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L’acqua riscaldata nel collettore viene inviata nel serbatoio di accumulo (uno o più). I serbatoi hanno

pareti molto spesse (10-15 cm) e ben isolate consentendo l’accumulo e la distribuzione anche dopo

qualche ora. A causa dell’aleatorietà e della discontinuità della fonte solare, è necessario dotare

l’impianto di un sistema di riscaldamento integrativo di tipo tradizionale (normalmente una caldaia a gas,

meglio se a condensazione).

La soluzione impiantistica più utilizzata prevede l’impiego di sistemi solari a circolazione forzata dotati di

termoregolazione per la circolazione del fluido. I sistemi solari termici sono estremamente affidabili (la

durata di vita è superiore ai 20 anni) e le operazioni di manutenzione consistono per lo più nella pulitura

del vetro del collettore e nella verifica annuale dei principali dispositivi del circuito da effettuarsi ad

esempio in concomitanza con il controllo della caldaia.

Per quanto riguarda le applicazioni per la produzione di acqua calda sanitaria, i sistemi solari consentono

di coprire mediamente il 60-70% del fabbisogno termico annuo dell’utenza, con punte del 100% nei mesi

estivi. Il riscaldamento di ambienti garantisce invece un’efficienza del 30-40%.

Nel caso di installazione di collettori solari su superficie piana valgono infine le seguenti raccomandazioni

indicative:

- Al fine di ottenere le migliori efficienze i collettori dovrebbero essere orientati a Sud con una tolleranza

massima pari a ± 10°.

- Nel caso in cui il carico sia all’incirca costante durante i mesi dell’anno, l’inclinazione preferibile è quella

pari alla latitudine del luogo con uno scarto di ± 5° .

- Nel caso in cui il carico sia prevalentemente estivo, l’inclinazione preferibile è quella pari alla latitudine

del luogo diminuita di 10 – 15 gradi.

- Nel caso in cui il carico sia prevalentemente invernale, l’inclinazione preferibile è quella pari alla

latitudine del luogo aumentata di 10 – 15 gradi.

Per impianti solari che integrino produzione di acqua calda sanitaria e riscaldamento degli ambienti,

l’inclinazione può essere superiore a quella sopra indicata al fine di privilegiare la produzione invernale di

energia termica per il riscaldamento degli ambienti.

Il solare termodinamico

Il solare termodinamico differisce dai precedenti sistemi per il fatto che l'energia irradiata viene

convogliata mediante specchi "concentratori" di tipo lineare o puntuale, per produrre calore ad alta

temperatura con il quale alimentare cicli termodinamici di tipo tradizionale. Ciò avviene mediante fluidi

vettori oppure, come nei concentratori parabolici a fuoco puntiforme, integrando un motore di tipo Stirling

in corrispondenza del ricevitore.

Per assicurare continuità all'erogazione di energia elettrica questi impianti vengono sempre più spesso

realizzati in abbinamento con sistemi di accumulo termico, costituiti da elementi di grande capacità

termica (solitamente sali fusi), posti in recipienti altamente coibentati, in modo da continuare ad

alimentare il ciclo sia durante gli sbalzi di radiazione solare sia in assenza di insolazione.

A differenza dei sistemi precedenti, gli impianti a concentrazione sfruttano solo la componenti diretta

della radiazione solare, pertanto per poter essere competitivi devono essere installati in zone (come

quelle desertiche) in cui la componente solare diffusa è inferiore rispetto a quella diretta.

Il solare fotovoltaico

La conversione della radiazione solare, in parte diretta in parte diffusa, in una corrente di elettroni avviene

nella cella FV. Essa è costituita da un sottile strato, compreso tra 0,25 e 0,35 mm, di materiale

semiconduttore, molto spesso silicio, mono o policristallino, che è l’elemento più diffuso in natura, dopo

l’ossigeno. La fetta di silicio viene poi di norma intrinsecamente drogata, mediante l’inserimento nella

struttura cristallina di atomi di boro. Una faccia dello strato viene invece, drogata per diffusione ad alta

temperatura, con piccole quantità di fosforo. Nella zona di contatto tra i due strati a diverso drogaggio

quando la cella è esposta

alla luce, si generano delle cariche elettriche, in misura tanto maggiore quanto più elevato è

l’irraggiamento solare e, se le due facce della cella sono collegate ad un utilizzatore, si avrà in esso un

flusso di elettroni sotto forma di corrente elettrica continua.

Per caratterizzare la capacità delle diverse celle di convertire la potenza radiante incidente in potenza

elettrica (che è data dal prodotto della corrente fotogenerata J, misurata in Ampere, e la tensione,

misurata in Volt), si utilizza il rendimento che è definito come il rapporto fra la seconda e la prima

grandezza. Il rendimento dipende da diversi fattori fra cui il tipo di materiale utilizzato (il silicio

monocristallino ha un rendimento del 15-17%, quello policristallino del 12-14%), la potenza radiante

incidente (poichè quando questa decresce diminuisce fortemente la corrente fotogenerata), la

temperatura alla quale lavora la cella (poichè al crescere della temperatura diminuisce la tensione). E'

possibile verificare che, nel caso di celle in silicio monocristallino, si ha un decremento dello 0.5% di

rendimento per ogni grado di incremento di temperatura.

