in colonne di essiccamento, ottenendo acetato di cellulosa
secco. Dove finirà l’acqua utilizzata nel processo? Essa sarà mandata in torri di
distillazione per separarla dall’acido acetico.
Le unità principali sono il reattore, le unità di lavaggio e le torri di distillazione.
Perché devo allontanare l’acqua dall’acido acetico? Disponiamo di ingenti quantitativi
di acqua che non possono essere scaricati tal quali nei corpi ricettori a meno di non
incorrere nel fenomeno indesiderato dell’eutrofizzazione.
Come migliorare il processo? Posso pensare di cambiare il reattore che prevede questa
aggiunta improvvisa di acqua per bloccare la reazione (nella pratica si valuta la
viscosità, quando questa è molto alta si dice che la reazione di polimerizzazione sia
andata troppo oltre), ma anche le colonne di lavaggio dovrebbero essere modificate.
Nelle stesse avviene il lavaggio di un materiale semisolido per allontanare l’acido
acetico e i trasporti di materia sono molto lenti tra un materiale solido e uno liquido
(questo è più evidente tanto più il solido è compatto).
Anche la colonna di distillazione dovrebbe essere cambiata: si hanno grandi quantità
di acqua che evaporano e condensano e sappiamo che l’acqua ha un elevato calore
specifico. Inoltre, a fronte di una bassa percentuale di acido acetico, ho avuto un
consumo energetico molto alto.
L’acqua non può essere scaricata anche con poco acido acetico, la percentuale di
acido acetico in acqua è molto stringente.
Possiamo pensare di applicare i seguenti cambiamenti: utilizzo un reattore con SC-CO2
la quale è perfettamente miscibile con acido acetico; possiamo pensare di modulare le
condizioni operative in modo da mandare una piccola parte di acido acetico alla
reazione.
Si può pensare anche di lavorare con un set up “a dente di sega”, non lavorando cioè
a pressione fissa ma modificandola man mano a seconda delle esigenze della
reazione. In questo modo possiamo lavorare con poca acqua e con una reazione molto
veloce. Il reattore è molto modulabile: rilascia la quantità di acido acetico giusta per
far procedere la reazione. Con questa configurazione avremmo in più solo l’unità di
essiccamento.
Avrò delle limitazioni: avrò costi di compressione più alti e si richiede un reattore più
doppio.
È comunque difficile imporre un modello completamente nuovo per una produzione
così consolidata: dobbiamo cercare una soluzione di compromesso che sia più
accettabile per il committente.
Si può pensare di intervenire con la SC-CO2 dopo, nelle colonne di lavaggio: si
aggiunge al posto dell’acqua, la SC-CO2 ottenendo il dope e allontanando l’acido
acetico. Questo processo è sempre una SAE.
Abbiamo anche un ulteriore difetto del processo: le torri di distillazione che sono
costosissime.
Si può sfruttare sempre la CO2 supercritica per allontanare l’acido acetico: farei una
estrazione liquido-fluido supercritico.
Posso pensare di usare anche una torre a riempimento che è un ibrido tra
un’estrazione liquido-liquido e uno strippaggio: mando l’acido acetico con acqua
dall’alto, CO2 supercritica dal basso e separo i due componenti nella fase liquida.
Il processo così formulato è buono se al fondo mi ritrovo con una bassa percentuale di
acido acetico.
Quindi vi sono tre possibili modifiche: quelle al reattore, quelle alla batteria di lavaggio
e quelle alle torri di distillazione.
Consideriamo la seconda:
Abbiamo una corrente di dope e anidride supercritica: sul fondo si accumula acetato di
cellulosa e acqua. La soluzione passa attraverso un iniettore: la soluzione è viscosa ma
comunque facilmente riducibile in piccole gocce. Segue poi l’essiccamento che
consente di separare l’acetato di cellulosa e l’acqua. L’acido acetico è allontanato
decomprimendo prima dello stadio di essiccamento. La CO2 è allontanata dall’alto
dell’essiccatore.
La terza configurazione è questa:
Viene mandata una corrente di acqua e acido acetico dall’alto, CO2 supercritica dal
basso: si separano l’acqua e l’acido acetico che viene solubilizzato da CO2
supercritica.
Questa operazione può essere vista come uno strippaggio o un’operazione di
estrazione liquido-fluido supercritico.
Alla fine, è stato scelto di modificare il processo con la seconda configurazione.
