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TORPEDINE
TAFANO
Socrate: oltre ad intorpidire (come la torpedine) è capace di scuotere dal torpore e di
svegliare (egéirein) dal sonno, dalla condizione di veglia apparente a cui si ridurrebbe
una vita non esaminata. Lo si ricava dal paragone con il tafano intento a pungolare e
stimolare un grande e nobile cavallo, che lo stesso Socrate propone ai giudici e ai
cittadini ateniesi, secondo la ricostruzione del processo offerta da Platone (Apol. 30e-
31a). Socrate confida al giovane interlocutore Teeteto – che mostra di essere gravido
di pensieri e di “avere le doglie” – di esercitare come la madre l’arte della levatrice
(Theaet. 149a). Si tratta di un’arte (téchne) difficile, che comporta esercizi per mettere
alla prova (basanízein) il pensiero: «la nostra arte ha questo di fondamentale: la
capacità di mettere in ogni modo alla prova il pensiero (diánoia) dei giovani, per
vedere se genera idoli e falsità oppure figli fertili e verità» (Theaet. 150b).
Uno che intorpidisce, ma anche stimola e tutto tramite le parole; le parole le
domande intorpidiscono e stimolano il risveglio
Attraverso la maieutica Fa rinascere bene dei pensieri (sani e forti) dei giovani;
spesso venivano partoriti prematuri (deboli, poco ben fondati), che non restano
in piedi…
La medicina come campo metaforico privilegiato per descrivere gli esercizi
della filosofia. Oltre Platone, cfr. Cicerone, nelle Tusculanae disputationes: il
buon uso della ratio è il rimedio socratico (Socratica medicina) per eccellenza
(IV, 11). Impostare una cura e somministrare una medicina presuppone una
diagnosi sulle affezioni, sulle malattie, sulle loro cause e sul loro decorso, sulle
condizioni patologiche su cui intervenire e sui fattori che le determinano e le
sostengono (eziologia) . Di cosa soffrono, dunque, gli esseri umani? Cosa li
rende peggiori di quel che potrebbero essere, facendoli stare peggio e
allontanandoli dalla felicità? Da qui, considerando i singoli casi, la possibilità di
definire la terapia e la prognosi
Eziologia: il non vedere come stanno le cose, l’ignoranza come non sapere (non
sapendo di non sapere, anzi presumendo di sapere)
Apologia di Socrate: l’indagine di Socrate dopo la sentenza dell’oracolo di Delfi
sulla sua sapienza. Chi è detto comunemente sapiente non sa quello che dice. I
più, dunque, sbagliano nell’attribuire la sapienza a chi non lo ha, mentre chi è
convinto, a torto, di essere sapiente, è vittima di un insidioso autoinganno. Di
ventuno interlocutori esaminati nei dialoghi socratici, nessuno risulta sapiente
e soltanto in sette appaiono persuasi della propria ignoranza.
La diagnosi è chiara: gli esseri umani soffrono di un’errata e distorta
percezione di sé, degli altri e del sapere; credendo di vedere, non vedono come
stanno le cose importanti che li riguardano. Si tratta di una condizione di
cecità, di offuscamento della coscienza paragonabile al sonno, da cui occorre
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risvegliarsi (Apol. 30e-31a). L’ignoranza al più alto grado è amathìa (Prot.
357e). Relazione con l’eccessiva considerazione di sé.
Il meccanismo della CAVERNA PLATONE si presta a molteplici letture;
° Capi di stato piuttosto che politici o banalmente i mas media (tecnica di
propaganda, psicologia della comunicazione ecc.) sono gli uomini dietro il
muro: le ombre sono ciò che ci vogliono far credere/vedere, le catene degli
uomini sono l’ignoranza e la poca conoscenza
° attacco di panico
°rivoluzioni scientifiche GALILEO maestri sono gli omini dietro il muro che gli
hanno insegnato il sistema tolemaico-aristotelico ecc. lui si accorge di diverse
incongruenze attraverso il suo cannocchiale, osservando si accorge di una
quantità di cose che nessuno era mai riuscito a vedere
Lui dice che viviamo in un mondo di carta ovvero ci affidiamo troppo a ciò che
ce sulla carta scritta dagli antichi
Quindi lui è proprio come il prigioniero evaso, nessuno gli crede, parla di cose
che non convincono nessuno e lo condannano
° antenati che ci hanno proiettato davanti determinate cose (principi religiosi,
dio ecc.)
° standard estetici e quanto può essere difficile capire i meccanismi che stanno
dietro la proiezione di queste immagini. Quello che può causare, che effetto fa
vedere queste immagini, se le fa sentire inadeguate.
°ombrafiltri social VS realtà
° molti fil come Truman Show, Matrix ecc.…
È sulla ricorrente possibilità di questo equivoco fondamentale che verte la
diagnosi socratica, da cui risulta che i + vivono una vita non degna di essere
vissuta, la <<vita non esaminata>>
Dalla diagnosi così formulata si ricava un verbo cruciale per definire l’attività di
Socrate, intento ad esaminare continuamente sé stesso e i suoi concittadini,
benché non tutti siano disposti a sottoporsi al trattamento. Socrate si impegna
a saggiare i loro giudizi, attraverso il dialogo, che da un lato può apparire come
una sorta di tortura (basanizein poteva significare anche ‘’torturare’’), ma
dall’altro fa emergere la necessità di una pietra di paragone per valutare le
proprie opinioni e lo stato della propria anima. Dal momento che gli
uomini credono di
sapere ciò che non
sanno e sono come
imbevuti di credenze
fallaci e falsità di cui
non sanno dare
conto e di cui al
tempo stesso vanno
fieri, Socrate
s’impegna del
confutarli, per
“strappare via” i
fantasmi e le
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immagini fallaci, come attraverso un processo di purificazione che in prima
battuta dà le vertigini e paralizza.
