LE MURA DI BARCELLONA
150.000 abitanti, densità tra le più alte in Europa mura settecentesche funzionavano più come simbolo del potere
madrileno e della repressione della città che non come struttura di difesa. La città è costretta a svilupparsi in altezza
riducendo sempre più le condizioni di soleggiamento e aerazione già difficili nel reticolo stretto del tessuto
medievale. Il risultato è l’aggravarsi delle condizioni igieniche, sanitarie e sociali della città che diventano molto
precarie (1834, 1854, colera). durata media della vita in città inferiore a 26 anni La richiesta di abbattere le mura è
ricorrente nell’Ottocento. Anche se molti sono a favore dell’abbattimento, i proprietari immobiliari sono contrari: il
contenimento spaziale della città ha fatto salire i prezzi delle aree e gli affitti degli alloggi. Dopo dei tentativi d
demolizione delle fortificazioni da parte della popolazione, nel’44 il Consiglio omunale avanza una prima richiesta
formale di ampliamento della città, è l’abbattimento avverrà solo nel ’54, e Cerdà incricato del rilievo topografico,
stilando un programma di ampliamento presentandolo poi a Madrid. In città la questione dell’ampliamento è
oggetto di un confronto molto duro tra interessi contrapposti. Quando nel febbraio 1859 il Consiglio comunale
decide di nominare una commissione per il piano, tre giorni dopo il governo di Madrid incarica Cerdá di presentare
entro un anno le sue proposte per l’espansione e la ristrutturazione della città esistente. Cerdá è già pronto, e ad
aprile le sue carte sono a Madrid. Il Consiglio comunale, sentendosi esautorato da Madrid, bandisce un concorso per
il piano di ampliamento e nell’ottobre del 1859 il primo premio è assegnato all’unanimità al progetto di Antoni
Rovira i Trias. Nel frattempo Cerdà pubblica la teoria, che contiene un’nalisi economica degli effetti dei prezzi dei
suoli dentro e fuori le mura della città, proponendo una città senza limiti, che passa alla storia come la città
egualitaria.
LE RAGIONI DI UNA TEORIA
Il piano di ristrutturazione e di espansione di Barcellona è per Cerdá l’occasione di mettere alla prova e rendere
pubbliche le riflessioni teoriche che lo occupano da tempo. Il motivo principale per cui ha deciso di dedicarsi allo
studio della costruzione della città è che il prezzo che la rivoluzione industriale sta chiedendo alle città gli appare
troppo alto. Di fronte ai gravi problemi sanitari e residenziali della città industriale Cerdá sente la necessità di
intervenire, ma si rende anche conto dell’arbitrarietà di qualunque forma di regolazione L’esigenza di una teoria
nasce dunque dalla volontà di arginare l’arbitrarietà delle scelte e per compiere scelte che possano servire a
costruire una città industriale più giusta.
PROGRAMMA POLITICO
La griglia ortogonale che viene adoperata non è solo un organizzazione spaziale, ha anche principale obiettivo cioè
quello di offrire ai gruppi sociali più sfavoriti un ambiente di vita salubre e dignitoso, oltre che meno costoso.
L’espansione è pensata per ridurre la speculazione fondiaria e immobiliare e abbassare gli affitti. La griglia
ortogonale offre a tutti i proprietari grosso modo le stesse opportunità di sfruttamento del suolo; essa rappresenta
simbolicamente e funzionalmente una società equa sia nei confronti dei gruppi sociali più sfavoriti, sia nei confronti
dei proprietari. Il suo programma è tutto fuorchè semplice e apparentemente contraddittorio, poiché con la griglia
omogenea va a ridurre i plusvalori immobiliari dei proprietari andando a ridistribuire ricchezza verso i residenti.
LIBERTà E PIANIFICAZIONE
La teoria generale della costruzione della città è condotta da Cerda al riparo da due tentazioni: 1) attribuire un
valore assoluto alle conclusioni della teoria, 2) regolare ogni cosa. ( è un Liberale )La pianificazione liberale di Cerdá
cerca un difficile equilibrio tra la libertà, che rende il futuro imprevedibile, e la pianificazione che deve in qualche
modo tentare di prevederlo, tra l’iniziativa individuale e l’intervento pubblico. In qualche misura si tratta di integrare
gli opposti: libertà e controllo, ma anche città e campagna, nella consapevolezza che entrambi appartengono da
tempo allo stesso processo di trasformazione capitalista del territorio e dell’economia.
LE CINQUE BASI DELLA TEORIA
PER Cerda la teoria ha senso se è un aiuto per l’azione, un supporto per una migliore pratica professionale, e per
tanto Cerda si orienta verso una teoria che faccia riferimento alle cinque cruciali dimensioni delle pratiche di
trasformazione urbana: tecnica, legale, econimica, amministrativa, politica. Tecnica: 1. elementi tecnici della
urbanización, la costruzione della città (intervias).
