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DAS.
1. arriva con la cuginetta che vorrebbe entrare in stanza con lei ma Giada non è
d’accordo (c’è un aspetto di vitalità)
2. Postura: ha un atteggiamento molto chiuso, tiene le mani in mezzo alle gambe e
sembra voler scomparire sulla sedia.
3. colora la colomba e il disegno precedente: cerca di terminare tutti i suoi lavori
prima di salutarci
4. è d'accordo sul tornare
RESTITUZIONE. Ai genitori propongo un percorso con giada. La madre torna a parlare
di questa insofferenza che lei ha nei confronti della figlia perché non la fa respirare.
Nello stesso tempo riporta anche le sue preoccupazioni rispetto, ad esempio, auna
festa a cui Giada deve partecipare dove la madre è spaventata che possa accadere
qualcosa alla fine. C’è un meccanismo di identificazione proiettiva tra madre e bambini
e la terapeuta cerca di creare un collegamento tra il bisogno che ha giada di stare
appiccicata alla madre e il suo timore di non potercela fare che però incontra il timore
della madre. L’immagine che la madre ha di sua figlia è che la figlia non può farcela e
questo arriva a Giada.
1. Madre: "Giada è appiccicaticcia", non la fa respirare e ci sono dei momenti in cui lei
non la sopporta.
2. Preoccupazione per presenza alla "festa"
3. far riflettere la signora su come lei veda Giada ancora piccola e bisognosa di lei, di
quanta poca fiducia abbia nel fatto che la figlia possa farcela da sola
4. Ambivalenza materna
5. Passato aborto→ In questo colloquio di restituzione emergono delle angosce più
profonde dei genitori. Emerge un aborto nel passato, quindi, c’è un aspetto
mortifero non elaborato
6. Padre piange
7. senso di solitudine in entrambi i genitori
8. Chiedono "aiuto"
Giada è incastrata nella sua conflittualità→ da una parte è terrorizzata all'idea di
crescere, separarsi dalla madre, dall'altra è arrabbiata per questa dipendenza. Ha
intravisto anche gli aspetti «più interessanti» della crescita, ai quali però non può
ancora accedere (nel primo disegno)
CONCLUSIONE
1. Tematiche di separazione-indipendenza
2. Il tentativo di controllare gli aspetti emotivi e le angosce, con cui non è possibile
entrare in contatto, passa attraverso il bisogno di controllare non solo il proprio
corpo ma anche la realtà esterna.
3. I processi di identificazione proiettiva (qui sono crociate tra madre e figlia) e di
identificazione adesiva sostituiscono quelli di identificazione introiettiva (più sana,
faccio miei alcuni aspetti dell’oggetto non l’oggetto) → sono I meccanismi
intrapsichici che caratterizzano il modello di funzionamento dei disturbi alimentari.
Identificazione adesiva e proiettiva che si sostituiscono all’identificazione
introiettiva
4. Controtransfert: esclusione (cfr. sindrome "no-entry"). Nel controtransfert oltre agli
aspetti depressivi si sente il senso di esclusione che nei disturbi alimentari riporta
alla sindrome no-entry, non ti permetto di entrare cosi come non permetto al cibo
di entrare.
5. Aggressività verso la terapeuta: le sto antipatica perché parlo «strano», perché
parlo di emozioni
6. Giada: "alla nascita non ho avuto l'acqua!"→ Immagine di una bambina a cui
sembra che non sia stato dato qualcosa di vitale. infatti, è spenta.
Nel corso della terapia... emergerà sempre di più la tematica del crescere (con le sue
spinte contrastanti), il suo bisogno di fusionalità con la madre, ma anche la grande
rabbia che prova e che riverserà nella relazione di transfert. Nel percorso terapeutico
emergerà sempre di più la tematiche del crescere, del separarsi con la madre, della
rabbia che porta in terapia (in maniera molto sadica in terapia aveva tagliato tutti i
capelli delle bambole, oppure aveva chiesto alla terapeuta di andare in bagno che l’ha
accompagnata e poi tornano in studio e Giada chiude la porta e dice che non avrebbe
fatto entrare la terapeuta perché si sentiva minacciata).
Dal punto di vista tecnico occorre tenere presente che (in presenza di un disturbo
alimentare) la mente e le parole del terapeuta possono essere percepite dal paziente
pericolose e nocive, come lo è il cibo e come probabilmente un tempo lo sono state le
proiezioni genitoriali.
In conclusione... Giada fa sperimentare la sensazione che l'accesso al suo mondo
interno sia vietato anche alla terapeuta, l'avvicinamento è stato graduale e lento →
necessità di reggere ai suoi attacchi. Nel tentativo di tenere fuori la terapeuta dalla
stanza fa sperimentare la sensazione che sia vietato entrare nel suo mondo interno.
Qui è importante poter reggere l’attacco ed essere stabile anche rispetto alla figura
materna che invece si spaventa. La terapeuta può invece reggere gli attacchi.
Polacco Williams (1994): uso di comunicazioni "colori pastello" non primari...
ADHD→ "I bambini che si muovono senza meta": la sindrome ADHD (Attention Deficit
Hyperactivity Disorder). L’iperattività è qualcosa di molto più complesso. Già il fatto
che il bambino iperattivo non riesca a portare a termine un compito è un indicatore
importante. Il quadro psicopatologico è molto complesso. Oltre all’iperattività motoria
è necessario che ci siano altri sintomi. hanno comportamenti impulsivi, quindi, non
pensano ma fanno.
