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7. I BENI RELATIVI ALL'IMPRESA E IL LORO VALORE FISCALMENTE RICONOSCIUTO.
Occorre porre la definizione di beni «relativi all'impresa», essendo, tale definizione, necessaria ai fini della determinazione del reddito d'impresa; i
componenti positivi e negativi che concorrono a determinarlo sono infatti collegati a tali beni. Qualificare un bene come relativo all'impresa significa che
esso è soggetto al sistema di regole che concernono il reddito d'impresa (in tema di costi, ricavi, plusvalenze, rimanenze, ecc.).
I beni «relativi all'impresa» sono classificati, nello stato patrimoniale, come attivo circolante o come immobilizzazioni.
Nell'attivo circolante sono compresi i beni-merce, cioè i beni alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa. La cessione dei beni-
- merce genera ricavi. I titoli di partecipazione in società di capitali (o altri enti commerciali) fanno parte dell'attivo circolante quando costituiscono
un impiego transitorio di liquidità (per cui sono destinati ad essere rivenduti); in tal caso, sono equiparati alle merci e, quindi, la loro cessione
genera ricavi.
Nelle immobilizzazioni sono compresi i beni strumentali, cioè i beni inseriti nel processo produttivo dell'impresa in modo durevole e, per tale
- ragione, destinati a fornire il proprio contributo alla produzione del reddito di più esercizi. I titoli di partecipazione in società di capitali (o altri enti
commerciali) fanno parte delle immobilizzazioni finanziarie (o attivo immobilizzato) quando costituiscono un investimento durevole; la loro
cessione genera plusvalenze o minusvalenze.
Nelle immobilizzazioni sono compresi anche i beni meramente patrimoniali, che sono una categoria residuale, da individuare per esclusione
rispetto ai beni-merce e rispetto ai beni strumentali.
La cessione dei beni strumentali e dei beni patrimoniali genera, come vedremo, plusvalenze o minusvalenze (Tuir, artt. 86 e 101) s5.
Per stabilire la categoria di appartenenza di un bene (e, dunque, se genera ricavi o plusvalenze), bisogna aver riguardo alla sua relazione con l'attività
dell'impresa, non al bene in sé: un macchinario o un immobile sono beni-merce per l'impresa che li costruisce; sono, invece, beni strumentali per
l'impresa che li acquista per usarli.
Per le partecipazioni e i titoli bisogna avere riguardo al bilancio: come regola generale, essi costituiscono immobilizzazioni finanziarie quando sono
iscritti come tali nell'attivo dello stato patrimoniale.
8. I PRINCIPI GENERALI DEL REDDITO D'IMPRESA. IL PRINCIPIO DI COMPETENZA.
A) Il Testo unico pone delle norme generali, tra cui, in primo luogo, il principio di competenza, che si applica quando le singole norme non prevedono
diversamente.
L'attività d'impresa è un continuum, che convenzionalmente viene frazionato in esercizi sociali annuali. Ad ogni esercizio corrisponde un periodo
d'imposta. I componenti del reddito d'impresa sono imputati temporalmente ad un dato periodo d'imposta, in base al principio di competenza
economica. Secondo tale principio, assume rilievo il momento in cui si verifica il fatto economico-gestionale da cui deriva il componente reddituale:
i ricavi devono essere imputati all'esercizio in cui sono conseguiti in senso economico, ossia quando avviene lo scambio con i terzi;
- i costi assumono rilievo quando sono realizzati i ricavi che contribuiscono a produrre ("principio di correlazione" dei costi ai ricavi).
-
L'opposto del principio di competenza è il principio di cassa, in base al quale i componenti di reddito assumono rilievo quando avvengono i pagamenti
(dei componenti negativi) e gli incassi (dei componenti positivi); in altri termini, ha rilievo il momento finanziario.
Il Tuir, pone il principio generale di competenza stabilendo che ricavi, spese ed altri componenti positivi e negativi «concorrono a formare il reddito
nell'esercizio di competenza».
Segue la disciplina di imputazione temporale di specifici componenti di reddito:
a) In particolare, per le cessioni di beni mobili, i corrispettivi si considerano conseguiti alla data della consegna o spedizione (però, se l'effetto
traslativo si verifica in seguito, ha rilievo la data successiva in cui si verifica l'effetto traslativo);
b) I corrispettivi delle cessioni di immobili e aziende si considerano conseguiti alla data di stipulazione dell'atto (ma, se è successiva, vale la data in
cui si verifica l'effetto traslativo).
c) Il ricavo delle prestazioni di servizi è da imputare all'esercizio nel quale la prestazione è ultimata.
Gli stessi criteri valgono per i costi: se viene acquistato un bene (mobile o immobile), il costo è da imputare all'esercizio nel quale si verificano gli eventi
già indicati per i ricavi; analogamente, per il costo dei servizi, vale la data di ultimazione.
Le regole ora indicate fissano la competenza temporale, cioè la data in cui i costi si considerano sostenuti e quella in cui i ricavi si considerano
conseguiti.
I costi non sono tutti deducibili nel periodo in cui si considerano sostenuti: il principio di competenza economica comporta che i costi siano correlati ai
ricavi, per cui devono essere dedotti nell'esercizio, o negli esercizi, in cui sono conseguiti i ricavi che concorrono a produrre. I costi pluriennali devono
essere dedotti nei diversi esercizi in cui concorrono a produrre i ricavi.