Per poter ottenere adeguati valori della corrente e della tensione le singole celle possono essere collegate

in circuiti che combinano collegamenti in serie (per aumentare la tensione) e in parallelo (per aumentare

la corrente). La combinazione più elementare di celle prende il nome di modulo fotovoltaico ed è

tipicamente costituito da una matrice di 4x9 celle tutte collegate in serie. Più moduli, connessi in serie e/o

parallelo compongono il pannello fotovoltaico e l'insieme dei pannelli compone il campo fotovoltaico. La

potenza complessivamente ottenibile dipende da diversi fattori, fra cui la località, l'inclinazione data ai

pannelli, l'eventuale disponibilità di inseguitori, ossia dispositivi che variano continuamente la posizione

del pannello per ottimizzare l'incidenza della radiazione solare.

La corrente prodotta dalle celle FV è continua, pertanto per poter essere impiegata o immessa in rete è

necessario prima elevarne ulteriormente la tensione e poi, mediante l'impiego di inverter, trasformarla in

corrente alternata. Per fare fronte alle variazioni di insolazione, stabilizzare la tensione e, più in generale,

fungere da accumulatori della potenza generata dai pannelli FV (ove non immessa in rete), è possibile

utilizzare un sistema di accumulo, generalmente basato su batterie elettrochimiche. La nuova frontiera da

questo punto di vista è comunque costituita dalle celle a combustibile.

Il vento 2

Una massa d'aria m che si muove con velocità w possiede una energia cinetica Ec = 1/2 m w , se l'aria

attraversa una sezione A ortogonale alla direzione del vento la portata massica che l'attraversa sarà pari

a: ρ

essendo la densità dell'aria alla temperatura considerata.

Pertanto è possibile esprimere la potenza meccanica disponibile contenuta nell'aria in movimento alla

velocità w come:

E' interessante osservare quindi che la potenza ottenibile è proporzionale all'area attraversata e al cubo

della velocità, per cui un raddoppio della velocità fa aumentare di otto volte la potenza contenuta nella

vena fluida. La conoscenza della velocità è quindi di grande importanza, tanto più che essa è soggetta a

importanti variazioni al crescere della distanza dal suolo, secondo un tipico profilo di crescita esponenziale

che spiega chiaramente come mai i moderni aerogeneratori si spingano spesso oltre i 100 m di altezza dal

suolo.

La conversione dell'energia cinetica in energia elettrica avviene per mezzo di un rotore (che può

assumere diverse forme e avere asse verticale o orizzontale) che viene messo in movimento dall'aria e

applica tale moto rotatorio al generatore vero e proprio per il tramite del moltiplicatore di giri.

Ciascuno di questi componenti sarà caratterizzato da un proprio rendimento che andrà a ridurre la

potenza effettivamente ottenibile.

A tale riguardo è importante definire il coefficiente di potenza Cp come il rapporto fra la potenza

estratta dalla vena fluida ad opera del rotore e quella disponibile nel vento.

Per calcolare Cp è necessario osservare che il flusso che attraversa la sezione A posta prima del rotore ha

1

ρ

una portata massica pari a A w ; dove w è la velocità dell'aria libera. In corrispondenza del rotore, la

1 1 1 ρ

sezione attraversata sarà A e la velocità w, per cui la portata sarà A w. Infine, dopo il rotore la velocità

w sarà sicuramente ridotta per effetto della parziale conversione dell'energia cinetica, e l'area A

2 2

attraversata dalla vena fluida dovrà necessariamente aumentare per garantire la conservazione della

massa. Assumendo che la densità resti sempre la stessa dovrà infatti essere:

La potenza estratta è ottenuta applicando la conservazione dell'energia (o il 1 PTD) in base al quale essa

è pari al prodotto della portata massica per la variazione di energia cinetica fra la sezione a monte e

quella a valle del rotore

Esprimendo la portata massica in funzione dei parametri in corrispondenza del rotore, tenendo conto che

per la legge di Bernoulli la velocità w dovrà essere la media di w e w , l'equazione precedente diventa:

1 2

per cui è possibile constatare che se dal punto di vista della conversione dell'energia cinetica specifica

sarebbe utile avere w = 0, ciò causerebbe però una significativa riduzione della portata massica. Pertanto

2

per massimizzare la potenza estraibile w dovrà necessariamente rimanere maggiore di zero e pertanto ci

2

sarà sempre differenza fra L e L . E' possibile dimostrare che la massima potenza estraibile dal vento si

D E

ottiene se w è pari a 1/3 della velocità iniziale indisturbata w .

2 1

Pertanto la potenza estraibile dalla vena sarà:

e quindi si avrà C = 16/27 = 0.593

P,max

Tale coefficiente prende il nome di limite di Betz e rappresenta la massima frazione di potenza estraibile

(in condizioni ideali) da un aerogeneratore rispetto a quella disponibile.

Nella pratica esistono poi ulteriori limitazioni pratiche che rendono difficoltoso il raggiungimento del limite

di Betz. In primo luogo è necessario considerare che l'aria che interagisce con il rotore viene deviata,

avvitandosi per effetto di forze tangenziali che, evidentemente, sottraggono una parte dell'energia

inizialmente disponibile. Inoltre si manifestano

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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher mariangelalosito2000 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fisica tecnica ambientale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Politecnico di Bari o del prof Martellotta Francesca.
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