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Statistica inferenziale
La statistica inferenziale, invece, parte da un’ipotesi e utilizza il campione per stimare se i risultati possano essere estesi
all’intera popolazione.
Ad esempio, se vogliamo verificare l’ipotesi che gli studenti di psicologia abbiano livelli di depressione più alti rispetto a
quelli di ingegneria, raccoglieremo dati su entrambi i gruppi e utilizzeremo strumenti statistici per confermare o smentire
l’ipotesi.
Finalità della statistica inferenziale: l’obiettivo principale della statistica inferenziale è generalizzare i risultati ottenuti dal
campione all’intera popolazione, con un certo grado di probabilità.
In altre parole, la statistica inferenziale ci dice con quale probabilità possiamo affermare che i risultati che abbiamo
trovato nel nostro campione siano validi anche per altri campioni della stessa popolazione.
La stima dell’errore, in questo caso, riguarda l’affidabilità dei risultati e la generalizzabilità a tutta la popolazione.
Differenze tra statistica descrittiva e inferenziale
Statistica descrittiva: ci permette di descrivere i dati di un campione e calcolare l’errore che riguarda la precisione della
misurazione.
Non ci interessa fare affermazioni generali sulla popolazione, ma solo ottenere un quadro chiaro e accurato del
campione che abbiamo analizzato.
Statistica inferenziale: ci permette di fare inferenze sulla popolazione basandoci su un campione.
La stima dell’errore, in questo caso, riguarda la probabilità che i risultati osservati nel campione siano validi per l’intera
popolazione, con il margine di errore associato.
Quindi, la statistica inferenziale è utile quando vogliamo generalizzare i nostri risultati da un campione a una popolazione
più ampia.
Scienza come processo in evoluzione
La scienza è un processo in continua evoluzione, caratterizzato dalla possibilità di essere sottoposta a critiche e revisioni.
Il suo obiettivo è produrre idee che possano essere messe alla prova nel modo più efficace possibile, sempre con la
consapevolezza che, in futuro, qualcuno potrebbe confutare una teoria precedentemente accettata.
Questo è accaduto, per esempio, con la teoria della relatività, che ha ridefinito la fisica superando alcune idee della
meccanica classica.
Anche in psicologia esiste questa possibilità: le teorie e le ricerche possono essere messe in discussione, soprattutto se
non sono state sviluppate con metodi rigorosi.
Per questo motivo, è fondamentale comprendere a fondo le metodologie che permettono di dimostrare un’idea e di
pubblicare articoli scientifici validi.
Razionalismo critico di Karl Popper
Il razionalismo critico di Karl Popper si basa sull’idea che una teoria scientifica deve poter essere messa alla prova e, se
necessario, smentita.
Questo principio è noto come criterio di demarcazione, ovvero il confine che distingue la scienza dalle altre forme di
conoscenza, come la metafisica o la pseudoscienza.
Secondo Popper, una teoria è scientifica solo se è falsificabile, cioè se esiste almeno un esperimento o un’osservazione
che potrebbe dimostrare che è sbagliata.
Un altro punto fondamentale del pensiero di Popper è che la ricerca scientifica non parte semplicemente
dall’osservazione della realtà, ma da un problema.
La scienza procede cercando di risolvere problemi attraverso ipotesi che vengono testate empiricamente.
Questo significa che il metodo scientifico non è un processo puramente induttivo (che parte dai dati per arrivare a una
teoria), ma piuttosto un processo ipotetico-deduttivo, in cui si formulano teorie e si cercano modi per metterle alla prova.
La scienza, quindi, non arriva mai a una verità assoluta, ma avanza attraverso un continuo processo di tentativi ed errori:
si propongono ipotesi, si eseguono esperimenti per verificarle e, se necessario, si correggono o si abbandonano quelle
che non funzionano.
Questo continuo miglioramento porta a teorie sempre più precise e affidabili, ma mai definitive.
Approccio fisheriano (o falsificazionista)
Uno degli approcci fondamentali in psicologia è l’approccio falsificazionista, che si basa sul principio di falsificabilità.
Un’idea è scientifica solo se può essere sottoposta a verifica e, eventualmente, confutata.
Se un’ipotesi si presenta come una verità assoluta, senza possibilità di essere testata e smentita, allora non può essere
considerata scientifica.
A questo principio filosofico, elaborato da Karl Popper, si collega l’approccio fisheriano, sviluppato da Ronald Fisher, che
fornisce strumenti pratici per mettere alla prova le ipotesi scientifiche.
Secondo questo approccio, la dimostrazione scientifica funziona in modo sequenziale: ogni passaggio deve essere
sottoposto a critiche e verifiche da parte di altri scienziati.
L’obiettivo è dunque quello di garantire una verifica continua di ogni fase del processo scientifico.
In questo modo, mentre Popper si concentra sulla possibilità di falsificazione come criterio per distinguere la scienza
dalla non-scienza, Fisher fornisce un metodo empirico per testare concretamente le ipotesi, stimando la probabilità che
un risultato possa essere spiegato dal caso.
Entrambi gli approcci, sebbene diversi, concorrono a definire un metodo scientifico rigoroso, in cui le teorie devono
essere testabili, verificabili e potenzialmente confutabili.
