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ERMETISMO/ (NEO)REALISMO.
Così come "decadentismo" è stato un tentativo di spiegare alcuni aspetti del modernismo tra Ottocento e
Novecento, in Italia, allo stesso modo ermetismo (quasi un prolungamento di decadentismo) è la parola
che è stata impiegata per restituire molti aspetti della poesia moderna sempre in Italia, fra anni Venti e
anni Cinquanta del secolo scorso. Si tratta di un -íSmo molto controverso e discutibile (a meno che non lo
si applichi a un numero piuttosto limitato di poeti), anche perché porta con sé una connotazione fin
troppo esplicita, di tipo dispregiativo.
La poesia moderna non è facile, quasi per definizione: ma chiamarla "ermetica" sembra proprio volerla accusare
di un eccesso di oscurità, ottenuta in modo ostentato. Come se si fosse di fronte a poeti che "nascondono" il
significato della loro poesia. Ovviamente, nulla di tutto questo è vero. E non dimentichiamo che grandissimi poeti
del Novecento italiano, da Eugenio Montale a Vittorio Sereni, da Giuseppe Ungaretti a Mario Luzi, da Attilio
Bertolucci a Giorgio Caproni, sono stati considerati degli ermetici, per il tipo di stile da loro privilegiato.
Ad essi, al loro modo di fare poesia, è stata opposta la categoria del realismo, o addirittura del neorealismo,
come qualcosa viceversa di aperto e di cordiale, anche perché imparentato con il desiderio di fare i conti con il
male della seconda guerra mondiale e di Auschwitz.
Ma si tratta di una visione delle cose poetiche rivelatasi poco precisa.
Il "realismo" della stragrande maggioranza delle poesie del secondo Novecento fa emergere, molto spesso, aspetti
della poesia moderna che rischiavano di essere dimenticati. Si pensi alla dimensione narrativa, che è una
caratteristica di tanto realismo e neorealismo.
POSTMODERNISMO / POST-POESIA
Evidentemente, il postmodernismo dovrebbe rappresentare la crisi del modernismo; e se quanto
abbiamo sin qui detto è corretto, la fine del modernismo dovrebbe rappresentare qualcosa come la
fine della poesia moderna; e quindi - addirittura - della "poesia come l'avevamo conosciuta". Forse, anzi
quasi certamente, si tratta di una esagerazione. molte caratteristiche della poesia moderna stanno en-
trando in crisi, e sono state in vari modi rifiutate. La stessa separatezza della poesia risulta essere
meno accettabile un mondo in cui- per esempio - sempre più spesso si dichiara che molte canzoni,
anche molte composizioni del rap, possono essere considerate a tutti gli effetti delle poesie.
Forme
Sono esistite, esistono e sono ancora ben attive istituzioni formali della poesia (moderna): modi invarianti di
concepire le strutture che la caratterizzano. Intanto, non va dimenticato che ogni discorso letterario,
soprattutto in versi, si inserisce in un dialogo intertestuale con la tradizione(soprattutto poetica) che l'ha
preceduto. I testi, cioè, sono in relazione con altri testi, e anzi si potrebbe persino dichiarare che ogni opera
poetica è largamente prevista da opere che l'hanno preceduta. La «lingua poetica», «lingua della poesia» è un
linguaggio speciale, differente da quello degli altri generi letterari, in particolare da quello della prosa. Fino alla
nascita della poesia moderna, questa differenziazione era nettissima, in tutte le tradizioni occidentali; certo,
con diversità da luogo a luogo. Se per esempio in Italia la lingua della poesia è tendenzialmente più complessa
di quella della prosa, in Germania vale il discorso opposto, e la sintassi della poesia semplifica quella
prosastica. Dopo l'avvento dei modernismi poetici, mondo della prosa e mondo della poesia tendono ad
avvicinarsi; più esattamente, si va verso una prosificazione della poesia, una sua assimilazione a un modo di
scrivere meno vincolato dalle antiche regole dei generi.
Ricordiamo che la parola prosa deriva dall'espressione latina pro-vorsa oratio, che significa "discorso che
procede dritto”.
"Metrica" significa misurazione; e infatti i versi "classici", "premoderni" tendevano a essere rigorosamente
misurati, dunque regolati, e ciò accadeva in maniere diverse in ognuna delle tradizioni occidentali. A partire
dall'Ottocento, le vecchie misurazioni entrano in crisi, e ogni lingua manifesta con mezzi specifici il medesimo
desiderio di cambiamento. Si parla di "verso libero", espressione che deriva dal francese vers libre, ma che
è accettata su scala europea e mondiale.
In sintesi possiamo dire:
che in Italia e Spagna le nuove forme metriche privilegiano la possibilità di mettere in relazione fra loro
versi di lunghezza diversa, anche se non necessariamente "nuovi" (si parla di anisosillabismo: cioè
dell'opposto dell'isosillabismo, dell'obbligo di mettere in fila solo versi della stessa lunghezza, dello stesso
sillabismo);
•che in Francia molta parte delle trasformazioni deriva da una modificazione del verso francese classico
per eccellenza, l'alessandrino, di cui è deformata la struttura;
•che in Germania un modello molto forte, sin dal Settecento, è quello dei versi classici dei cori tragici, la
cui imitazione in tedesco porta alla definizione di qualcosa di molto discontinuo, appunto di molto libero (i
cosiddetti "ritmi liberi»", freie Rythmen);
•che in lingua inglese sono prima i metri delle ballate popolari e poi le scansioni del linguaggio biblico a
intaccare le tradizioni; che nella lingua russa sono gli accenti, più esattamente gli ictus, a determinare le
nuove forme, in modo indipendente dal numero sillabe, che infatti possono variare di molto (ci si avvicina
cioè alla forma del cosiddetto dol'nik, che prevede regolarità di accenti ma non di sillabe).
