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PERCHÉ IN ETÀ RISALENTE IL RITUS COINCIDEVA CON LA LEX?

 ritus

Qual è la ragione di tutto questo? Perché in età risalente il coincideva con lex. Il

nomos

ritus, come il greco, aveva infatti per i Romani un valore semantico assimilabile ai

mos Mos

termini e lex. è un riferimento alle norme del costume, cioè alla regola gentilizie

lex, mos,

e poi familiari. La invece, è la legge, come ad esempio la leges regiae romane. Il

invece, erano le regole, le costumanze che venivano osservate dalla gente e dalle famiglie.

mos ritus

L’assimilabilità tra e è data, ad esempio, dal frequente riscontro del binomio

mores\instituta in Cicerone, quindi ampiamente provata, o come, ad esempio, anche in

ritus institutus.

Sallustio. Varrone, inoltre, considerava coincidenti e Sempre in Cicerone

instituta leges

è frequente l'accostamento di e ai mores. Questo sempre per l'unità

arcaica che possiamo riscontrare, così come abbiamo detto per la Grecia, anche nella

cultura giuridica romana arcaica. Infine, questo è interessante perché in un epigrafe

arcaica si riscontra un uso di lex in luogo di ritus. In particolare, nel Corpus

patrei genteiles iulei vedi aara leege albana

Inscriptionum Latinarum, si legge “vediovei

dicata”. La consacrazione delle aree avveniva, infatti, secondo il ritus e ne troviamo

Abanus ritus ut patrio ritu

conferma anche nella Voce di Festo, dove si parla anche di un

sacra Albani facere. ritus

Quindi, possiamo ipotizzare che, nel corso del tempo, il venne

recte

assimilato al termine e così la celebrazione del ritus si può essere trasformata in

ritus,

“ius”. Varrone, attraverso Accio, considera la dichiarazione in forma ablativa di cioè

rite, recte.

il vocabolo con valore semantico uguale a “Quod enim fit rite, id ratum ac rite

rectum est; ab eo Accius: recte perfectis sacris volt accipi”. Tutto ciò che veniva fatto

ratum rectum

(cioè secondo le regole), era quindi (cioè valido) e così (diritto', 'corretto'). II

che spiega l'espressione di Accio “recte perfectis sacris”. In questo modo, può essere

ritus mos consuetudo

interpretata la testimonianza di Festo quando compara il al e alla in

ritus, mos vel consuetudo. Rite

un frammento del suo vocabolo. Ancora, alla voce “Ritus

autem significat bene ac recte”. rite bene ac recte

L’assimilazione di a dimostra che

ritus ius

l'arcaico acquista un valore giuridico laico, entrando nella sfera del solo all'epoca

della società romana medio\tardo repubblicana. Questo spiega il ritardo delle fonti che

ius

fanno riferimento a una nozione di legata al concetto direttamente di diritto, cioè alla

sua declinazione semantica giuridica. Mentre abbiamo visto, anche in Catone, come

questa declinazione semantica di ius, come significazione di brodo, di succo, di qualcosa

che viene spremuto, che viene fuori, oppure che trascina per effetto del calore che

squaglia il grasso delle vittime, il Vico ci ha ricordato anche che è qualche cosa di più

Canto maior

risalente. È interessante vedere, quindi, nel di Cicerone, questa frase “ius

augurium, pontificium, civile tracto”. Cicerone ricorda una fase della storia del diritto

romano in cui il diritto degli auguri, il diritto dei pontefici è comunque parte del diritto

ius

civile, cioè del diritto dei cittadini. Del resto, mancano attestazioni sicure di per

l'epoca più antica. Vedremo, quando parleremo delle fonti di cognizione del diritto, il

Cippo del Foro, dove si legge “odiovestod”. Abbiamo una possibile attestazione

ious lex Repetundarum

dell'iscrizione di Duenos e la presenza di nella del 123-122 a.C.,

ma è una legge della fine dell'ultimo quarto del II secolo a.C. Di conseguenza, si può dire

ius

che il significato più antico di sia quello di “succo”, “brodo”, cioè il valore semantico

che veniva utilizzato nella scienza culinaria. Mentre per quanto riguarda quello di

“diritto” è molto plausibile pensare che si sia fermato in età medio-tardo repubblicana

recte rite-

nella forma di come estensione semantica di “ben fatto”, “celebrato secondo il

rituale religioso”. Pensiamo, ad esempio, a Quinto Mucio, ma siamo già al I secolo a.C. Il

Cursus Honorum prevedeva la possibilità di poter svolgere delle funzioni sacerdotali, ma

la cosa sostanziale è che, a partire da un certo momento, il diritto diventa un affare laico.