Legale: 2. affinché i piani non rimangano sulla carta è necessario avere una base legale. i diritti e i doveri dei
proprietari coinvolti e della pubblica amministrazione devono essere definiti con una legge (riforma sanitaria,
questione del suolo, un’equa distribuzione dei vantaggi e svantaggi tra i proprietari e accorpamento dei lotti per
ottenere dimensioni di intervento razionali)
Economica: 3. base economica, per stabilire criteri e meccanismi per finanziare i lavori di urbanizzazione e per la
divisione di costi e benefici tra gli attori coinvolti
Amministrativa: . 4. regole urbanistiche ed edilizie, è in pratica la traduzione dei primi due principi , e si tratta delle
regole di attuazione del piano, e devono essere queste molto rigide per questioni importanti come la sicurezza e le
norme igieniche.
Politica: 5. base politica, che richiede che il successo di un progetto sia perseguito con una molteplicità di
«transazioni» e «transizioni», scambi e compromessi tra attori che perseguono obiettivi differenti.
Cerdá, nel corso della sua vita, ebbe l’opportunità di svolgere i diversi ruoli di uomo politico, amministratore,
funzionario, imprenditore e investitore; conosceva quindi piuttosto bene e dall’interno le culture e le logiche a cui
rispondono gli interessi conflittuali con cui si trovò a operare come pianificatore e, all’occorrenza, seppe usare quegli
interessi ai suoi fini.
LE QUATTRO FASI
le nuove forme di energia, vapore ed elettricità, messe a disposizione dei mezzi di trasporto, hanno un effetto
straordinario sulla velocità di movimento di persone e cose. la nuova città industriale è troppo grande, confusa,
congestionata e mutevole perché sia possibile conoscerla nel suo insieme.
La strategia scelta da chi osserva e studia la città per progettarla è allora quella di spezzare l’informe urbano in parti
più facilmente trattabili, per poi ricostruire un tutto come somma di queste parti. È quello che fa Cerda. Egli parla di
quattro fasi, in cui prende in considerazione le varie parti della città, e cerca dunque di gestire una sorta di inter-
scalarità. Prima fase è quella dell’ABITARE: l’abitare determina la qualità della vita: il problema della casa è il punto
di partenza per il progetto della città. Legato al problema della casa è il problema della densità, un problema di
igiene urbana ma anche di contenimento dei prezzi: le alte densità prima dell’espansione avevano voluto dire
plusvalori per i proprietari immobiliari e affitti alti. la popolazione di Barcellona e soprattutto le classi più povere
soffrono in modo insopportabile in un ambiente che rovina la loro salute. L’obiettivo di Cerdá è garantire
l’indipendenza dell’individuo nella sua casa, e l’indipendenza della casa nella città. Persegue la privacy individuale e
l’igiene (aria pulita, sole, acqua pura). Seconda fase è quella invece del traffico: la continuità del movimento, di ogni
tipo di movimento – pedoni, carri, ferrovie – e quindi la compatibilità tra i diversi tipi di movimento. Lo smusso degli
angoli degli isolati è giustificato dalla volontà di facilitare la continuità del movimento, aumentare la visibilità agli
incroci e agevolare i pedoni negli attraversamenti La strada è definita come «un’unità combinata formata di spazio
per il movimento e di edifici». Considerare la strada come un tutt’uno di edifici e spazio per il traffico diventa un
argomento per giustificare la richiesta di finanziarne la costruzione rivolta ai proprietari degli edifici che si affacciano
su di essa. L’isolato diviene la «unità elementare della costruzione». La terza fase è quella del connubio tr abitazione
e traffico, e parliamo dunque della teoria dell’urbanizaction: Il concetto di intervia, un neologismo di Cerdá, pone la
questione delle abitazioni alla scala dell’isolato e non del lotto, e introduce una visione della rete viabilistica diversa
dal passato. Cerdá coglie il carattere idraulico del traffico e la necessità di proporzionare la sezione stradale al
volume di traffico previsto, «nello stesso modo in cui il corso di un fiume si ingrandisce ogni qualvolta è raggiunto da
un ramo o affluente». La viabilità è dunque una rete: così come il lotto è parte dell’isolato, la strada è parte della
rete. Il neologismo intervia, invece di manzana, sta a sottolineare che è la rete stradale a definirne forma,
dimensione e soleggiamento. Questo discorso fatto per le singole parti, viene poi esteso a grande scala, parlando
dunque del rapporto che intercorre tra città e regione la città non può essere considerata un corpo estraneo alla
campagna, tra città e campagna c’è un’insostituibile continuità. Non è possibile separare la città, dove si passa la
vita, dal campo dal quale proviene il nutrimento che mantiene la vita. Nella visione che Cerdá ha dei rapporti tra città
e regione, i confini tra città e campagna diventano sempre più mobili e ambigui. Nell’indagare il legame tra città e
campagna Cerdá definisce due concetti simmetrici: predio urbano (proprietà edilizia) e predio rustico (proprietà
fondiaria) come elementi costituenti di qualunque proprietà immobiliare in campagna e in città, in un villaggio come
nell’intera nazione.
PRATICHE E TEORIA
La sua teoria ruota intorno al virtuosismo tra giustizia e razionalità, accompagnato dalla circolarità di teoria
pratiche. Nel suo impianto teorico non dà più importanza alle motivazioni politiche, o a delle
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Fondamenti urbanistica
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