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Al datore di lavoro la legge assegna anche altri poteri, cioè potere di controllo, potere
disciplinare, il potere di cambiare le mansioni però questo è particolare perché nel potere
direttivo, la fattispecie è qualificante, la fattispecie non si perfeziona se non c’è questo
potere, mentre gli altri poteri costituiscono l’effetto della fattispecie che si costituisce
tramite questo potere. ( cioè dobbiamo o sempre fare una sussunzione tra fattispecie
concreta e astratta, questa sussunzione si chiama per identità, cioè la fattispecie concreta
deve avere tutti gli elementi costitutivi e deve corrispondere a quella astratta). Sotto la
direzione è il modo con il quale si realizza alle dipendenze cioè la limitazione della libertà e
quindi devo andare a verificare nella fattispecie concreta se c’è il potere di dare le
direzioni, se c’è il potere di dare conformazione. Se c’è ecco che la fattispecie si è
perfezionata in tutti i suoi cinque elementi e quindi quella prestazione è definibile di lavoro
subordinato. Il 2094 stabilisce quindi che qualunque lavoro può essere svolto in modo
subordinato, perché è il lavoratore subordinato che si obbliga a svolgere il proprio lavoro
sia intellettuale che manuale, perciò qualunque lavoro. Perciò ad esempio l’avvocato può
essere subordinato o autonomo. Non c’è nessun tipo di attività che per definizione è
autonoma o che per definizione è subordinata, anche le più semplici. Il problema è che il
potere direttivo in alcune tipologie lavorative difficilmente emergono. Ad esempio al
chirurgo dipendente, non c’è nessuno che da le direttive e quindi i giudici si sono subito
trovati difronte a questa discrasia. Non c’è coincidenza tra fattispecie concreta e astratta
perché il soggetto poi non riesce ad allegare fatti che possano dimostrare la sua
sottoposizione a quel potere direttivo che abbiamo definito. In questi caso la
giurisprudenza si trova difronte a due casi:
• Rigettare tutti i ricorsi
• Trovare un modo per rendere meno difficoltosa la prova di questo lavoratore riguardo l
potere direttivo
La giurisprudenza allora pensando di essere coerente con il principio generale del favor
nei confronti del lavoratore ha cominciato a ragionare con una norma processuale
importante cioè delle presunzioni. Nel processo civile vige il principio del l’onere della
prova e quindi il giudice per accertare certi fatti, deve realizzare un istruttoria, andando a
richiedere l'onere della prova, cioè una prova data tramite testimoni o documenti. La prova
però può essere o storica diretta cioè quando c’è un testimone che dice è vero, ma c’è
anche quella logica dove nessuno ha visto quello di cui si parla ma, ci sono alcuni indizi
che possono farci presumere che quello cdi cui si parla sia realmente avvenuto e questa si
chiama la Prova per presunzioni. La presunzione semplice si basa su un procedimento
logico, in base ad un brocardo che afferma: “ il nesso di probabilità che dato un evento a,
ci sia stato l’evento b”. Allora la norma afferma che affinché il giudice possa condurre
questo ragionamento referenziale, cioè possa comprendere da un fatto noto un fatto
ignoto ci devono essere indizi che sono definibili: gravi, precisi e concordanti. Il fatto ignoto
che il lavoro deve provare, quindi, è di aver ricevuto le direttive, cioè di essere stato
sottoposto al lavoro di istruzione o di conformazione. Il fatto ignoto non si può provare e
allora la giurisprudenza ha elaborato degli indici presuntivi gravi, precisi e concordanti che
se sono provati, da questi si può desumere che in quel rapporto ci sia stata la sotto
posizione al potere direttivo con certe caratteristiche. Così nascono gli indici secondari o
presuntivi della subordinazione, del vincolo di subordinazione, sono elementi non
direttamente confermativi del potere direttivo, ma lo sono indirettamente e in via
presuntiva. Questi indici devono essere concordanti tra di loro e poi devono essere gravi e
precisi. Il fatto noto quindi è l’indice presuntivo della subordinazione, cioè il fatto che il
lavoratore riesce a dimostrare in giudizio mediante prova diretta di certi elementi. Il fatto
ignoto è vincolo di subordinazione, infatti nel senso che poi diventa noto in via presuntiva.
La norma sotto le direttive è un enunciato che vive in 40 anni in migliaia di sentenze. Il
lavoratore subordinato anche se svolge in autonomia la prestazione comunque mi da la
sua disponibilità affinché io possa anche potenzialmente esercitare un potere direttivo,
magari non c’è nei fatti, ma in potenza, cioè c’è la possibilità contrattuale improvvisamente
di dare altre direttive. La disponibilità funzionale del lavoratore: (altra chiave di lettura di
sotto le direttive), cioè è il substrato sul quale si innesca o si può innescare il potere
direttivo, se non ci fosse questa disponibilità funzionale, non ci sarebbe la possibilità di
esercitare il potere direttivo. Quindi il potere direttivo può non essere facilmente
dimostrabile in giudizio e quindi il giudice ha gli indici secondari o presuntivi della
subordinazione, ma alla base del potere direttivo ci deve essere sempre e comunque la
disponibilità nel tempo del lavoratore. L’obbligo del lavoratore è eseguire la prestazione e
svolgere le mansioni. La disponibilità funzionale è quell’atteggiamento che consente al
datore in ogni momento di esercitare il proprio potere direttivo, ma potrebbe anche non
esercitarlo mai. Due filoni di pensiero:
• Metodo tipologico, sussunzione per approssimazione dove non ci sono cinque elementi
costitutivi, ma ce ne sono solo quattro. Il quinto non c’è perché non è necessario.