Probabilmente lo diventa nel momento in cui Roma incomincia ad avere una

consapevolezza più marcata di città-stato, di un'aggregazione che avesse una consistenza

giuridica. Questo accadrà sicuramente all'epoca del circolo Scipioni, cioè nel II secolo

a.C., quando l’élite della cultura di Roma, e forse potremmo dire un'élite che possiamo

considerare significativa e abbastanza raffinata e colta da poter essere paragonata con

altri momenti felici dell'evoluzione della storia in assoluto, intellettuali di primissimo

livello come Servio Sulpicio Rufo, come Cicerone e tanti altri ancora che presero

l'abitudine di andare a studiare e a sentire le lezioni dei grandi filosofi greci. Panezio, per

De Officis

esempio, venne a Roma e ispirò addirittura il Cicerone. Tutto questo

movimento culturale che significa l'accesso dell'ellenismo greco-romano a Roma, che

quindi diventerà così ellenismo greco-romano, che a sua volta sarà quella base,

ius

quell'humus, quel concime che porterà poi anche alla evoluzione degli come semplice

metonimia, metafora di un gesto rituale osservato nel modo giusto, in qualche cosa che

riguarda l'esperimento di una scienza giuridica. È bene che la differenza sia ben

sottolineata perché è uno dei momenti chiave proprio delle funzioni del diritto in senso

religio

assoluto perché dobbiamo pensare che, per esempio, è un concetto che non può

Religio

essere assimilato a quello che abbiamo noi oggi. non è la religione di una di una

fede confessionale, come può essere il cristianesimo l'islamismo, il buddismo o

l'ebraismo. Era essere legati a un rituale, era come andare a celebrare il Giorno dei Morti,

cioè svolgere il rituale connesso alla all'obsequium ai propri antenati. Quello significava

esprimere un atteggiamento religioso che veniva conservato gelosamente e con molta

attenzione dai padri di famiglia, ma era qualche cosa che aveva una consistenza

giuridica, ma non la stessa consistenza giuridica che avrà poi il diritto in un'epoca

successiva. Comunque, questi temi saranno approfonditi sotto varie sfaccettature in altro

modo. Quello che conta è capire come nella prima fase ius non si configura ancora nel

suo significato più noto, che è quello di diritto.

LA NOZIONE POLISEMICA DI IUS IN ETÀ CLASSICA

 ius

Ad un onta di quanto si è potuto vedere a proposito del significato di in età arcaica,

dove tutto sommato vediamo come attraverso Catone come il rito del porco della

facere

precidanea, ma comunque il piaculum, consisteva nel ius. Abbiamo visto come

questo ius può essere il succo di una qualche cosa e abbiamo delle parole e dei modi di

iudex, ius,

designazione, per esempio degli colui che dice il ma sostanzialmente, dal

punto di vista semantico, non abbiamo delle indicazioni molto chiare, tanto che abbiamo

visto Vico proporre della parete timologia di ius dal nome di Giove in latino. Tuttavia,

ius,

sostanzialmente si può notare come invece la nozione di il significato di questa

parola, letteralmente esploda in età classica. Possiamo vedere un passo del giurista

Paolo, siamo nel pieno dell’età classica, siamo nel III secolo d.C., nel primo libro del

Digesto, dice 'diritto' in più modi: in un modo, quando si dice

in cui testualmente dice “Si

"diritto” quel che è sempre buono ed equo, come è il diritto naturale; in altro modo, si dice

"diritto' ciò che è utile a tutti o ai più in ciascuna città, come è il diritto civile; né meno

rettamente viene detto "diritto" nostra città, il diritto onorario. Del pretore, si dice, persino,

che 'rende diritto' anche quando decide iniquamente, in relazione, s'intende, non a ciò che il

pretore abbia fatto, ma a ciò che conviene che il pretore faccia, Con altro significato è detto

"diritto” (ius) il luogo in cui il diritto viene reso, con una denominazione traslata da ciò che

si fa al luogo in cui si fa; questo logo può essere definito così: dovunque il pretore, fatta

salva la maestà del suo imperio è fatto salvo il costume dei nostri antenati, abbia stabilito

di dire il diritto “cioè, di esercitare la giurisdizione”, questo luogo rettamente si chiama ius”.

Se analizziamo il passaggio sul pretore, nelle parole di Paolo riportate dai raffinatissimi

compilatori giustinianei, troviamo un’indicazione, un fossile, di pensiero, che riporta alla

realtà arcaica perché addirittura si dice ius quello che fa il pretore, quello che dice che è

un termine tecnico dire il ius perché esprime proprio la funzionalità, quello che fa il

pretore. Il pretore, anche quando decide in maniera ingiusta, comunque produce ius.

Questo, come detto, è un fossile e si riferisce evidentemente a una realtà in cui quando si

faceva ius praticamente svolgendo un rituale che dovesse essere fatto secondo le regole.

Quindi, se il pretore, per paradosso, arriva a decidere ingiustamente, purché l'abbia fatto

nelle forme prescritte, comunque anche questo è considerato da Paolo. Quindi, prudenza

delle età severiana come ius. Sull’esplosione del significato di ius un contributo notevole

è stato dato anche dalla tradizione romanistica perché, nel famoso commento le

Pandette del Gluck, troviamo addirittura nove significati di ius estranei al processo.

Abbiamo un significato di ius inteso:

1. Come legge; ius esto decemvirale);

2. Come atto avente forza di legge (cioè l’ita

est ars boni et aequi);

3. Come ciò che è buono, equo o utile (ius pignoris, ius venandi,

4. Come facoltà di fare o tralasciare qualcosa (ius di riscuotere

ius suum cuique tribuendi);

un’imposta,

Ius potestatis pater familias

5. del su persone o cose che sostanzialmente erano una

posizione di dominio;

Ius necessitudo

6. come (il termine necessitudo è un termine che viene utilizzato già

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Publisher
A.A. 2024-2025
10 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Maria161097 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del diritto romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi della Campania "Luigi Vanvitelli" o del prof Sacchi Osvaldo.