Le norme in materia di competenza determinano una variazione temporanea. Ad esempio, la norma che impone di differire un costo, quando,
nell'esercizio di competenza, non è certo nell'esistenza e oggettivamente determinabile nell'ammontare, produce una variazione (in aumento) di natura
temporanea, perché destinata ad essere controbilanciata quando il costo, divenuto certo e determinabile, sarà dedotto ai fini fiscali (con una variazione,
quindi, in diminuzione del reddito fiscale rispetto al conto economico).
Vi sono poi variazioni con effetti permanenti: ad esempio, se vi sono proventi esenti, o partecipazioni che fruiscono del regime di esenzione, ciò
comporta in via definitiva l'indeducibilità dei costi relativi.
Vi sono norme che derogano al principio di competenza; vi è, insomma, una competenza fiscale che diverge da quella economico-civilistica.
I costi sono deducibili nell'esercizio di competenza solo se sono certi nell'an ed oggettivamente determinabili nel quantum; se non sono certi e
oggettivamente determinabili devono essere dedotti nel successivo periodo in cui divengono certi e quantificabili con criteri oggettivi.
Ciò dimostra che diritto tributario e diritto civile seguono criteri diversi: il primo "ammette" i costi solo se sono certi ed oggettivamente determinabili; il secondo
"impone" la rilevazione dei costi, anche se sono soltanto probabili. Il diritto tributario tutela il fisco, il diritto civile tutela altri interessi, e quindi segue il "criterio di
Anche i ricavi, quando non sono certi ed oggettivamente determinabili, non sono da computare ai fini fiscali nell'esercizio di competenza , ma nel
successivo esercizio in cui la loro esistenza diviene certa ed il loro ammontare determinabile in modo oggettivo; per i ricavi, perciò, non vi è divergenza
tra disciplina civilistica e disciplina fiscale, dato che, anche in sede civilistica, devono essere computati solo ricavi effettivamente conseguiti.
Deroghe al principio di competenza concernenti i componenti positivi sono previste:
per gli utili derivanti dalla partecipazione in società ed enti soggetti all'Ires, che concorrono a formare il reddito nell'esercizio in cui sono
- percepiti;
per le plusvalenze dei beni relativi all'impresa, la cui tassazione puo avvenire non nel periodo in cui sono conseguite, ma in modo dilazionato;
- per le sopravvenienze attive conseguite a titolo di contributo o liberalità, che concorrono a formare il reddito imponibile per intero nell'esercizio in
- cui sono incassate o, a scelta del contribuente, in quote costanti al massimo in cinque esercizi, a partire da quello di incasso.
Data l'autonomia dei periodi d'imposta, le violazioni del principio di competenza possono comportare la perdita della possibilità di dedurre un costo, non
contabilizzato nell'esercizio di competenza, quando l'Amministrazione ne disconosca la deducibilità in quel periodo. Può anche accadere che il
contribuente subisca la doppia tassazione di un ricavo, quando lo ha contabilizzato in un esercizio non di competenza e l'Amministrazione lo accerti
come omesso nel periodo di competenza.
Queste conseguenze sono però temperate dal principio secondo cui il contribuente può chiedere la restituzione della maggiore imposta, pagata per
l'esercizio non di competenza, nel termine di prescrizione, decorrente dalla data del giudicato che respinge il ricorso contro un avviso di accertamento
fondato sulla violazione del principio di competenza, in applicazione del principio secondo cui la prescrizione comincia a decorrere da quando il diritto
può esser fatto valere.
I COMPONENTI POSITIVI. I RICAVI.
Le norme in materia di componenti positivi disciplinano:
a) i criteri identificativi dei diversi tipi di componenti;
b) le fattispecie che ne determinano la rilevanza;
c) i criteri di determinazione.
Sono ricavi i corrispettivi delle cessioni di beni compresi nell'attivo circolante, e rientranti nella categoria dei "beni-merce", ossia, secondo il dettato
legislativo:
i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa;
i corrispettivi delle cessioni di materie prime, di semilavorati e altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere
impiegati nella produzione;
i corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di partecipazione in società, quando sono equiparate alle merci.
Sono ricavi le indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento di beni, la cui cessione
genera ricavi, se conseguiti nel medesimo periodo di imposta in cui si è verificato l'evento dannoso; se conseguiti dopo, costituiscono sopravvenienze
attive.
Si configura un ricavo, infine, quando il bene-merce fuoriesce dall'impresa senza corrispettivo, come accade ne caso di "autoconsumo" da parte dei soci
(mediante assegnazione del bene merce) e, più in generale, di destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'impresa (ad esempio, cessione
gratuita).. Mancando il corrispettivo, il ricavo è pari al valore normale del bene.
9.1. LE PLUSVALENZE PATRIMONIALI.
Le plusvalenze patrimoniali riguardano, in via residuale, i "beni diversi dai beni merce" (ossia strumentali e patrimoniali).
La plusvalenza è la differenza positiva tra due valori dello stesso bene in due momenti diversi. Le plusvalenze son