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CLUB DEGLI ARCHITETTI-URBANISTI
Alberto Alpago Novello (1889-1989)
Gio Ponti (1891-1979)
Giuseppe De Finetti (1892-1952)
Giovanni Muzio (1893-1982)
Questi architetti di ‘900 sono interessati alla città di Milano e alla sua storia, partecipano attivamente al dibattito sulla
trasformazione della città, sono anche accademici, molti insegnano al Politecnico di Milano e molti saranno anche
insegnanti degli architetti della generazione successiva, generazione di Giuseppe Terragni.
Questi architetti intervengono nel dibattito che ha portato tra il 26 e il 27 a bandire un concorso nazionale per cercare di
contenere e dare un ordine a questa espansione urbana ma anche alle trasformazioni del centro che rischiano di
cancellare la storia di parti della città. Questi architetti partecipano al concorso proponendo una propria idea di città, una
nuova identità per la città di Milano. Non vinceranno il concorso ma significativo il loro interesse per la dimensione
è
urbana, che però verrà completamente a meno negli architetti della generazione successiva, che trascureranno il dibattito
urbano per concentrarsi sull’architettura e sull’identità dell’architettura moderna italiana.
IL GRUPPO 7
Ubaldo Castagnoli (1902-1982)*
Luigi Figini (1903-1984)
Guido Frette (1901-1984)
Sebastiano Larco (1901-…)
Gino Pollini (1903-1991)
Carlo Enrico Rava (1903-1986)
Giuseppe Terragni (1904-1943)
* sostituito da Adalberto Libera (1903-1963
Mentre si svolge il concorso nazionale esordiscono sulla scena architettonica in un modo particolare: innanzitutto non
si presentano come architetti, ma come un gruppo, il Gruppo 7, in cui viene sacrificata l’identit del singolo in funzione
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dell’identit di un gruppo, che interviene criticamente riflettendo sulla nuova identit dell’architettura italiana e lo fa
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scegliendosi i propri maestri, che sono Le Corbusier, Behrens, Mies… che non sono i maestri consigliati dai loro
docenti, ma maestri che si sono scelti in autonomia. Questi sono tutti architetti neolaureati, Terragni 22 enne
è
quando firma i primi scritti polemici del Gruppo 7
Cit.: la relazione tra estetica e necessit , tra utilit e bellezza, sono temi molto caldi.
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Il Gruppo 7 aveva riconosciuto il merito degli architetti di Muzio per aver rotto per la prima volta con il cattivo gusto
delle architetture precedenti, ma per loro non pi abbastanza: bisogna fare un passo successivo che quello che
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propongono di fare senza rinunciare al rapporto con la tradizione, essa non scompare ma cambia aspetto, quindi non è
pi un riferirsi alla tradizione che passa attraverso un recupero delle forme, ma attraverso un atteggiamento. Questa
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la chiave che muove gli architetti con riconoscono la necessit di un’architettura logica, ordinata e sincera dal punto di
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vista costruttivo.
Tra i componenti del Gruppo 7 c’ Aldo Castagnoli che sar sostituito subito dopo il primo scritto da Adalberto Libera,
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poi ci sono Figini, Frette, Larco, Pollini, Rava e Terragni, il pi giovane di tutti. Sono tutti architetti milanesi formati al
ù
politecnico di Milano ad eccezione di Libera, che quando sostituisce Castagnoli fa fare un upgrade al gruppo da una
dimensione locale a una dimensione nazionale.
Sala del gruppo 7, 3 biennale di arti decorative, Monza, 1927
Dopo l’esordio critico che passa attraverso queste prime pubblicazioni, passa
attraverso delle occasioni di confronto costituite dalle mostre, ad esempio
vediamo nel 1927 la sala del Gruppo 7 alla terza Biennale di arti decorative di
Monza, dove viene dedicata una saletta a questo gruppo appena composto di
giovanissimi architetti che presentano dei loro progetti: sono tutti progetti,
architetture su carta, nessuna stata realizzata perch evidentemente si sono
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appena laureati, e sono progetti che ci raccontano di una sensibilit a temi
à
assolutamente moderni: officina del gas, fabbrica di tubi, palazzo per uffici,
garage… sono
temi architettonici che caratterizzano la crescita della citt moderna, con cui si
à
deve confrontare la nuova architettura. Progetto per un’officina del gas a Como, 3 biennale di arti
decorative, Monza, 1927- Terragni
Alcuni sono temi progettuali realizzati a partire da esercitazioni
scolastiche, altri sono progetti fatti in autonomia, tra questi vediamo
l’Officina del gas progettata da Terragni, che costituisce l’unico
progetto pi concreto: lui aveva ricevuto l’incarico dal padre di un suo
ù
compagno di classe e si era confrontato concretamente con questo
tema progettuale, anche se per non sar realizzato. Dagli studi
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planimetrici, ma soprattutto volumetrici vediamo i ragionamenti di
Terragni, che compone, assembla questi volumi stereometrici
volume di partenza.
lasciando identificabile il
Questi contributi critici e occasioni di confronto attraverso le mostre
fanno subito conoscere il Gruppo 7 e lo fanno entrare all’interno del
dibattito, ricevendo non solo una consacrazione a livello nazionale, ma
anche internazionale quando Roberto Papini, storico dell’arte, li invita a
esporre alcuni progetti alla mostra internazionale di architettura che si
realizza a Stoccarda al Weissenhof.
