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INFERMIERISTICA DELLA SALUTE MENTALE

In questo ambito è importante parlare di qualche cenno evolutivo in quanto la società è in

continuo mutamento e si è partiti da un concetto di malattia con una visione medico centrica

di danno d’organo, poi si è passati all’idea di salute, fino a quella di benessere, che

comprende numerosi concetti. Non interessa più solo l’organo sano perchè potrei comunque

non essere in salute e non vivere con benessere.

Ogni cambiamento di prospettiva e di teorica richiede il suo tipo di assistenza, la quale

potrebbe cambiare drasticamente, non si va a valutare più la persona solamente in base alla

malattia, ma si considera cosa quella patologia determina nella vita della persona, nel

comportamento e nella socialità (concetto di recovery), si interviene in un ambito secondo

le proprie competenze.

Il medico interviene per quanto riguarda la diagnosi e i farmaci utilizzati, la particolarità è che

questi non curano, in quanto non è presente un organo malato, ma la persona non prova

benessere, il farmaco agisce sulla sintomatologia, la quale è proprio la causa determinante

di una certa disfunzionalità nella vita della persona. Parlando di ciò che determina quella

sintomatologia nella vita della persona intervengono invece numerose figure come

l’infermiere, l’assistente sociale, l’oss ecc… Lo strumento applicabile è quello relazionale,

che prevede l’utilizzo di tecniche a partire dall’empatia, elemento funzionale per scardinare

le diffidenze, motivare la persona e rilevarne i rispettivi bisogni. In questo ambito il paziente

si deve affidare ad una persona di fiducia, una persona con la quale sa di poter stare meglio.

Il setting può essere in qualsiasi luogo, dalla casa della persona, all’ambulatorio, alla strada.

A differenza delle altre malattie, più oggettivabili, qui gli aspetti sono molto soggettivi, più

difficili da comprendere e gestire, la persona stessa con difficoltà psicologiche potrà avere

una distorsione dell’interpretazione degli stimoli reali, il comportamento adottato potrà

non essere efficace, non adattivo, cioè non adeguato e coerente rispetto alle richieste

dell’ambiente circostante. Ciò che però viene visto da noi è solo l’effetto, non sempre

vediamo lo stimolo alla base, vediamo determinati comportamenti dettati da un

interpretazione nella gestione degli stimoli, dal tentativo di autocura. Orem direbbe che la

capacità di autocura è compromessa, tanto più avviene questo processo tanto più si può

sviluppare la problematica dell’isolamento. In una malattia psichiatrica la malattia può dare

bassa difficoltà, mentre pregiudizi (gli altri isolano) e isolamento (io mi isolo) possono dare

grandissime difficoltà, il peggioramento della malattia è così causato dalla società. Nel

genere umano sono infatti fortemente radicate credenze e influenze, le quali influenzano la

nostra interpretazione del mondo e di conseguenza la persona, che si comporta

diversamente.

In antichità si pensava all’azione di forze esterne, gli Egizi davano un'origine fisica della

malattia che credevano fosse a partire dal cuore, Ippocrate nel 400 a.C inizia già a pensare

ad una questione organica dicendo che tutto proviene dal cervello, comprese le emozioni. A

Roma ci sono le insinuazioni religiose che introducono i concetti di spiritismo, demonismo,

nel medioevo avviene l'apoteosi della credenza, in cui molte cose sono interpretate con

l’essere posseduti dal diavolo e la “cura” era quindi quella di uccidere la persona.

Nel 1500 abbiamo il periodo pre-manicomiale, in Inghilterra si parte dal problema delle

grandi navi da smaltire e dalle numerose persone emarginate per le strade, tutto ciò che non

era ben visto e diverso dalla società andava in qualche modo confinato, sono infatti state

spinte queste persone su delle navi affidandone la vita al caso.

Tra il 1500 e il 1700 si inizia a ragionare non su entità esterne ma sull’essere umano, nasce

un nuovo modo di vedere le persone che si comportano diversamente, anche se si

considera sempre il problema di confinare queste persone, tutte nello stesso luogo

indipendentemente dalla problematica. Occorreva però iniziare a garantire un minimo di

sorveglianza da parte di un guardiano, nasce il prototipo di infermiere psichiatrico, anche se

qui la particolarità rispetto agli altri ambiti è che non si parte da un concetto di assistenza,

ma di controllo, e questo influenza anche oggi i pregiudizi e le interpretazioni.

Nel 1700 la situazione si evolve vedendo la persona non solo come devianza dalla società

ma osservando inizialmente la sfumatura di malattia, si iniziano ad aprire dei luoghi

considerati di cura, che venivano chiamati manicomi. Nel 1744 gli inglesi proclamano la

legge (vagrancy act) che indica di confinare una persona con disordini mentali che sembra

disposta a far male a sé stesso o ad un’altra persona, si considera di proteggere quella

persona e gli altri. Non si valuta però che considerare pericoloso un paziente psichiatrico è

solo un pregiudizio, in quanto statisticamente questo tipo di soggetto compie un numero di

delitti insignificanti rispetto al resto della popolazione, ed è al contrario spesso vittima.

Il regolamento dei manicomi portato in Italia dalle interpretazioni delle idee inglesi

conferisce alla polizia di ordinare un “ricovero immediato”, che consisteva in realtà in un

arresto, anche su segnalazione di un cittadino qualsiasi. Il tutto era correlato alla pericolosità

dell’individuo di commettere violenza contro sé stesso e gli altri.

