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RISCHI PER LA SALUTE ASSOCIATI CON L'AMBIENTE CHIRURGICO
La presenza di rischi per la salute in sala operatoria include:
• l'esposizione a sangue e liquidi corporei (tutti i pazienti devono essere considerati come
infetti, dato che potremmo non esserne a conoscenza, legittimo è usare il doppio guanto)
• i rischi associati all'uso di fasci laser
• l'esposizione al lattice, alle radiazioni ionizzanti e agli agenti tossici (anestetici,
chemioterapici, fumi elettrochirurgia ecc…)
APPROCCI CHIRURGICI ED ENDOSCOPICI
La scelta dell’approccio chirurgico tiene in considerazione aspetti anatomici, con strutture
nervose, vascolari e presenza di lesioni, aspetti strategici, i quali invece possono riguardare
variabili come età, sensibilità per l’estetica, sport svolto per capire come è meglio intervenire
ecc… Oltre che ovviamente aspetti per agevolare l’intervento.
Nella preparazione del campo operatorio si va ad effettuare antisepi su una zona più
ampia di quella coinvolta e si posizionano i telini intorno, si usa clorexidina al 2% o
iodopovidone, se non ci sono allergie è più indicata la prima. Si può utilizzare il chloraprep o
i batuffoli. A volte vengono usati i plastic adhesive drapes, telini sterili sul tratto chirurgo che
devono essere imbevuti di iodopovidone, altrimenti invece che diminuire la proliferazione
batterica la aumentano a causa della sudorazione.
Alcuni esempi di incisione a addome
b intervento più ridotto all’addome
c laterale del muscolo retto (in base al
distretto dell'addome da operare)
f per appendicectomia open
g per interventi all’ernia inguinale
h può essere fatta ovunque in base
all’intervento e vanno ad interrompere
i muscoli.
A livello toracico:
b si va ad aprire lo sterno b interventi alla tiroide
c un’incisione a losanga si allarga nella parte
centrale e va a chiudersi alle periferie, in
modo da garantire una linea di riparazione
tissutale
g parto cesareo (anche se a volte si usa la
sovra ombelico-pubica)
f accesso alle vene iliache (interventi
vascolari)
Se si fa un reintervento si utilizzano sempre le incisioni fatte in precedenza.
LA CHIRURGIA MININVASIVA
Con questo approccio cerchiamo di fare in modo di ridurre il più possibile l’area incisa,
andiamo ad operare con le telecamere e strumenti per una minore invasività possibile, che
permette di lavorare dall’esterno dell’anatomia. La camera di lavoro viene creata tramite
insufflazione di gas o esclusione polmonare, infatti le cavità del corpo risultano così come le
immaginiamo solo se al loro interno è presente materiale o gas.
Questa metodica porta numerosi vantaggi come la riduzione del dolore postoperatorio, la
rapida canalizzazione e rialimentazione, minor allettamento, riduzione dei tempi di degenza
con inferiori costi e discomfort del paziente, minori complicanze postoperatorie come
infezioni, la cui frequenza è ridotta, minori perdite ematiche.
Dobbiamo considerare però anche i possibili svantaggi come l’assenza del feedback tattile,
che viene in parte superata con l’esperienza ma che torna spesso utile, la curva di
apprendimento iniziale per l’operatore, dato che oltre a dover imparare le tecniche
chirurgiche bisogna comprendere anche altri strumenti, esistono infatti sistemi di
simulazione robotici con cui esercitarsi, abbiamo infine il costo delle apparecchiature,
discorso che si faceva soprattutto in passato quando queste tecnologie non erano diffuse
nelle strutture.
Ci sono poi delle controindicazioni, situazioni nelle quali per il paziente può essere
controindicato l’approccio mininvasivo, come per motivi anestesiologici per es. per severa
cardiopatia (la chirurgia minivasiva richiede generalmente tempi maggiori, anche se ogni
cardiopatia è valutata nello specifico per ogni situazione), coagulopatia e vasculopatia (se la
persona sanguina abbiamo più difficoltà a bloccare il sanguinamento in laparoscopia,
l’infermiere deve infatti preparare alla conversione, cioè al passaggio in urgenza ad un
intervento open), per il bulky tumor, cioè masse tumorali di grosse dimensioni, o situazioni di
impossibilità di accesso alla cavità addominale come i disastri di parete (situazioni nelle quali
si sono effettuate numerose tomie con sostituzione in tessuto fibroso nella guarigione,
l’addome non ha più elasticità, quando andiamo ad inserire CO2 per rendere reale quella
cavità virtuale si noterà la differenza e occorre evitare questa situazione).
LA CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
All’interno di una sala in cui si esegue chirurgia laparoscopica occorre un monitor, una fonte
luminosa per illuminare le strutture, che occupa uno degli accessi, mentre un altro è
occupato dalla telecamera. Abbiamo poi un accesso per l’insufflatore di
CO2. Il trocar ci permette di inserire in sicurezza gli strumenti all’interno,
infatti durante l’intervento vengono rimossi e reinseriti più volte, occorre
quindi in primis inserire questo mediatore per non causare lesioni. La
pinza laparoscopica permette di intervenire dall'esterno col suo lungo
corpo, mentre l’ago di Verrès ha dimensioni più ridotte e permette di
inserire il gas per effettuare il pneumoperitoneo.
