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COSA SUCCEDE AL TESSUTO QUANDO VIENE MESSO L’IMPIANTO?

A parità di impianto, si ha una risposta diversa, e questo dipende dalla composizione e dalle varie proprietà meccaniche del

tessuto. Infatti, si possono fare due distinzioni di quello che avviene

Nel tessuto molle

- Nel tessuto rigido

-

Questa differenza si ha a causa delle proprietà meccaniche che a loro volta dipendono da:

1. Natura dell’impianto

2. Contrazione o meno del tessuto che deriva dall’interazione dei fibroblasti con il tessuto

Nel caso di un tessuto deformabile la contrazione diventa evidente e quindi il tessuto viene deformato .

Considerando il tessuto osseo, che un tessuto duro, se si ha la contrazione dei fibroblasti, es si si contraggono ma non

generano alcuna contrazione, bensì determinano la rigenerazione del tessuto in quanto tendono a bloccare il tessuto per

evitare che si muova. (lavorano verso il processo di rigenerazione).

Tessuti molli

Si ha la deformazione di una capsula fibrotica, essendo il tessuto deformabile, esso è sottoposto ad una deformazione da parte

delle sollecitazioni che derivano dall’impianto; il tessuto inoltre si arricchisce di macrofagi, quindi si ha una iperstimola zione dei

fibroblasti a carico dell’azione dei macrofagi, i quali durante la degradazione di questa matrice, producono dei regolatori che

impattano su quelle che sono le funzioni dei fibroblasti: stimolano i fibroblasti a produrre matrice e a contrarla generando così

l’incapsulamento.

Quindi la riparazione del danno all’interno del tessuto avviene principalmente a carico dei fibroblasti che contraggono la

matrice in seguito all’attivazione dei macrofagi

Es: taglio sulla mano c’è riparazione ma poi togliendo continuamente la crosticine, si ha la formazione del tessuto

cicatriziale, anche se si sarebbe evoluta in una rigenerazione in condizioni normali

Tessuto duro

Es. osso accadono sempre gli stessi meccanismi, ossia ci sono sempre i macrofagi che aderiscono all’impianto ma la

formazione della capsula fibrotica intorno all’impianto, non provoca nessun tipo di risposte avverse all’interno del tessuto, in

quanto esso è un tessuto non deformabile; quindi, questo processo favorisce la rigenerazione del tessuto osseo o favorisce

l’adesione del nostro impianto, ossia tissue bonding e bone bonding nel tessuto osseo.

Osteointegrazione vs bone bonding

Osteointegrazione si ha un’adesione del tessuto sull’impianto. Questa adesione è mediata dal fatto che non vi è una

overstimulazione dei macrofagi, bensì essi vengono stimolati in maniera normale, per poi attivarsi in quanto non c’è nulla ch e li

attivi o li tenga attivati per un lungo periodo (non c’è un’attivazione meccanica). Si ha la rigenerazione del tessuto all’interfaccia

dell’impianto. Si parla quindi dell’integrazione dell’impianto del tessuto

Bone bondig vi è un riconoscimento chimico tra tessuto e impianto e quindi si creano dei legami stabili tra tessuto e

impianto, in virtù di quella che è l’adesione delle cellule sull’impianto (caso in cui uso nell’impianto i calcio fosfati o d egli

impianti rivestiti di idrossiapatite). Quindi si crea una struttura solidale tra impiato e tessuto, altrimenti non si riesce a trasferire il

carico.

In base al risultato che si vuole ottenere, vado a scegliere il tipo di reazione che voglio scaturire e quindi il tipo di imp ianto da

mettere.

Quando viene preferita l’osteointegrazione? →

Quando si vuole applicare una placca con delle viti per il consolidamento di una frattura placca + viti: sia integrale con

l’osso, ma che al tempo stesso stimoli una rigenerazione del tessuto intorno all’impianto e non l’adesione del tessuto

sull’impianto. Ak contrario di una protesi permanente, dove si vuole avere l’adesione. Infatti placche e viti vanno rimosse

mentre una protesi d’anca no.

Esempio di osteointegrazione impianti dentali

Verifica di osteointegrazione e bone bonding

Osteointegrazione si dimostra attraverso microscopia ottica o microscopia a scansioni elettroniche; quindi, vado a vedere

l’interfaccia →

Bone bonding si dimostra attraverso una serie di test, quali:

Test di sollecitazione meccanica nella sede in prossimità dell’impianto per poter analizzare il trasferimento del carico

- all’interno del tessuto e mi dice quanto l’impianto sia diventato adeso al tessuto

Valutazione di linearizzazione del tessuto in prossimità dell’impianto (nel caso dell’osso): attraverso i raggi X posso

- determinare la densità ossea nell’impianto per verificare l’adesione dell’impianto al tessuto.

questi sono due impianti di bone bonding trattati in maniera

differente: →

1. Titanio non sviluppa bone bonding

2. Idrossiapatite essendo un materiale bioattivo si ha un

bone-bonding, integrazione di tipo chimico tra tessuto e impianto

Lec. 28/0

Proprietà dello scaffold e criteri di progettazione

Bilanciamento delle varie proprietà fisiche, chimiche, meccaniche, in funzione della funzione che voglio dare allo scaffold .

I criteri di progettazione e le proprietà dello scaffold sono sovrapponibili. Le proprietà dello scaffold mi definiscono quel la che è

la bioattività. Parlare di bioattività significa parlare del metodo in cui questi scaffold sono in grado di promuovere la

rigenerazione del tessuto.

