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In questo contesto si sviluppò anche una grande insoddisfazione per la "vittoria
mutilata", per il fatto cioè che l'Italia non aveva potuto annettere la città di
Fiume, la cui maggior parte della popolazione era italiana, perché non faceva
parte dei territori promessi con il Patto di Londra.
Nel tentativo di riprendere Fiume, Gabriele d'Annunzio guidò un gruppo di
soldati italiani a marciare sulla città, occupandola e instaurandovi un governo
provvisorio, disobbedendo dunque agli ordini del governo italiano.
La situazione fu risolta nel 1920 da Giolitti, che prese il posto di Nitti come capo
del governo: egli firmò con la Jugoslavia il trattato di Rapallo, il quale stabiliva
che Fiume diventasse una città libera e la Dalmazia, con popolazione a netta
prevalenza slava, entrò a far parte della Jugoslavia ad eccezione di Zara (viene
rispettato il principio di nazionalità, fermamente sostenuto dal presidente
americano Wilson); fu inviata una milizia in città e fu cannoneggiato il palazzo
in cui si trovava D'Annunzio, che fu allontanato insieme al suo esercito.
Nell'immediato dopoguerra cambia anche il panorama politico italiano:
- Fu fondato il Partito Popolare, di matrice cattolica; ciò fu reso possibile
non expedit
dall'abolizione del che impediva ai cittadini cattolici italiani di
partecipare alle elezioni e più in generale alla vita politica dello Stato
Italiano.
- Nel marzo 1919, con l'adunata di piazza San Sepolcro, nacque il
movimento FASCISTA, fondato da Benito Mussolini e appoggiato
specialmente dalla borghesia, la quale temeva che i socialisti dessero
vita a una rivoluzione bolscevica su stampo russo in Italia: per quasi due
anni non
riscosse grande successo: Mussolini era solo uno dei tanti attori sulla
scena politica italiana.
Egli era originariamente membro del PSI e direttore del giornale "Avanti!"
(veniva da una tradizione socialista fortemente anticlericale), ma nel
1914, dopo essersi dichiarato favorevole all'entrata in guerra dell'Italia,
era stato cacciato dal partito.
- Nel 1919 fu formato un nuovo governo con a capo Nitti, liberale di
sinistra, un radicale; convocò nuove elezioni nel nov. 1919 (le prime dopo
quelle del 1913) e con esse introdusse la legge elettorale
PROPORZIONALE = i seggi in parlamento sono assegnati in modo da
assicurare alle diverse liste un numero di posti proporzionale ai voti
ricevuti (fino ad allora usato un sistema uninominale a doppio turno) fa
si che i liberali (non avevano un vero e proprio partito) non ottengano la
maggioranza assoluta. Ad avere la meglio fu i PSI seguito dal Partito
Popolare.
I fascisti parteciparono alle elezioni ma non ottennero nemmeno un
seggio.
A causa dell'instabilità del suo governo Nitti lasciò il suo posto a Giolitti (giugno
1920- fiducia dei
cattolici e tolleranza dei socialisti), che ebbe il merito di aver concluso la
questione di Fiume e di aver gestito bene l'occupazione delle fabbriche nel
settembre 1920, episodio che inizialmente sembrava poter aprire le porte ad
una rivoluzione comunista in Italia (in seguito si capì che in realtà non sarebbe
stato possibile).
Gli scioperi del 1919 avevano portato i datori di lavoro, gli industriali a chiudere
le fabbriche,
commettendo la cosiddetta "serrata", gli operai, pronti a tornare a lavoro dopo
gli scioperi, trovarono le fabbriche chiuse in molte città del nord Italia gli
operai, armati, entrarono di forza nelle industrie, occupandole.
Non si trattava, tuttavia, di una rivoluzione bolscevica perché gli operai non
avevano un disegno politico dietro e il PSI non aveva guidato l'insurrezione: la
rivolta non assunse il carattere di rovesciamento delle istituzioni.
Giolitti non intervenne e lasciò calmare le acque: gli operai, a causa
dell'assenza di ingegneri e tecnici, non uscivano a organizzare il processo
produttivo (erano come soldati senza ufficiali). Giolitti invitò i capi delle
industrie ad accordarsi con gli operai per far cessare l'occupazione e fu un
successo: la rivolta si spense in meno di un mese e senza spargimento di
sangue.
Occupazione fabbriche = punto massimo della forza del movimento operaio,
anche a causa delle
scissioni interne al partito Socialista.
Sfruttarono tale contesto Mussolini e i fascisti: infatti l'occupazione delle
fabbriche aveva molto intimorito industriali e soprattutto proprietari terrieri, i
quali cominciarono a rivolgersi alle squadre punitive fasciste per colpire
esponenti del movimento operaio e contadino, dando vita al fenomeno dello
SQUADRISMO !
Iniziò così il periodo soprannominato BIENNIO NERO (1921/22) = reazione
fascista alla violenza socialista del biennio rosso periodo durante il quale
aumentarono le spedizioni punitive compiute dai fascisti contro le sedi dei
partiti, dei sindacati e dei giornali socialisti e comunisti. Si trattava di episodi
violenti che non vennero puniti dalle forze dell'ordine o dal governo.
Il fascismo del 1921/22 venne definito agrario proprio perché incentivato dai
proprietari terrieri.
Ebbero un ruolo centrale i Ras, i capi locali (delle province del centro-nord) del
fascismo
(es a Bologna -› Grandi; a Ferrara -› Balbo).
ras = capi delle tribù guerriere dell'Etiopia che avevano sconfitto l'esercito
italiano ad Adua nel 1896.