(Il draining del prodotto di fondo consente di rendere continuo il processo, che
altrimenti sarebbe stato processo discontinuo: quando il precipitatore è riempito per
un terzo, si apre una valvola che ci permette di prelevare il materiale e poi si richiude.
Il tutto è temporizzato, in maniera tale che si prelevi il prodotto sul fondo, ma non si
svuoti anche il resto del sistema).
Il reattore è rimasto tal quale. Possiamo anche affermare che vi sia una quarta
alternativa al processo: dopo il reattore si può aggiungere un’unità di saponificazione.
Avendo difficoltà a fermare il reattore, perché molto grande e perché coinvolge una
reazione tra una parte solida ed una liquida (quindi ci sta un’inerzia al trasporto di
materia e termica).
Possiamo dire che il reattore è comunque controllabile fin quando arriviamo al trimero.
Posso pensare di arrivare al trimero e accoppiare uno stadio di saponificazione che
interviene nel fare “un’inversione” depolimerizzandolo a 2.5.
Si aggiungerebbe un ulteriore stadio, ma questo in qualche modo aiuta nel controllo
del processo nel reattore.
Fondamenti di atomizzazione: l’obiettivo di questo processo è formare un flusso
continuo di liquido in tante gocciole piccole. Più piccole sono le gocciole, migliore sarà
stata l’atomizzazione.
Sul liquido agiscono due categorie di forze: quelle inerziali o distruttive e quelle
coesive, che tendono a tenere insieme il liquido stesso.
Le forze coesive sono ad esempio la tensione superficiale e la viscosità del liquido
stesso (dal punto di vista di chi fa l’atomizzazione sono due parametri non
modificabili), le forze di inerziali sono ad esempio la velocità con cui esce il flusso
all’interno dell’iniettore, la turbolenza aggiuntiva, forze centrifughe.
Il concetto di atomizzazione è presente anche nei motori diesel: vi sono degli iniettori
che trasformano il combustibile in goccioline. Una volta evaporate queste, ha luogo la
reazione di combustione della miscela aria-combustibile.
C’è bisogno che le goccioline evaporino completamente, quando questo non accade la
parte non evaporata non contribuisce alla combustione, viene bruciata solo in parte e
produce soot o particolato carbonioso.
Per limitare il fenomeno, si utilizzano gli swirl e gli swish: con lo swish, l’iniettore si
muove avanti e indietro con il flusso di liquido e sottopone lo stesso ad uno
schiacciamento. Il liquido quando entra nell’iniettore è sottoposto ad una forza
centrifuga e una volta uscito dall’iniettore, la forza centrifuga si trasforma in una forza
dissipativa che fa sì che le goccioline di liquido siano di dimensioni più piccole.
Ci sono tre diversi regimi di atomizzazione:
Il primo si chiama gocciolamento o dripping e le gocce che si formano sono molto
grandi; il secondo regime si chiama laminar atomization e si ha la formazione di gocce
grandi (atomizzazione non completamente sviluppata) e l’ultimo regime vede una
atomizzazione completamente sviluppata in cui le gocce sono molto più piccole anche
più piccole delle dimensioni dell’iniettore che le ha generate (fully developed
atomization).
Al secondo regime possono corrispondere gocce tra i 50 e i 100 μm e al terzo, gocce
tra i 10 e i 50 μm.
Se fossimo in grado di realizzare più piccole, i processi di atomizzazione
funzionerebbero ancora meglio.
Gocce di combustibile più piccole in un motore diesel significherebbe azzerare il
combustibile perso, migliora quindi la resa del combustibile in forma di energia e
migliora anche l’inquinamento che va a 0 (la più grande delle gocce dovrebbe
evaporare prima che inizi la detonazione).
L’atomizzazione dipende dalla portata del liquido e dal diametro dell’iniettore: più
piccolo è il diametro dell’iniettore e più grande sarà la portata, più piccole saranno le
gocce; dipende anche dalla differenza di pressione tra ingresso e uscita dell’iniettore
perché è ulteriore energia che si trasforma in energia dissipativa. Come si fa a gestire
un processo di atomizzazione?
È possibile utilizzare i parametri adimensionali quali Reynolds, Weber e Ohnesorge:
Questi ultimi presentano la tensione superficiale nella propria definizione: più è grande
è la tensione superficiale, più piccolo è il parametro adimensionale e più grandi
vengono le gocce.
Possiamo affermare che la tensione superficiale è una caratteristica intrinseca di un
liquido, presente anche in assenza di forza di gravità; le gocce in assenza di gravità
tendono ad essere sferiche, in presenza di gravità queste gocce tendon