I criteri e le proprietà sono:

1. La composizione chimica

2. La struttura dei pori/architettura, quindi gli spazi tra la cellula e la matrice e come questo influisce sulla degradazione

dello scaffold che deve rispondere a un criterio e non può avvenire in maniera incontrollata, in quanto deve bilanciare

la velocità di sintesi della nuova matrice, le problematiche sono che le condizioni in vivo che posso avere all’interno

dei tessuti, sono diverse da quelle che posso avere in vitro. D’altra parte, nei miei sistemi in vitro devo avvicinarmi

sempre di più a quelle che sono le mie condizioni in vivo.

3. Velocità di degradazione

4. Proprietà meccaniche: per il rinforzo del difetto, prevenire l’infiltrazione dei tessuti circostanti nel difetto ch e possono

intervenire nel processo di rigenerazione, per non deformare lo scaffold.

1. C

OMPOSIZIONE CHIMICA

Lo scaffold deve essere in grado di intervenire sulle funzioni cellulari. Lo scaffold come funzione, interagisce con le cellu le,

permette l’adesione cellulare se ha dei siti di adesione che interagiscono con le integrine presenti sulla cellula, quindi posso

modificare le proprietà chimiche scegliendo il materiale per lo scaffold, o sottoponendo il materiale ad alcune modificazioni per

inserirne specifici siti di adesione. Questo è fondamentale perché. se non c’è il riconoscimento cellulare tra cellula -scaffold non

c’è una corretta adesione e quindi non ci può essere migrazione, mitosi e sintesi della nuova matrice.

Altro aspetto che impatta sulla chimica è la velocità di degradazione, perché se il materiale principale dello scaffold si degrada,

allora porterà l’intero scaffold a degradazione.

Questi aspetti sono dunque correlati tra di loro, quindi non sono indipendenti.

Molto dipende dalla scelta del materiale con cui realizzare lo scaffold:

selezione dello scaffold:

• gold standard: prima scelta del materiale che è già approvato per l’utilizzo in ambito medicale (FDA approved che

rilascia l’autorizzazione al commercio ai prodotti in campo medico-farmaceutico). In quanto è già stata valutata la

sicurezza di questo materiale e quindi posso utilizzarlo per un altro scopo (es. PLA-PGA ovvero acido polilattico e acido

poliglicolico che sono già autorizzati, si utilizzano nel filo da sutura, soprattu tto in quelli biodegradabili. La

combinazione dei due, mi permette di modulare le proprietà di degradazione). La limitazione da ciò che ne deriva è

che la banca dati di materiali utilizzabili è ristretta.

• Utilizzare materiali naturali della matrice extrace llulare, il problema è che essendo di origine animale, posso

contaminare l’uomo con eventuali batteri o agenti esterni, presenti nel tessuto animale. Inoltre, non tutte le matrici

sono compatibili con l’ambiente religioso (ad esempio una popolazione che non mangia maiale, non ammette

questo tessuto animale per la costruzione di valvole o altre parti dell’organismo).

• Andare verso strutture che siano biomimetiche o analoghe alla matrice extracellulare: intervengo con dei processi per

utilizzare dei materiali simili

• Utilizzo di materiali (biopolimeri) in soluzione o in combinazione con sequenze amminoacidiche che formano degli

agglomerati

• Possibilità di utilizzare dei polimeri sintetici: strutturo il polimero in maniera opportuna per affidarli determinate

composizioni chimiche. Questo però ha bisogno dell’approvazione dell’FDA in quanto è un materiale di cui si deve

controllare la sicurezza

Differenza tra materiali di origine sintetica e materiali di origine naturale

• I polimeri sintetici ci permettono di modulare in maniera precisa e opportuna le loro proprietà, in quanto siamo noi a

controllarne la loro chimica (peso molecolare, grado di reticolazione, presenza o meno di gruppi funzionali) ed è il

caso di PLA-PGA.

Contro dei polimeri sintetici: non hanno dei segnali che possono riconoscere le cellule; quindi, devo inserirli io

• Polimeri naturali: hanno lo svantaggio delle variazioni batch-to-batch (alimentazione dell’animale e altri fattori possono

essere differenti)

Quindi variazione della fibrina, collagene etc. ma sono riconoscibili dalle cellule, inoltre, hanno il vantaggio di essere

simili alla membrana extracellulari in quanto ne contengono i componenti della stessa.

I polimeri naturali oltre che da mucche, maiali etc. possono anche essere ricavati da pesci o molluschi e ciò è più

conveniente in quanto i loro tessuti sono meno contaminati, e questo impatta sulla sicurezza del materiale.

Polimeri naturali

Ci sono dei batteri che in condizioni di stress producono dei

polimeri all’interno della loro membrana (detti endopolimeri).

Nel caso di utilizzo di polimeri sintetici: possono essere modificati

attraverso la presenza di siti di adesione specifici per le cellule.

Quindi attraverso sequenze peptidiche, create in laboratorio,

che richiamano i siti di adesione presenti sulla matrice

extracellulare. Il vantaggio è che posso dosare la presenza di

questi siti; quindi, posso creare delle densità maggiore di questi

peptidi per creare delle proprietà.

2. P OROSITÀ E ARCHITETTURA DELLO SCAFFOLD

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
90 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/17 Istologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher manuelaciard0 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Ingegneria tissutale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università del Salento o del prof Demitri Christian.