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Peter se ne andò», tanto che è lecito uno scambio del tipo: x: «Quindi Peter se ne è andato e Mary

si

è arrabbiata?», y: «No, Mary si è arrabbiata e Peter se ne è andato». Grice ne era in qualche

modo

consapevole, tanto che in una parte delle William James Lectures prende in considerazione un

esempio in cui chiaramente qualcosa che voleva trattare come un’implicatura contribuisce alle

condizioni di verità, e afferma: «Temo di non vedere ancora quale difesa, se c’è, si possa opporre a

questa obiezione».

In Relevance, Sperber e Wilson suggeriscono una possibile difesa. Il problema di Grice nasce dal

suo

assunto che l’unico modo in cui i principi pragmatici possono contribuire all’interpretazione degli

enunciati è dando origine alle implicature. Grice sosteneva, insomma, che il contenuto vero-

condizionale di un enunciato fosse recuperato in gran parte attraverso il processo di decodifica, e

sembra che non gli sia venuto in mente che il suo Principio di Cooperazione e le sue massime

potessero svolgere un ruolo nel determinare anche ciò che viene detto (il livello esplicito e non solo

quello implicito). Robyn Carston ha mostrato come una serie di “implicature” griceane, tra cui le

connotazioni temporali e causali di (1) e (2), possano essere considerate aspetti pragmaticamente

determinati di ciò che viene detto: secondo la studentessa, dunque, i principi pragmatici

contribuiscono al contenuto delle condizioni di verità in misura molto maggiore di quanto Grice

sosteneva.

[In sostanza: le connotazioni temporali e causali si desumono dal conteso, quindi si tratta di aspetti

pragmatici (come diceva Grice), però sono delle “implicature” che non fanno parte del

“significato

implicito”, ma di quello “esplicito” (per cui i principi pragmatici contano di più di quanto

sostenesse

Grice), e quindi determinano anche il contenuto vero-condizionale degli enunciati].

Il problema della sequenza e la massima “Sii ordinato”

La soluzione di Grice al problema della sequenzialità si basa sulla massima “sii ordinato”, che

istruisce i parlanti a raccontare gli eventi nell’ordine in cui sono accaduti.Si tratta, tuttavia, di una

massima che presenta alcune problematiche:

Non fornisce alcuna soluzione né al problema dell’intervallo né a quello della causa-

conseguenza,

di cui si è detto prima;

Impone all’interpretazione degli enunciati dei vincoli troppo forti. In un enunciato ci sono quattro

modi logicamente possibili in cui gli eventi o gli stati possono essere temporalmente correlati:

(a) Il primo stato/evento citato è avvenuto prima del secondo: come in «Ho tirato fuori la chiave

e ho aperto la porta»;

(b) Le due cose sono simultanee, in enunciati come:

-Susan è minorenne e non può bere;

-Una parte del pubblico ha applaudito e l’altra ha fischiato;

-Bill sorrise. Sorrise tristemente.

Una cosa da notare è che, come mostra l’enunciato «Susan è minorenne e non può bere», il fatto

che due stati siano completamente sovrapposti non preclude la possibilità che uno sia conseguenza

dell’altro; questo si contrappone a quanto invece sostenuto da Levinson riguardo a come vengano

ricavale le correlazioni temporali e causali:

La proposta di Levinson:

“Dati p e q, prova a interpretarlo come:

(i) p e poi q; in caso di successo, prova:

(ii) p e quindi q; in caso di successo, prova:

(iii) p è la causa di q”.

Secondo Levinson, insomma, il principio di sequenzialità temporale funziona come una specie di

filtro: se gli eventi o gli stati non avvengono uno dopo l’altro, allora l’uditore non dovrebbe

neanche verificare se ci siano correlazioni di causa-conseguenza. È chiaro che questa previsione

è falsa: nell’esempio preso in considerazione, il fatto che Susan sia minorenne è la causa del suo

non poter bere, anche se i due stati sono contemporanei;

(c) Il secondo è avvenuto prima del primo, come in: «Il bicchiere si è rotto. John l’ha fatto cadere»,

«Ho colpito Bill. Mi ha insultato», «Sono stato scoperto. Il mio migliore amico mi ha tradito»;

(d) Non è pragmaticamente inteso nessun ordine, come in: «Oggi ho firmato un contratto con un

editore e ho preso un tè con un vecchio amico».

È chiaro, insomma, che la massima di Grice “Sii ordinato” è inadeguata per affrontare l’intera

gamma di casi discussi in questa sezione, ragion per cui Sperber e Wilson decidono di cercare una

soluzione generale attraverso il ricorso alla Teoria della pertinenza.

Il problema degli intervalli è un problema molto più generale rispetto a quanto abbiamo finora

visto.

Esistono molti altri tipi di casi in cui gli intervalli temporali sono lasciati aperti dalla semantica e

ristretti dalla pragmatica. Confrontiamo:

a. «Ho fatto colazione»;

b. «Sono stato in Tibet».Il parlante di «Ho fatto colazione» verrebbe generalmente inteso come se

dicesse di aver fatto

colazione quella mattina, mentre il parlante di «Sono stato in Tibet» verrebbe verosimilmente inteso

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Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

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