Quindi per la prima volta iniziano ad essere conosciuti anche a livello internazionale,
ma la consacrazione ufficiale e un momento di svolta in questo dibattito sulla
modernità avviene l’anno successivo, nel 1928, quando Libera e Minnucci
allestiscono la prima mostra italiana di architettura razionale.
La prima pietra fondativa dell’architettura moderna in Italia costituita anche un po’
è
dal manifesto che attribuisce un valore simbolico a questa prima esposizione che
viene allestita a Roma in una sede piuttosto importante, il Palazzo delle Esposizioni
su via Nazionale, dove vengono chiamati a confrontarsi non solo architetti moderni
ma anche della generazione precedente. Questo momento di confronto nazionale
segna l’apice del dibattito e a partire da questa manifestazione il dibattito diventerà
sempre più vivace e aspro e i toni aumenteranno sempre più. Nella copertina
disegnata da Libera rappresentato un dettaglio molto particolare: Libera mette in
è
risalto un pilastro in cemento armato con i ferri in vista, proprio a raccontare questa
modernità che passa attraverso i materiali della modernità: il cemento e il ferro.
Stabilimenti Fiat Lingotto, Tortino 1916-24
In foto vediamo alcuni dei partecipanti all’esposizione con l’elenco dei 43
espositori chiamati a mostrare i loro progetti. Sono un centinaio i progetti
presentati, più progetti per progettista, ma sono principalmente progetti su
carta e le architetture realmente realizzate si contano sulle dita di una mano, e
tra queste ci sono gli stabilimenti Fiat del Lingotto a Torino, che sono stati
considerati meritevoli e hanno attirato l’attenzione del maestro Le Corbusier.
Sala del gruppo 7, Milano, 1 Esposizione di architettura razionale, Rome,
1928
Le sale in cui si articola l’esposizione sono sale tematiche: le sale romane in cui espongono
alcuni architetti tra cui Luigi Vietti e Mario Ridolfi, le sale dedicate a Torino in cui espone
Giuseppe Pagano e sale dedicate a Milano e al Gruppo 7, dove presentano i progetti Figini e
Pollini, Adalberto Libera, le sue sono ancora sono esercitazioni, esercizi compositivi
scolastici reinterpretati, e dove espone anche Terragni, che espone uno dei pochi edifici in
corso di realizzazione: il Novocomum. Ancora una volta Terragni si distingue in questo
panorama dove ci sono tanti progetti ma ancora nel 1928 pochissime realizzazioni.
Edificio di abitazione Novocum, Como, 1927-28
Il Novocomum stato considerato il primo edificio moderno
è
ad essere costruito in Italia ed un complesso abitativo
è
caratterizzato in pianta da un impianto a C, che non sembra
avere nulla di innovativo, con un corridoio centrale che
distribuisce le unità abitative. In realtà la costruzione in
è
parte un sistema tradizionale, in parte un sistema di travi e
pilastri.
La modernità si trova guardandolo tridimensionalmente e
valutandolo in relazione al contesto. La posizione in cui è
realizzato ai margini del centro storico di Como, di fronte al
è
lago, e si propone come pietra miliare di una città nuova e
moderna che vuole costruire Terragni a partire da questa
architettura e che si comporrà anche di quest’altro edificio,
Casa Frigerio di Terragni, e dello stadio, la Casa del Balilla,
realizzata da Gianni Mantero a partire dal ‘32-’36
Pietra miliare di una citt che si relaziona con il contesto con questa
à
forma dinamica straordinaria: un volume stereometrico che viene
svuotato nell’angolo e viene compenetrato da un cilindro che conferisce
una forza plastica straordinaria a questo edificio, a questo volume dove
l’angolo diventa una sorta di cerniera. Alcune altre immagini mostrano il
prospetto principale e quello posteriore, della corte interna, dove si vede
l’elemento della cerniera che anche internamente viene risolto con questo
serramento a tutt’altezza. Vediamo ancora questa eliminazione di ogni
decorazione, questo assoluto rigore delle superfici, della forma e questo
gioco di composizione volumetrica che viene enfatizzata dalla presenza
del colore, che non resa dalle foto storiche, d’epoca. color nocciola,
è È
color noisette il prospetto esterno, colore giallo pi vivace la corte interna
ù
e con gli inserti in arancione in corrispondenza delle cerniere e dei solai,
azzurri i parapetti e arancioni i serramenti.
L’immagine di oggi diversa da quella realizzata da Terragni perch questa superficie color
è é
noisette che doveva essere ad intonaco, oggi a seguito di un restauro un rivestimento in lastre,
è
mattonelle di marmo, che cambiano molto il risultato finale.
All’interno c’è una scala straordinaria con il corrimano che ci ricorda quello di un transatlantico per
certi versi e ancora questo confronto: eliminazione di tutte le superfici decorative ma anche di
questi elementi classici, perché Terragni dice sì alla tradizione, ma il recupero della tradizione non
passa attraverso le forme ma attraverso un atteggiamento, un controllo della geometria, delle
proporzioni. Questa la consacrazione del Novocomum come la casa di domani, che rappresenta i
è
valori spirituali, estetici e le necessità imposte
dalla logica, da una nuova estetica. Il “tavolo degli orrori”, 2 esposizione di architettura razionale, Roma, 1931
Nel 1931 a Roma c’è la sec