Anteprima
Vedrai una selezione di 3 pagine su 6
Giulio Cesare: ascesa, potere e eredità di un uomo di Stato Pag. 1 Giulio Cesare: ascesa, potere e eredità di un uomo di Stato Pag. 2
Anteprima di 3 pagg. su 6.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Giulio Cesare: ascesa, potere e eredità di un uomo di Stato Pag. 6
1 su 6
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

Nel 58 a.C., Cesare sconfisse gli Elvezi e i Germani guidati da Ariovisto. L’anno successivo attaccò i Belgi e poi

le tribù della Gallia centrale. Nel 55 e 54 a.C., attraversò il Reno con un ponte temporaneo e compì due

spedizioni in Britannia, senza conquistare stabilmente l’isola ma consolidando il proprio prestigio.

Il momento più critico giunse nel 52 a.C., quando il capo gallico Vercingetorige guidò una grande rivolta. La

campagna culminò nell’assedio di Alesia, dove Cesare, con grande genio tattico, circondò gli assediati

mentre fronteggiava anche un esercito esterno. La vittoria definitiva gli valse un trionfo e consolidò la sua

fama di invincibile condottiero.

Durante questo periodo, Cesare scrisse i suoi celebri Commentarii de Bello Gallico, testi in terza persona che

propagandavano le sue imprese, contribuendo a modellare l’opinione pubblica romana a suo favore.

6. Rottura del Triumvirato e marcia su Roma (53–49 a.C.)

Il triumvirato cominciò a incrinarsi dopo la morte di Crasso nel 53 a.C., durante la disastrosa campagna

contro i Parti a Carre. Anche il legame con Pompeo si deteriorò dopo la morte di Giulia, figlia di Cesare e

moglie di Pompeo. Pompeo si avvicinò progressivamente al Senato e agli ottimati, vedendo in Cesare un

pericolo.

Nel 50 a.C., il Senato, su pressione di Pompeo e dei conservatori, ordinò a Cesare di sciogliere l’esercito e

tornare a Roma da privato cittadino. Cesare sapeva che, senza l’immunità dell’imperium, sarebbe stato

processato. Il 10 gennaio 49 a.C., varcò il Rubicone con la XIII legione, pronunciando la celebre frase: Alea

iacta est ("il dado è tratto").

Iniziò così la guerra civile.

7. La guerra civile (49–45 a.C.)

Cesare avanzò rapidamente verso Roma, che Pompeo abbandonò per rifugiarsi in Grecia. In pochi mesi,

Cesare conquistò l’Italia, la Spagna (sconfiggendo le forze pompeiane a Ilerda) e si assicurò il controllo della

penisola.

Nel 48 a.C., attraversò l’Adriatico per affrontare Pompeo in Grecia. Dopo lo stallo a Dyrrachium, Cesare

ottenne la decisiva vittoria a Farsalo (9 agosto 48 a.C.), dove Pompeo fu sconfitto e fuggì in Egitto. Qui fu

assassinato dai sicari del giovane re Tolomeo XIII, che sperava di guadagnarsi il favore di Cesare.

Invece, Cesare rimase indignato per la morte dell’antico alleato. Restò in Egitto e si schierò con Cleopatra VII

nella guerra dinastica. Dopo la vittoria sul fratello rivale, Cesare instaurò con Cleopatra un’alleanza politica e

amorosa, da cui nacque Tolomeo Cesare, detto Cesarione.

Nei due anni successivi, Cesare combatté in Asia Minore (contro Farnace II del Ponto, con la celebre

dichiarazione Veni, vidi, vici), in Africa (sconfiggendo le forze senatoriali a Tapso nel 46 a.C.) e in Spagna,

dove batté gli ultimi sostenitori di Pompeo a Munda (45 a.C.).

