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Ricordiamo che la curva di inviluppo degli MCP è nota come curva critica; questa
quindi all’aumentare della T si stringe e si sposta verso sinistra, sino a portarsi al caso
in cui il sistema è monofase (curva verticale).
Si può osservare meglio in questo grafico: la curva rosso scuro è la curva critica, il
punto critico lo facciamo variare tra PC1 e PC2. Possiamo osservare che la curva critica
abbia un massimo.
È stata effettuata una “classificazione degli equilibri di fase binari” in cui sono stati
riportati i diversi casi di equilibri binari possibili; per semplicità sono riportate sei
varianti:
La variante che ci interessa è il tipo 1: sono presenti le due linee di evoluzione critiche
e poi la connessione degli MCP (rispettivamente i due tratti paralleli e il tratto curvo).
Questa classificazione è in continuo aggiornamento; cosa cambia tra i vari casi? Per
esempio, possono capitare eutettici, azeotropi di minima o di massima e situazioni più
complesse. I diversi casi sono poi studiati in un grafico tridimensionale (pressione,
composizione, temperatura), guardando il piano p-T.
Nel caso 2 compare un punto noto come UCEP, under critical end point e nei casi 4 e 5
è presente anche LCEP, lower critical end point; questi due punti sono di terminazione
di una curva critica.
Il caso 6 presenta due lacune di miscibilità. Il caso 3 corrisponde all’evoluzione di un
azeotropo:
(non è richiesto all’esame di interpretare questi esempi)
Se il sistema è ternario? Abbiamo un grafico di questo tipo con una certa lacuna di
miscibilità, i punti α e β di una tie line rappresentano le composizioni per le fasi per un
certo punto M.
Le tie line cambiano pendenza con la composizione, man mano che ci si sposta verso
l’alto in questo diagramma composizione vs composizione esse degenerano in un
punto (punto critico MCP).
In questo punto la separazione non va avanti; questa è l’unica composizione che non
si splitta in niente ed è costante.
La pendenza delle tie line indica l’affinità del solvente S da separare con il solvente
estraente E e con il solvente del raffinato R.
In pratica più le curve pendono \ più la separazione è a favore di E, più sono dritte _ e
meno la separazione è a favore di E.
Se le tie line andassero in questo senso / potremmo usare questo estraente?
La separazione non riuscirebbe, sarebbe a favore di R. L’estraente è sempre scelto per
separare S, quindi nella pratica questo non si verifica.
Più sono pendenti nel verso giusto, più la facile è la separazione e come si può
osservare dalla costruzione grafica retta di lavoro \ curva di equilibrio / sarà minore il
numero di piatti o di stadi di separazione.
Questo diagramma è poi effettuato per una certa T e pressione atmosferica. Se si
volesse fare a diverse T?
Allora disporremo di un diagramma in tre dimensioni e questa che abbiamo appena
visto è una sezione.
Osserviamo che all’incrementare della temperatura, la lacuna si restringe fino ad
arrivare ad un endpoint.
Per un sistema ternario, per definirlo completamente in temperatura e pressione,
servono due diagrammi tridimensionali (difficili da realizzare).
I diagrammi che ci interesseranno nel corso sono quelli binari (diagrammi a lente con
regione supercritica e variazione di temperatura).
Estrazione da matrici solide e SAE:
l’estrazione da matrici solide è una attività industriale molto sviluppata. Alcuni
componenti rilevanti non li ritroviamo come tali in natura ma devono essere estratti da
matrici solide.
Nell’estrazione utilizzo un solvente estraente liquido che ha una spiccata affinità per il
componente desiderato.
Ad esempio, voglio estrarre l’olio di semi dai semi di soia: dispongo dei semi di soia e
dopo macinazione, li pongo a contatto con l’esano. Questo componente sarà in grado
di estrarre la parte oleosa, per la quale ha un’alta affinità.
Nei processi tradizionali l’estrazione è condotta con liquidi.
Nei processi di estrazione vi sono dei pretrattamenti per il solido: lo stesso viene
essiccato e macinato. Infatti, se non realizzo l’essiccamento, l’acqua mi funge da
ostacolo nell’operazione.
La macinazione invece consente di velocizzare il processo di estrazione.
Tipicamente nel ricavare olio di semi possiamo ovviare al passaggio di essiccamento: i
semi dispongono di un basso contenuto di acqua; essi però devono essere macinati
perché la buccia impedisce la permeazione di corpi esterni.
Segue ai pretrattamenti, l’estrazione; qui il solvente è stato scelto nella maniera più
appropriata perché abbia la massima affinità con la famiglia di composti che voglio
estrarre (solvente non polare per soluto non polare e viceversa).
A questo punto condotta l’estrazione, l’estratto ottenuto è una sostanza liquida o
semisolida formata dal liquido estraente e dalla parte estratta.
Bisogna rimuovere a questo punto il liquido estraente: esso spesso è inquinante o
tossico per l’essere umano (in alcuni casi cancerogeno).
Sempre per il caso dell’olio di semi di soia, una volta condotta l’estrazione mi posso
ritrovare con una miscela al 40% in olio e 60% in esano; questa miscela non posso
commercializzarla, devo allontanare l’esano.