Quadro clinico:
1. c'è iperattività motoria
2. manca attenzione, concentrazione...
3. difficoltà nel seguire le istruzioni e nel portare a termine i compiti
4. sono presenti comportamenti impulsivi
5. c'è ridotta mentalizzazione
Nelle persone vicine al bambino (soprattutto genitori, insegnanti e coetanei) rabbia,
frustrazione e senso di impotenza. Un bambino con queste caratteristiche è faticoso
da reggere o da sostenere per quanto riguarda l’ambiente familiare e scolastiche che è
pieno di regole. Un bambino iperattivo non permette all’insegnate di lavorare. Questo
senso di frustrazione e di rabbia lo sperimentano anche i coetanei. Se non vengono
aiutati anche dal contesto ambientali sono bambini che vengono messi da parte.
Sono i Temi del dibattito attuale:
1. Eziologia dei sintomi
2. E una sindrome?
3. Approccio terapeutico
Eziologia→ Numerosi vertici: fattori neurobiologici, familiari, ambientali
Primi studi nel 1902 (Still)→descrizione sintomatologica
Iniziale attenzione su "danno cerebrale". Critiche ad uso di Ritalin (area
stupefacenti). con il tempo→ importanza dei fattori biologici, ambientali e
relazionali (da non disgiungere da quelli biologici). Quindi a un approccio più organico
si è sostituito uno più psicologico dove l’iperattività è stata vista in relazione ai
problemi dell’attaccamento che di controllo e protettiva.
Approccio psicologico: iperattività come...
1. reazione a problemi relazionali (cfr. attaccamento)
2. modalità protettiva e di controllo
M. KLEIN (1935)→ iperattività come una modalità difensiva che il bambino adotta per
difendersi dai «persecutori interni» controllando l'oggetto e negando cosi sentimenti di
depressione. Secondo lei alla base dell’iperattività c’è un tentativo di negare un
aspetto depressivo. C’è un nucleo depressivo
WINNICOTT (1931)→ ipereccitabilità mira ad evitare che il bambino soffra.
non c'è eziologia monocausale→ Osservare: i diversi livelli strutturali del bambino,
le relazioni oggettuali, lo sviluppo del Sé e dell'lo e le capacità di autoregolazione degli
affetti che è connessa alla capacità di auto-contenimento (capacità di essere
contenuto, se faccio esperienza di essere contenuto imparo a contenermi)
STUDI ATTUALI:
1. iperattività per catturare attenzione (non essere "cancellato")
2. quale oggetto interno? Riporta anche tutti i processi introiettivi (quale oggetto
interno ha introiettato il bambino)
3. quale rapporto con le figure genitoriali? (cfr.padre)
4. c'è difetto di funzione alpha?
IL LAVORO PSICOTERAPEUTICO→ impulsività, ridotta capacità di mentalizzazione e
quindi del ricorso all'azione e, spesso, a comportamenti provocatori (a volte
aggressivi). L’iperattività è difficile da gestire anche in terapia. L’aggressività e la poca
capacità di mentalizzare mettono a rischio il setting esterno ma anche quello interno
perché dobbiamo seguire il bambino, cercare di gestire quello che avviene nella stanza
è un attacco alla nostra capacità di pensare. Dobbiamo stare attenti che Queste
sensazioni controtransferali non ci portino ad agire.
Il setting è messo a dura prova: setting esterno ma anche quello interno
Controtransferalmente:
1. confusione e agitazione (mondo interno di questi bambini)
2. Spinte ad agire
Il lavoro psicoterapeutico
1. promuovere «l'attività di insight» per riflettere su di sé ad un livello
verbale e simbolico→ Dobbiamo promuovere l’insight per poterà il bambino a un
livello verbale e poi simbolico. Questo poi si tradurrà in una maggiore capacità di
contenersi. Dobbiamo farlo delicatamente perché non sono bambini disponibili ad
ascoltarci. Dobbiamo usare delle comunicazioni brevi e dobbiamo stare molto
attenti alle interpretazioni perché sono bambini che evitano di pensare perché le
nostre parole possono essere precipite come qualcosa di reale. Il dolore psichico
può essere avvertito come qualcosa di fisico perché non c’è la capacità di
mentalizzare e quindi è tutto spostato sul corpo → scarica psicomotoria.
2. mantenere il setting→ Il nostro approccio soprattutto nella consultazione il nostro
obiettivo è quello di tenere il setting e tenere uno spazio di pensiero. Dobbiamo
rimanere concentrati sul nostro controtransfert. Offrire un contenimento non solo al
paziente ma anche alla nostra spinta ad agire.
3. spazio mentale del terapeuta
1. dare significato a propri movimenti controtransferali
2. offrire contenimento sia alle proprie spinte a reagire sia agli stati emotivi del
paziente
LA PSICOTERAPIA (SALOMONSSON, 2006)
Le parole del terapeuta: possono essere percepite come qualcosa di reale da cui
liberarsi: «dolore psichico» come un «dolore fisico». Il bambino ha interiorizzato
anziché un oggetto interno stabile, un oggetto interno «cattivo» che viene evocato
dall'interpretazione percepita come pericolosa... Questi bamb