La coagulazione monopolare è il classico bisturi elettrico, che permette di tagliare e
coagulare, questo va utilizzato sottocute mentre il taglio iniziale viene fatto col classico
bisturi, dato che attraverso il bisturi elettrico passa della corrente che effettua un
danneggiamento termico, il quale produrrebbe un’ustione di elevata entità. Nel sottocute e
nel muscolo il danno termico non determina difficoltà estetiche. Dobbiamo avere un elettrodo
attivo, sulla punta del bisturi elettrico, e uno neutro con piastra di scarico, applicato su una
sede con buona massa muscolare, dato che ogni volta che si interviene con corrente sul
paziente, questa deve essere scaricata. I sistemi di sicurezza non ci permettono di azionare
lo strumento monopolare senza aver posizionato la piastra.
La coagulazione bipolare vede anch’essa un sistema elettrico, con la corrente che però
entra da una parte della pinza e viene chiusa nell’altro polo della pinza, quindi non occorre
una piastra dato che il circuito si chiude all’interno della pinza. Solitamente però bisogna
comunque posizionare la piastra, dato che vengono utilizzati entrambi gli strumenti. Perché
servono entrambi se coagulano tutti e due? Il bisturi elettrico serve per tagliare anche se può
danneggiare in alcune situazioni strutture nervose.
In casi come questo possono venirci in aiuto anche ultrasuoni e radio frequenze, sistemi
bipolari che permettono di coagulare con minor danno possibile, l’unico sistema che
permette un taglio efficace però è la coagulazione monopolare, gli altri sistemi sono
solitamente usati per coagulare e non per tagliare. Lo stesso strumentario è utilizzato anche
in laparotomia.
Il sistema di coagulazione monopolare produce fumo, quindi si cerca di utilizzarlo il meno
possibile sebbene sia molto più efficace delle altre metodologie. Ad aiutare vi è
un'aspirazione continua per permettere il ricambio dell’aria.
La possibilità alternativa è quella di tagliare a freddo o con corrente intermittente azionata
tramite pulsanti all'occorrenza.
È possibile entrare in addome con tecnica blinded, che è abbastanza in
disuso e prevede di infilare l’ago di Verres con il quale è possibile iniziare
ad inserire gas a cieco, o con tecnica open, che permette di accedere
tramite una piccola incisione a ridosso dell'ombelico con cui si inizia ad
inserire la CO2. Attraverso la visione della telecamera data dalla presenza
del primo taglio vengono inseriti gli altri trocar e, una volta inseriti tutti, si procede con
l’effettivo pneumoperitoneo con l’aumento delle pressioni fino alla pressione massima
possibile per quel paziente. Non possono esserci meno di 3 trocar poiché ne servono due
operativi, serve la telecamera e l'inserimento del gas, le cui pressioni devono essere
monitorate all’esterno. Occorre così monitorare pressione esercitata sulla cavità e flusso
di CO2, non dovrebbero essere superati per lungo tempo i 15 mmHg e il flusso deve essere
intorno al L/min per non andare incontro alle complicanze.
La chirurgia robotica viene effettuata sempre in laparoscopia col chirurgo che gestisce il
tutto da una console, sul campo abbiamo lo strumentista e spesso un secondo chirurgo. I
vantaggi riguardano la possibilità di avere più di due braccia fino a quattro, permettendo
anche minor ricambio di strumenti flinando meno gli strumenti dalle cavità poiché ciò che mi
serve è già all’interno in un altro braccio. Il chirurgo con la sua visione è come se fosse
all’interno dell’addome grazie all’ingrandimento delle strutture per una gestione facilitata.
La prostatectomia radicale ha richiesto spesso una compromissione nervosa, il nervo può
essere perso in alcuni casi ma viene più spesso risparmiato con l’utilizzo di questa
tecnologia.
CHIRURGIA ENDOSCOPICA
In questo approccio il principio non è effettuare dei tagli, ma utilizzare le cavità naturali
dell’organismo. I tre principali esami sono l’endoscopia digestiva, la colonscopia e la
broncoscopia.
Con l’esofagogastroduodenoscopia effettuiamo l’endoscopia digestiva per effettuare
diagnosi di questi distretti. Nel fornire il consenso informato il medico si informa su chi
potrebbe usufruire di sedoanalgesia o nora, un’anestesia che non viene fatta in sala
operatoria ma in sede ambulatoriale tramite benzodiazepine o ipnotico se presente
l’anestesista. La persona deve aver fatto una cena leggera a aver sospeso per almeno un
mese gli inibitori di pompa protonica poiché creano una patina biancastra che non
permette di avere una visione completa dei distretti. Inoltre in una gastrite ad esempio
potremmo non identificare al meglio i sintomi, che potrebbero essere ridotti dal farmaco. Al
paziente che dichiara di aver continuato ad assumere il farmaco non avrebbe senso
eseguire l’indagine, e quindi non la si deve svolgere.
La colonscopia prevede un accesso anale per effettuare diagnosi del colon e dell’ileo
terminale superando la valvola ileo-ciecale. La preparazione intestinale qui ha l’obiettivo di
svuotare completamente l’intestino, a differenza di quanto avviene nella chirurgia classica,
deve essere eseguita con precisione, infatti è importante per osservare al meglio le strutture.
L’endoscopista si affida anche ad una scala, la Boston score, che val