Ovviamente, non tutti i poeti vedono le cose allo stesso modo, e non è detto che la poesia in versi
liberi debba essere per forza facile.
La poesia procede a salti e discontinuità, che il lettore deve riempire e integrare, sapendo però che da
qualche parte (diciamo nella mente del poeta) esiste un percorso definito in modo preciso.
Montale ha cercato di aumentare la densità dei suoni con un
Non recidere, forbice, quel
volto, solo nella memoria che sistema di rime nascoste, allitterazioni, assonanze ecc. Ma
si sfolla, non far del grande quello che ne deriva è un discorso quasi irrazionale, come se i
suo viso in ascolto la mia suoni parlassero da soli: si pensi alla serie di parole intonate
nebbia di sempre. sulla «d», volto, sfotta, ascolio, cala, scrolla, [svetta] belletta;
Un freddo cala... Duro il
colpo svetta. È come se dentro la poesia stesse parlando una lingua un po'
E l'acacia ferita da sé scrolla il diversa rispetto a quella del poeta.Un lingua inconsapevole,
guscio di cicala forse una lingua inconscia.
nella prima belletta
di Novembre.
la poesia con maggior forza e determinazione valorizza uno dei componenti quasi senza storia
dell'espressione in versi: la ripetizione. E lo fa riprendendo le ripetizioni più caratteristiche del linguaggio
biblico. Nelle Bibbia, infatti, il ritmo è dato non tanto dai suoni delle parole, ma dai significati che li legano.
Il parallelismo prende anche la forma caratteristica dell’anafora. La scrittura parallelistica nelle sue
manifestazioni pure (come nell'esempio appena visto) è diffusa con importantissimi risultati soprattutto
nel mondo americano, Nord e Sudamerica, in parte nel mondo slavo (attraverso il futurismo russo),
mentre nell'Europa occidentale - con particolare evidenza in Italia - è stata spesso criticata.
Dispositivi
Che si parli di dispositivo a proposito della poesia non deve affatto meravigliare. Intanto per una ragione
tutto sommato intuitiva. Le poesie che leggiamo non si presentano mai isolate, ma sono inserite in libri
di poesia. da un lato ci sono i libri di poesia veri e propri, per lo più detti "raccolte" in cui un poeta
riunisce un gruppo relativamente nutrito di poesie singole, in modo da comporre un libro; dall'altra ci sono
le antologie, di natura molto diversa, in cui un curatore inserisce componimenti di vari autori.
Libri di poesia e antologie poetiche possono essere definiti "dispositivi", poiché instaurano reti di
relazioni, rapporti cioè fra testi, che svolgono una funzione strategica, collocata entro un sistema
di conflitti di sapere e potere.
Il libro di poesia moderno ha una funzione economica e sociale evidentissima. Un esempio:
Fiori del male, di Charles Baudelaire
(1857), un libro che venne attaccato da una parte dell'opinione pubblica francese per i suoi contenuti offensivi
della morale, e che fu al centro di un processo contro l'autore e il suo editore, conclusosi con una condanna. Il
libro è dunque al centro di una serie di attenzioni e di discorsi pubblici, ben assecondati (oltre che dalla critica)
dagli editori che si premurano di presentare ogni nuova uscita come un "caso" letterario.
Questi dispositivi appunto sociali, che contribuiscono alla costruzione simbolica del poeta canonico, entrano
progressivamente in crisi nel corso del Novecento. Oggi, a venti e più anni dall'inizio del terzo millennio, è
dominante un dispositivo che è stato detto di allestimento. Il libro di poesia, intanto, si colloca ai margini del
discorso pubblico, e il sistema di relazioni che lo determina è sempre più debole, a volte ristretto a un circolo
molto limitato di lettori, spesso coincidenti con le comunità social di Internet. E poi la ricerca di una struttura
"statuaria", importante anche per la definizione di una persona poetica, lascia spazio a qualcosa di più lineare: la
sequenza delle poesie, la loro successione è ormai la logica dominante, al di fuori di un'ambizione di scansione
complessa. L'allinearsi dei testi corrisponde a un senso, produce un minimo di significato, certo, ma l'ambizione
costruttiva generale passa in secondo piano e quasi scompare.
Un altro fattore di cambiamento, forse decisivo, è che il libro di poesia, "debole" se paragonato a quelli del
grande Novecento, risulta viceversa molto "forte" se messo in relazione al sistema mediale delDuemila.
L'allestimento, apparentemente poco segmentato, assomiglia molto a un'esposizione.
Il "vecchio" libro, divenuto dispositivo poetico che allestisce la poesia, ci viene incontro nelle forme di un medium
particolarissimo, ri-materializzato, per veicolare un 'esperienza di lettura molto diversa da quella del passato -
anche recente. Lettura
Oggi è valorizzato l'aspetto visivo, il fatto di guardare un testo, persino di maneggiarlo fisicamente
(toccarlo, sfogliarlo, soppesarlo), prima che di leggerlo in senso convenzionale. La lettura tradizionale è
messa in scacco da comportamenti più conformi alle leggi del