LEGGE 14 FEBBRAIO 1904, N. 36

Art. 1.​

Debbono essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualunque causa da

alienazione mentale, quando siano pericolose a sè o agli altri e riescano di pubblico

scandalo e non siano e non possano essere convenientemente custodite e curate fuorchè

nei manicomi.

Non si parla ancora di una vera e propria cura, ma di una custodia, si veniva allontanati dalla

polizia e il direttore del manicomio, che non era uno psichiatra, prendeva le decisioni sulla

vita degli alienati. Gli infermieri non erano persone competenti, dovevano essere in grado di

limitare la libertà d’azione. Il personale è formato per assistere il personale medico, per

l’idroterapia (docce gelate), e la somministrazione di sostanze sedative (whisky, cloroformio,

paraldeide).

I primi “approcci terapeutici” riguardano la malaroterapia, con cui si faceva arrivare la

febbre a livelli fino al coma, insulino terapia, con la quale si induce coma glicemico mediante

insulina, lobotomia frontale (psicochirurgia), con interventi chirurgici, shock cardiazolico, con

induzione di crisi epilettiche mediante iniezione di cardiazol (per la schizofrenia),

elettroshock (ESK), con induzione di crisi convulsive attraverso scariche di corrente elettrica

mediante elettrodi. Quest’ultimo esiste ancora in realtà ed è un problema culturale in quanto

alcune persone lo richiedono ritenendo ad esempio il proprio parente non curabile con altri

metodi.

I primi farmaci vengono chiamati psicofarmaci, anche se questo in realtà è un pregiudizio

(non chiamo cardiofarmaco, un farmaco per problemi cardiaci), e gli infermieri devono

saperli somministrare.

Si inizia a parlare di rispetto del paziente psichiatrico e a pensare di andare oltre al

manicomio in Inghilterra nella prima metà del ‘900 e in Italia tra gli anni sessanta e gli anni

settanta, in quanto il manicomio non portava alla cura delle persone. Nel frattempo nasce la

psichiatria come disciplina universitaria, e anche l’antipsichiatria, cioè la critica delle

concezioni cliniche e biologiche della malattia mentale. La psichiatria alternativa in Italia

inizia con l’esperienza di Gorizia dove nel 1962. Basaglia direttore dell’ospedale psichiatrico

della città, avvia un’esperienza di rinnovamento che porta alla prima comunità terapeutica

italiana, mette in discussione l’istituto manicomiale e il ruolo infermieristico. Basaglia

sostiene che il manicomio con la sua organizzazione inumana, produce nuova malattia o

regressione istituzionale, che presenta maggiore gravità nel paziente psichiatrico.

LEGGE 431 DEL 1968 (LEGGE MARIOTTI)

Rinominò i manicomi in ospedali psichiatrici, ne ridefinì le dimensioni e ne ridusse i posti

letto.

-In O.P. e’ possibile entrare anche volontariamente per il ricovero coatto e si abroga

l’obbligo di annotazione nel casellario giudiziario.

-Si cerca di omologare l’ O.P. all’ospedale generale attraverso un’uguale organizzazione in

divisioni (non c’è più la distinzione tra psichiatrico e ospedale civile).

LEGGE 180 DEL MAGGIO 1978 (conosciuta come riforma Basaglia) assorbita dalla legge

833 del 1978, che istituisce il Servizio Sanitario Nazionale e l’assistenza passa dalle

province al neo servizio sanitario nazionale. La legge 180 riorganizza l’assistenza

psichiatrica ribaltandone la logica e ”crea strutture e servizi territoriali che consentano al

cittadino di vivere la crisi mantenendo i legami con la collettività”, dispone la chiusura degli

ospedali psichiatrici (fine del manicomio) e la nascita dei centri di salute mentale con

funzione di prevenzione, cura e riabilitazione delle malattie psichiatriche.

-Viene superato il concetto di pericolosità

-Abolisce la custodia del malato.

-I trattamenti sono volontari, fatta eccezione per i T.S.O (casi eccezionali normati dall’art 33

legge 833/78)

In epoca post Basaglia (anni novanta) si istituiscono i dipartimenti di salute mentale con

progetti di riabilitazione personalizzati e assistenza specializzata che avviene tramite lavoro

d’èquipe. Tutto questo avviene in una trentina d’anni, in un’epoca relativamente ristretta, va

in crisi l'identità dell’infermiere, per il retaggio culturale e di personale che si porta dietro.

www.sisism.org è la società scientifica per gli infermieri di salute mentale.

Lavorare in psichiatria significa lavorare con la relazione, non ci sono strumentazioni

fisiche, si utilizza la parola come strumento di lavoro attraverso l’utilizzo di strategie e

modalità operative al fine di cercare di portare la persona ad un adattamento il più funzionale

possibile, stimolando il cambiamento, indipendentemente dalla diagnosi. Parliamo di uno dei

pochi ambiti in cui l’infermiere può andare ad operare con totale autonomia, non c’è presa

in carico rigida e gerarchia, altrimenti il progetto terapeutico personalizzato non potrebbe

funzionare. Tutto q

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Scienze mediche MED/25 Psichiatria

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Vezz_jr di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Scienze della salute mentale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Gargiulo Andrea.
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