8. Il consolato perpetuo e la dittatura (46–44 a.C.)

Tornato a Roma, Cesare si fece nominare dittatore per dieci anni, poi a vita. Attuò riforme profonde:

riorganizzò il calendario (introducendo il calendario giuliano), fondò colonie per i veterani, ampliò il Senato,

razionalizzò il fisco e concesse la cittadinanza a molte comunità provinciali. La sua visione andava oltre la

Repubblica: sognava un impero unitario, amministrato con efficienza e stabilità.

Questa concentrazione di potere, però, preoccupava i senatori, che vedevano in lui un monarca in potenza.

Sebbene Cesare rifiutasse ufficialmente il titolo di re (rex), i segnali (la statua tra quelle degli dèi,

l’incoronazione simbolica da parte di Marco Antonio) alimentavano i sospetti.

9. L’assassinio (44 a.C.)

Il 15 marzo del 44 a.C. — le Idi di marzo — Cesare fu assassinato in Senato da un gruppo di congiurati

guidati da Marco Giunio Bruto, Gaio Cassio Longino e Decimo Bruto. Il pretesto era la difesa della

Repubblica, ma il risultato fu il caos.

Cesare morì trafitto da 23 pugnalate, alle pendici della Curia di Pompeo. Alla sua morte, Roma si trovò senza

guida, e l’evento scatenò nuove guerre civili che portarono alla nascita dell’Impero con Ottaviano Augusto, il

figlio adottivo di Cesare.

10. Eredità e significato storico

Cesare non fu formalmente imperatore, ma gettò le fondamenta dell’Impero Romano. Le sue riforme, la

visione unitaria del potere e l’uso della propaganda trasformarono per sempre la politica romana. Era un

uomo di cultura, militare geniale, politico visionario e, per i suoi tempi, straordinariamente moderno.

Fu odiato da molti per la sua ambizione, ma anche amato dal popolo e venerato dopo la morte come Divus

Julius. Il suo assassinio segnò la fine della Repubblica e aprì l’epoca imperiale. La sua eredità è incisa nella

storia di Roma e della civiltà occidentale.

11. L’uomo dietro il mito: carattere, ambizioni e relazioni personali

Dietro la figura pubblica di Cesare si celava un uomo di grande complessità, dotato di straordinario carisma

e autocontrollo, ma anche di ambizione sconfinata e sottile vanità. Le fonti antiche, da Svetonio a Plutarco,

ci descrivono un uomo raffinato, elegante, sempre attento alla propria immagine. Era famoso per la sua cura

nel vestire: indossava una toga con la frangia larga, chiusa in modo particolare, e si depilava

scrupolosamente. La sua calvizie, che cercava di mascherare con l'acconciatura e, in seguito, con la corona

d’alloro, era per lui fonte di disagio personale.

Cesare era anche un amante prolifico e libero. Oltre ai suoi tre matrimoni (Cornelia, Pompea e infine

Calpurnia), ebbe numerose relazioni, tra cui quella con Servilia, madre di Bruto, e soprattutto quella celebre

con Cleopatra VII, regina d’Egitto. La relazione con Cleopatra fu non solo personale ma anche strategica: un

modo per Cesare di consolidare la sua influenza nel Mediterraneo orientale. La nascita del figlio Cesarione

fu accolta con inquietudine a Roma, poiché segnalava una possibile dinastia orientale e straniera.

Dal punto di vista delle relazioni personali, Cesare sapeva conquistare la lealtà dei suoi seguaci: molti dei

suoi legati, come Marco Antonio, Labieno (prima del tradimento), Tito Labieno e altri, gli furono

inizialmente devoti. Anche il popolo romano lo amava profondamente, non solo per i donativi materiali che

dispensava dopo ogni campagna militare, ma perché appariva come un difensore degli interessi dei più

deboli contro gli abusi dell’oligarchia senatoriale.

12. Propaganda e immagine pubblica

Cesare fu un maestro nel costruire la propria immagine pubblica. Scrisse i suoi Commentarii non come

cronache oggettive, ma come potenti strumenti di propaganda. I Commentarii de Bello Gallico, per esempio,

presentano Cesare come un difensore della civiltà romana contro la barbarie gallica. Ogni azione militare è

giustificata con la necessità di prevenire minacce o di proteggere alleati. Lo stile sobrio e terso dei

Commentarii contribuì a dare un’aura di autorità e affidabilità alla sua narrazione.