Tuttavia, l’estrazione non è mai completa, ci saranno delle tracce della sostanza
estraente (tipicamente, negli oli alimentari vi possono essere circa 1000 ppm di
esano).
Immaginiamo se da una matrice vegetale avessimo estratto un composto
farmaceutico; il composto farmaceutico è richiesto puro. Possiamo pensare di
intervenire, se la miscela è liquida, con una distillazione oppure una distillazione
sottovuoto, eventualmente quando il sistema lo consente anche un’estrazione liquido-
liquido.
Quando la situazione diviene più complessa, si può pensare di utilizzare processi
evaporativi o in microonde.
Nel complesso i processi tradizionali non sono processi puliti e questo può comportare
delle problematiche, specialmente con i farmaci dove è critica la concentrazione dei
residui di solvente.
Come si interviene? Per i farmaci, i solventi sono stati classificati in tre classi
(denominate 1, 2 e 3) in base alla pericolosità: ci sta una classe dove sono contenuti i
solventi da non utilizzare perché cancerogeni, un’altra dove i solventi non sono
utilizzabili per quanto non cancerogeni e l’ultima classe di solventi di libero utilizzo,
posto che la loro quantità sia al di sotto dei 5000 ppm.
Le industrie estrattive sono sottoposte a dei regolamenti molto restrittivi: bisogna
provare che i processi dell’industria sono stati condotti in condizioni di minimo
inquinamento per l’ambiente e dell’atmosfera, nell’ottica di non compromettere la
salute degli operai e si richiede una presenza di tracce minime di estraente nel
prodotto finito.
Il materiale processato diviene anche un rifiuto speciale, sottoposto a delle regole
complesse.
L’estrazione tradizionale ha una serie di complicazioni: innanzitutto è difficile
allontanare il solvente con cui è stata condotta l’estrazione. L’inquinamento nel
processo è presente quando si è prodotto il solvente, quando lo si è utilizzato;
complessivamente si inquinano l’ambiente, l’aria, il prodotto dell’estrazione e gli
scarti.
Da questo comprendiamo che la zona deputata all’estrazione nelle industrie sia una
parte poco estesa dello stabilimento, diversamente dalla parte deputata al post-
processamento.
I solventi organici adoperati hanno inoltre una bassa selettività: questi tendono ad
estrarre anche altri composti che non servono e che complicheranno i post-
processamenti.
La cinetica del processo è inoltre molto lenta: essa si basa sui coefficienti di trasporto
nella fase solida; la diffusività di un liquido all’interno di un solido è spesso molto
bassa, perché il liquido è dotato di tutta una serie di proprietà (tra cui la tensione
superficiale e la viscosità) che ostacolano la penetrazione dello stesso in una matrice
solida anche se porosa.
Bisogna trovare un modo per ovviare ai limiti di questo processo.
Si può pensare di utilizzare come estraente un gas, ad esempio CO2 supercritica; la
scelta è buona? Sì, se ipotizzo di sostituire esano avrò che: entrambi i solventi sono
non polari; l’esano estrae perché dispone di una densità di 0.76 g/cm^3, anche la CO2
può portarsi ad elevate densità, in particolar modo densità di 0.8/
0.9 g/cm^3.
L’impianto costa di più perché lavora in sovrappressione, ma si guadagna in termine di
salute e non pericolosità, nonché la CO2 supercritica può essere più selettiva del
solvente tradizionale.
In generale la CO2 supercritica può essere adoperata per oli vegetali ed oli essenziali.
Gli oli essenziali conferiscono un certo odore alla pianta; essi in genere sono costituiti
da composti quali i terpeni (C H ), i terpeni ossigenati (C H O), i sesquiterpeni (C H )
10 X 10 y 15 X
e i sesquiterpeni ossigenati (C H O).
15 Y
(I diterpeni hanno 20 atomi di carbonio, i carotenoidi 40, i cannabinoidi 21).
La CO2 supercritica è anche sfruttabile nell’estrazione di composti con attività
farmaceutica, sempre provenienti da piante: ad esempio artemisinina e cannabinoidi
(alcuni sono adoperati come antinfiammatori o nell’ambito di malattie
neurodegenerative); poi nell’estrazione di pesticidi naturali (piretro -contro mosche e
zanzare-, azadiractina e rotenone -contro mosche della frutta e altri pesticidi delle
coltivazioni-); per l’estrazione di ingredienti alimentari nella realizzazione di tè, caffè e
birra ed infine nell’ambito nutraceutico (oleuroperina -piante ulivo-, licopene
-pomodori-, astaxantina -piante e funghi-, polifenoli -uva-).
Sono molte le industrie che si occupano di estrazione e tutte tendono ad utilizzare
solventi liquidi.
Esempio: nella decaffeinizzazione del caffè può essere sostituito al tricloroetilene la
CO2 supercritica. Il primo solvente è molto inquinante: 2 ppb inquinano
permanentemente una quantità d’acqua di un litro; è inoltre poco selettivo.
La CO2 è quindi adoperabile nelle applicazioni tradizionali in cui si utilizza esano, ma
può essere anche adoperata al posto di altri solventi o abbinata agli stessi.
Per poter approcciare un certo processo, valutiamo l’aspetto termodinamico e
l’aspetto cinetico.
In questo caso, per l’estrazione, l