( posso chiamare una domestica come una lavoratrice autonoma ? )
• Metodo sussuntivo, cioè la fattispecie concreta deve corrispondere a quella astratta. Il
potere direttivo o deve essere dimostrato o ci si arriva tramite la presunzione.
Ogni persona ha la propria comprensione che avviene prima dell’interpretazione, cioè una
pre comprensione inevitabile, cioè condizionamenti che tutti noi abbiamo prima di
interpretare. Non bisogna confondere l’oggetto del contratto, cioè la prestazione che ci si
scambia, e le modalità di svolgimento del contratto. La collaboratrice domestica può
essere lavoratrice autonoma.
Art. 409, nel 1973 il legislatore decide nell’ambito del processo del lavoro, questa e una
norma che definisce il campo di applicazione di procedura civile, che si applica a rapporti
di agenzia, come l’agente di commercio. Il punto saliente di questa norma è che si sono
altri rapporti autonomi e non dipendenti:
1. C’è una prestazione di opera continuativa, coordinata e prevalentemente personale,
anche se non a carattere subordinato
Quindi il legislatore stesso ammette che ci siano rapporti continuativi, coordinati, che pero
non sono subordinati. Questa fattispecie di lavoro autonomo si avvicina molto a quella del
lavoro subordinato e quindi rende molto più complicata la distinzione tra lavoro
subordinato e autonomo. Perché se vogliamo il 409 è un sottotipo del 2222. Il lavoro
autonomo può essere continuativo e coordinato, ma sempre autonomo è. La
collaborazione si intende coordinata quando nel rispetto delle modalità di organizzazione
pattuite di comune accordo, il collaboratore organizza autonomamente la propria attività.
DOMANDE ( parte precedente ): 1. Quali sono gli indici della subordinazione elaborati
dalla giurisprudenza ?
2. È sufficiente un solo indice per dichiarare la subordinazione ?
409: designa una fattispecie di lavoro autonomo perché dice “ anche se non ha carattere
subordinato “, questo anche ci ha fatto presuppone che ci siano dei rapporti di lavoro
subordinato, che sono continuativi ed hanno la subordinazione, anche non
prevalentemente personale. Ci può essere un rapporto di lavoro subordinato con una
collaborazione che non è esclusivamente personale ? No, perché la collaborazione
prevalentemente e non esclusivamente personale comporta la possibilità di farsi sostituire
nell’ esecuzione della prestazione, mentre la prestazione di lavoro subordinata è
infungibile, cioè la devo rendere solo io e non altro. Quindi siamo nel lavoro autonomo. In
questo momento si spiegano i confini del lavoro subordinato, quello che sta dentro e
quello che sta fuori, quindi a confine non c’è il 2222, ma c’è il 409.
Qual’è l’aspetto che crea più confusione con il potere direttivo? Il coordinamento perché
non c’è dubbio che il coordinamento presuppone alcuni poteri di ingerenza e quindi
quando si parla di poteri, il confine con il potere direttivo si fa sfumato e come tutte le cose
sfumate è difficile da individuare. Collaborazione è un termine che abbiamo trovato nel
2094 e che troviamo anche qui, quindi ci fa capire che il collaborare non è un elemento
distintivo esclusivo del 2094, quindi la collaborazione può essere sottoposta al potere
direttivo e diventa 2094 oppure può essere semplicemente coordinata e stiamo fuori dal
2094. Il nostro sistema è duale: cioè diviso in due, non c’è una zona a confine che però
non presupponga la parte delle tutele, o abbiamo tutto ( nei confronti delle tutele del lavoro
subordinato ) o abbiamo niente e questo è un grande difetto perché ha una cesura netta,
perciò lavoro coordinato autonomo sta fuori da quello subordinato. La norma ci dice che:
la collaborazione si intende coordinata nel rispetto delle modalità di coordinamento
stabilite di comune accordo. È un incidentale perché la tecnica dl legislatore non è di
grande livello. Intanto alla base di questo incidentale c’è un patto, un contratto, un
accordo che fa il collaboratore e il committente e qui pattuiscono le modalità di
coordinamento. Qual’è la differenza più evidente che emerge dal potere direttivo ? In
questo caso sono pattuite, quindi c’è un consenso delle modalità di coordinamento, nel
potere direttivo, invece, non c’è nessun consenso, dato che il committente ordina e il
lavoratore obbedisce. La prima differenza tra le modalità di coordinamento e la loro
consensualità, rispetto alla unilateralità del potere direttivo. Che pattuiscono le parti? Che
differenza c’è tra le modalità di l’ordinamento e quella di esecuzione della prestazione