Passaggi della statistica inferenziale
I passaggi della statistica inferenziale condivisi dalla comunità per permettere a tuti di replicare il procedimento sono:
1) Formulazione dell’ipotesi sperimentale (H1):
La prima fase consiste nell’enunciare chiaramente l’ipotesi da dimostrare.
L’esperimento viene effettuato solo dopo che l’ipotesi è stata formulata.
Per essere considerata scientifica, un’ipotesi deve rispettare alcuni criteri fondamentali:
-definizione chiara dell’oggetto di studio;
-metodo di misurazione specifico;
-campione ben definito;
-relazioni ben strutturate tra le variabili;
-precisione e completezza;
-semplicità e interpretabilità.
Ci sono diversi motivi per cui una teoria potrebbe non essere falsificabile e quindi non rientrare nel metodo scientifico:
-scarsa precisione: se una teoria non definisce con esattezza i suoi concetti, le relazioni tra le variabili e il modo in cui
misurarle, diventa impossibile testarla in modo rigoroso.
-incompletezza: una teoria che lascia fuori elementi essenziali o che non fornisce criteri chiari per la sua applicazione
non può essere sottoposta a una verifica sperimentale adeguata.
Se una teoria non è abbastanza dettagliata da permettere di fare previsioni concrete, non è possibile metterla alla prova.
-eccessiva complessità: se una teoria è così complessa da non poter essere testata in modo chiaro e riproducibile,
diventa difficile verificarne la validità.
A volte, alcune teorie sono costruite in modo così complicato che possono sempre essere adattate ai risultati, evitando
così il rischio di essere falsificate.
Questo le rende più simili a sistemi di credenze che a teorie scientifiche.
All’interno dell’approccio fisheriano, è possibile formulare solo due tipi di ipotesi:
-ipotesi di differenza: si basa sul confronto tra due o più gruppi (ad esempio, si potrebbe studiare se le persone con una
determinata psicopatologia presentano caratteristiche diverse rispetto a chi non ha quella psicopatologia);
-ipotesi di relazione: analizza l’associazione tra due o più variabili (ad esempio, si può verificare se la presenza di una
psicopatologia è associata ad una maggiore tendenza a sviluppare idee estremiste).
Secondo l’approccio di Fisher, non possiamo dimostrare direttamente l’uguaglianza.
Questo è dovuto a:
-limiti degli strumenti di misura: ogni strumento scientifico ha un margine di errore, quindi anche se due fenomeni fossero
identici, non potremmo mai dimostrarlo con assoluta certezza;
-oscillazioni casuali: i dati raccolti presenterebbero sempre piccole variazioni, anche quando le misurazioni teoricamente
dovrebbe essere uguali;
-impossibilità di dimostrare l’uguaglianza assoluta: dal punto di vista statistico, l’uguaglianza rappresenta un solo caso
specifico (una differenza esattamente pari a zero) e altamente improbabile.
Esempio
Se misuriamo l’intelligenza di diverse persone, anche se due individui avessero esattamente lo stesso livello di
intelligenza, i nostri strumenti non lo rileverebbero con precisione assoluta.
Ci saranno sempre piccole oscillazioni dovute al caso o all’imprecisione dello strumento.
Nel contesto scientifico e statistico, si parte dall’idea che esistano infinite alternative.
Questo significa che, se cerchiamo di dimostrare l’uguaglianza tra due condizioni o fenomeni, ci troveremo di fronte ad
una difficoltà insormontabile: ogni volta che cerchiamo di confermare questa uguaglianza, scopriamo nuove variabili e
possibilità che impediscono di dimostrarla in modo definitivo.
Dunque non andiamo a dimostrare che la nostra ipotesi sia vera, perché le differenze esistono sempre in qualche misura
(anche minime, dovute al caso).
Quello che facciamo, invece, è confrontare le differenze osservate con quelle che ci aspetteremmo se l’uguaglianza
fosse vera.
In questo contesto entra in gioco il concetto di ipotesi nulla (H0), che rappresenta l’assunto di base secondo cui non
esiste alcuna differenza reale tra i gruppi o le situazioni che stiamo confrontando.
2) Formulazione dell’ipotesi nulla (H0):
L’ipotesi nulla è l’ipotesi opposta a quella che vogliamo verificare, l’ipotesi la cui accettazione renderebbe falsa l’idea da
verificare (complementare dell’ipotesi iniziale).
Così, se intendiamo dimostrare che un certo parametro presenta una differenza di genere, la relativa ipotesi nulla sarà
l’uguaglianza di quel parametro in maschi e femmine.
L’ipotesi nulla è in genere un’ipotesi di uguaglianza o di assenza di relazione.
L’esperimento cerca di dimostrare che l’ipotesi nulla è falsa e, nel caso abbia successo, conclude, che essendo stata
dimostrata falsa l’uguaglianza, è da considerare mostrata l’esistenza di una differenza.
Ipotesi nulla vera Ipotesi nulla falsa
L’esperimento falsifica l’ipotesi nulla errore di I tipo o errore α corretto
L’esperimento non falsifica l’ipotesi nulla corretto Errore di II tipo o errore β
Errore di I tipo o errore α
L’esperimento falsifica l’ipotesi nulla quando in realtà è vera.
In altre parole, si conclude che esiste un effetto o una differenza quando in realtà non c’è.
Esempio e