Anche il modo in cui Cesare celebrava le sue vittorie era studiato per stupire e coinvolgere. I suoi trionfi

erano sontuosi e pieni di simbolismo. Al termine delle guerre civili, rifiutò il trionfo su cittadini romani (che

sarebbe stato inappropriato), ma ne celebrò altri per le vittorie in Gallia, Egitto, Asia e Africa.

La costruzione del Foro di Cesare, con il tempio dedicato a Venere Genitrice, rafforzò l’immagine della sua

discendenza divina. Perfino la sua decisione di accettare l’onore di una statua tra gli dèi, e l’appellativo di

“padre della patria”, facevano parte di una strategia simbolica più ampia: presentarsi come il restauratore

dell’ordine divino e umano.

13. Riforme politiche e sociali

Una delle più durature eredità di Cesare furono le sue riforme strutturali. Mentre la maggior parte dei suoi

predecessori aveva agito secondo interessi di parte o logiche clientelari, Cesare concepì e attuò riforme con

l’obiettivo di modernizzare la Repubblica e renderla governabile da un centro forte.

Riforma del calendario

Tra le riforme più famose vi è l’introduzione del calendario giuliano nel 46 a.C., in collaborazione con

astronomi egiziani. Il vecchio calendario romano, lunisolare, era ormai del tutto disallineato con l’anno

solare e permetteva manipolazioni politiche delle date. Il calendario giuliano introdusse l’anno di 365 giorni

con l’aggiunta di un giorno ogni quattro anni (anno bisestile). Questo sistema sarebbe stato usato in Europa

fino alla riforma gregoriana nel 1582.

Riforme agrarie e demografiche

Cesare ridistribuì terre ai veterani e promosse la fondazione di colonie in territori provinciali per alleggerire

la pressione sociale a Roma e rafforzare la romanizzazione delle province. Cercò anche di limitare l’afflusso

continuo di popolazione rurale nella capitale, imponendo che una percentuale dei lavoratori agricoli fosse

composta da cittadini liberi.

Riforma del Senato e delle magistrature

Allargò il numero dei senatori a circa 900, includendo provinciali, municipali e cavalieri fedeli. Questo fu

visto dai suoi nemici come un tentativo di svuotare il Senato del suo potere aristocratico, ma rispondeva

anche alla necessità di gestire un impero in espansione.

Cittadinanza e centralizzazione

Concesse la cittadinanza romana a molte comunità provinciali, soprattutto nella Gallia Cisalpina, rafforzando

così l’integrazione dell’Italia e della Gallia nella compagine romana. Inoltre, ridusse l’autonomia delle

province, rendendo l’amministrazione più diretta e razionale, affidandosi a funzionari scelti da lui.

14. Il rapporto con il potere monarchico

Una questione centrale nella figura di Cesare è il suo rapporto ambiguo con la monarchia. Da un lato,

rifiutò formalmente il titolo di “rex”, sapendo che il termine era profondamente inviso ai Romani. Dall’altro,

si comportò sempre più da sovrano: accentrò su di sé cariche e onori (dittatura a vita, consolati ripetuti, il

titolo di “imperator” come parte del nome, la nomina a pontifex maximus e censure perpetue), e

soprattutto si fece rappresentare come figura semidivina.

Il suo trono d’oro nel Senato, la statua tra quelle degli dèi, i riti religiosi a suo nome e le monete con il suo

volto (fatto inaudito per un vivente), erano tutti segnali della trasformazione della res publica in una

monarchia di fatto. Questo provocò timori anche tra i suoi alleati.

L’episodio della corona offerta da Marco Antonio nel febbraio del 44 a.C. – rifiutata pubblicamente da

Cesare – fu un tentativo teatrale di tastare il terre

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
6 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/02 Storia delle dottrine politiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MarcoCiccio1 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del pensiero politico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Motto Ros Luca.