Allargando lo sguardo dai singoli interlocutori di Socrate alla città, la diagnosi
sulle affezioni della psyché si estende alla pólis e alle sue abitudini
patogene.
Chi si preoccupa del modo in cui occorre parlare nei tribunali non si prende il
tempo di passare con la dovuta calma di discorso in discorso e, incalzato dalla
clessidra, non si esercita a sviluppare i ragionamenti necessari per mettere alla
prova in modo rigoroso le proprie tesi e quelle degli altri. Tutto avviene come in
una gara da condurre con scaltrezza, tra menzogne e torti reciproci, alla ricerca
delle parole adatte a blandire i giudici, «con il risultato che crescono e si fanno
uomini senza nulla di sano nell’animo, fino a diventare – credono loro – sapienti
e temuti».
La situazione si complica se si considera che in una città come Atene si
possono incontrare venditori all’ingrosso di cognizioni (mathémata) – il
nutrimento dell’anima – e che ai giovani può capitare di affidarsi con
entusiasmo a costoro per la propria educazione, senza rendersi conto di cosa
ciò significhi.
Chi non è in grado di distinguere i beni dai mali e dalle cose che non
sono né beni né mali non può distinguere, in ultima analisi, ciò in vista di cui
ciascuno compie le proprie azioni, e la scelta del male – scambiato per il bene –
può così condurre a perdere l’equilibrio e la salute della propria psyché, a
commettere ingiustizia, la qual cosa, secondo Socrate, è «il più grande dei
mali», tanto più che a suo avviso è impossibile che chi è ingiusto possa essere
felice.
Cfr. Platone, Gorg. 469b e 472d. Sul fatto che c’è qualcosa, oltre al corpo, che
non dev’essere “corrotto” per vivere bene
L’ignoranza (amathía), in ultima analisi, è la causa fondamentale delle affezioni
della psyché, e Socrate arriva a sostenere che nessuno commette
volontariamente il male, poiché chi agisce male lo fa per ignoranza: «per
difetto di scienza errano nella scelta dei piaceri e dei dolori, cioè dei beni e dei
mali, quelli che errano, e non solo per difetto di scienza, ma di quella
particolare scienza che, sopra, avete riconosciuto essere l’arte della misura.
Ebbene, anche voi sapete che un’azione errata per mancanza di scienza è
dovuta ad ignoranza». Cosa accade quando, come si suol dire, “si è vinti da se
stessi”? La diagnosi socratica conduce a questa conclusione: «l’essere vinto da
se stesso è ignoranza (amathía), il vincere se stesso sapienza (sophía)». Prot.
357d.
Nessuno sbaglia volontariamente? [che ne è della capacità di intendere e di
volere?] Cfr. ivi, 345d-e: «Anzi, sia pure approssimativamente, io so questo, che
nessun sapiente ritiene che l’uomo sbagli di propria volontà e volontariamente
compia atti vergognosi e malvagi, ma sa bene che tutti coloro i quali agiscono
in modo vergognoso e malvagio lo fanno involontariamente»; inoltre ivi, 358d:
«[…] nessuno volontariamente si volge a ciò che è o che ritiene male; […] è
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contrario all’umana natura ricercare ciò che si ritiene male invece del bene; […]
quando si è costretti a scegliere tra due mali, nessuno preferirà il più grande
potendo scegliere il minore
Curabilità L’essere umano è curabile in quanto può diventare diversamente
cosciente di sé e di quel che lo circonda, sottraendosi alla diffusa condizione
d’ignoranza, qualora siano messi in opera i mezzi per produrre la necessaria
torsione nella percezione e nella considerazione di sé, degli altri, della virtù e
delle cose del mondo. Si intuisce che è necessario un metodo, una tecnica
(téchne) per la cura dell’anima, per disoffuscarne lo sguardo e orientarla ai
beni non apparenti: nel Lachete platonico (186b-c), Socrate dichiara di averla
desiderata fin dalla giovinezza, precisando però di non avere avuto un maestro
al riguardo e di non averla ancora trovata. Di questa tecnica, ipotizzando di
puntare alla virtù nel suo insieme, ci si potrebbe aspettare che sia associata ad
una scienza completa di tutti i beni e di tutti i mali (199c-e).
La centralità della psyché è confermata nell’Alcibiade I, dove Socrate invita a
prendersene cura, lasciando ad altri la cura del corpo e delle ricchezze (132c).
Qui si comprende inoltre che per Socrate la curabilità dell’anima passa
attraverso la possibilità, che essa ha, di guardare in se stessa: come l’occhio ha
bisogno di una superficie rispecchiante per vedere se stesso e riesce, ad
esempio, a percepirsi riflesso nella pupilla di un altro, così l’anima (psyché) ha
bisogno di un’altra anima per “vedersi” (133a-c).
Il dialogare socratico diventa