Il movimento fascista sfruttò la debolezza del mondo della sinistra causata
dalle scissioni al suo interno:
- socialisti RIFORMISTI -› credevano che il socialismo potesse inserirsi nelle
istituzioni, erano
convinti di non poter attuare nell'immediato una rivoluzione su stampo
russo ma di poter
cambiare la società attraverso riforme (es. Turati).
- socialisti MASSIMALISTI
(tale divisione in realtà e successiva alla divisione con i comunisti e risale a
pochi giorni prima della marcia su Roma di Mussolini)
- COMUNISTI -› volevano seguire i dettami della III Interazionale, cacciando
dunque i riformisti
Una svolta si ebbe con il CONGRESSO di LIVORNO (gen. 1921), durante il
quale i comunisti si
separarono dal resto dei socialisti formando il Partito Comunista d'Italia
(PCdl): i comunisti italiani si
sentono una sezione locale della Ill Internazionale.
Il fascismo ebbe successo anche perché si presentava come movimento
nazionale, mentre socialisti e comunisti erano antinazionali: alzando le barriere
rosse invece del tricolore italiano iniziarono a essere percepiti dall’opinion
pubblica come nemici della nazione ciò era percepito come un tradimento
specialmente da coloro che avevano combattuto in guerra per la propria patria.
Giolitti, di fronte alla scissione tra i socialisti (reputata positiva per i liberali) e al
successo ottenuto nel risolvere la questione di Fiume e dell’occupazione delle
fabbriche, chiese al re Vittorio Emanuele III lo scioglimento della camera e di
indurre nuove elezioni, alle quali Giolitti avrebbe potuto ottenere la
maggioranza, anche senza l’appoggio del partito popolare.
Visto il successo che stavano acquisendo i fascisti, molti candidati liberali si
allearono con i fascisti, costruendo liste comuni (BLOCCHI NAZIONALI) Giolitti
sperava di poter sfruttare i fascisti e formare con essi un fronte unico contro i
socialisti.
Elezioni maggio 1921 non dettero il risultato sperato: i socialisti persero
consensi, ma aumentarono quelli per i comunisti; il Partito popolare ottenne più
deputati; i fascisti ne ottennero ben 35: nel 1° discorso alla Camera, Mussolini
si dichiarò di fatto nemico dei liberali, non dando la fiducia al governo di Giolitti,
che decise di dimettersi. Da questo momento in poi si accentua la crisi dei
liberali.
Il fascismo ottenne grande consenso perché si fece portavoce dei valori
nazionali, della I Guerra Mondiale, come il combattentismo (erano stati molto
numerosi i volontari in guerra, e tanti erano stati i caduti tra la piccola e media
borghesia).
Fascismo strumento di rivalsa della piccola e media borghesia, che si sentiva
minacciata dai socialisti e defraudata delle promesse della classe dirigente
liberale (promessi cambiamenti a favore dei combattenti com’era accaduto
anche in G.B.): ciò generò un grande stato di frustrazione tra la popolazione.
Ciò porta a giustificare anche le violenze dei fascisti, percepite come
necessarie per punire i socialisti che volevano fare come in Russia Fascismo
visto come vendicatore delle ingiustizie compiute durante il biennio rosso.
I fascisti si presentavano come una risposta armata ai socialisti/comunisti e
come alternativa ai liberali: sono una novità (Mussolini = svecchiamento della
politica italiana, dati i suoi 39 anni).
Il nuovo governo, dopo le dimissioni di Giolitti, fu guidato da Ivanoe Bonomi, un
liberale ma senza la spiccata personalità di Giolitti. governo guidato solo 7/8
mesi.
Bonomi si proponeva di ridare disciplina al paese e di punire le violenze
commesse sia da parte socialista che fascista.
Dopo le elezioni Mussolini comprese che le istituzioni potevano svolger un ruolo
sia positivo che negativo per il fascismo e di dover controllare maggiormente il
partito, costituito al suo interno da gruppi con idee diverse.
Con il passare del tempo si rese conto che prospettandosi come partito
repubblicano si definiva nemico della monarchia, del capo dello stato e delle
élite che vedevano nella monarchia una garanzia per la stabilità e l’ordine in
Italia.
Allora dopo l’inserimento in parlamento fu convocato a Roma il 1° congresso
dei Fasci, che preannuncia la trasformazione da movimento a partito (PNF).
Secondo mussolini un partito vero e proprio gli permetterebbe di 1) controllare
meglio i fascisti e affermare la propria leadership sui Ras; 2) cambiare la
dottrina del fascismo: vengono abbandonate le idee repubblicane e si rende il
fascismo più favorevole alla monarchia (ciò ha influenza sul re fascismo non
più nemico dichiarato, ma qualcosa che cerca di dare più poteri alla
monarchia).
Gennaio 1922: il governo Bonomi entra in crisi per questioni tecniche (minori) e
fu istituito un nuovo governo guidato da Luigi Facta, un giolittiano.
Si tratta di un governo ancora più debole dei precedenti: continuano e
aumentano le violenze fasciste, risposta alle quali nel giugno 1922 i sindacati
proclamarono lo sciopero legalitario contro le violenze fasciste. Tale sciopero fu
un fallimento sciopero dei mezzi percepito come un danno tanto che i
fascisti si sostituirono agli scioperanti permettendo alle istituzioni di funzionare.
In questo contesto “matura” la marcia su Roma!
Mussolini sfruttò