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RONALD DWORKIN
Il dibattito tra H.L.A. Hart e Ronald Dworkin è ancora centrale nella filosofia del diritto. Hart è un
rappresentante del giuspositivismo, mentre Dworkin ha criticato questo approccio, mettendo in
evidenza le sue lacune e stimolando una revisione critica delle sue basi.
Una delle principali critiche di Dworkin a Hart riguarda i principi. Secondo Dworkin, Hart si è
concentrato solo sulle regole giuridiche, ignorando che il diritto è formato anche da principi, che
giocano un ruolo fondamentale nel ragionamento giuridico e nelle decisioni dei giudici.
Dworkin fa l’esempio del caso Riggs vs. Palmer (New York, 1889). Elmer Palmer aveva ucciso il
nonno per ereditare, ma la legge non prevedeva l'omicidio come motivo per invalidare un
testamento. Tuttavia, la Corte decise che Palmer non poteva ereditare, basandosi su un principio
implicito: sarebbe stato ingiusto permettere all'assassino di trarre profitto dal suo crimine.
Dworkin sostiene che, in questo caso, i giudici non hanno agito arbitrariamente. Hanno applicato un
principio giuridico esistente, anche se non era esplicitamente formulato nella legge. Questo
principio esisteva in virtù del suo contenuto, non per il modo in cui era stato creato.
Differenza tra regole e principi secondo Dworkin:
Le regole si applicano in modo rigido, tutto-o-niente: o si seguono o si violano. Ad
• esempio, la regola "Vietato l'ingresso ai veicoli nel parco" impone una decisione precisa: o
non entri con il veicolo, o violi la regola.
I principi, invece, orientano la decisione, ma non impongono un'unica soluzione. Possono
• essere bilanciati con altri principi e, anche se non prevalgono in un caso, restano validi e
possono essere applicati in futuro.
Inoltre, per Dworkin, la validità dei principi non dipende da criteri formali o procedurali, come
avviene per le regole, ma dipende dal loro contenuto.
In sintesi:
Le regole impongono decisioni precise e o si applicano o si violano.
• I principi orientano la decisione, ma non impongono una sola scelta. Possono essere
• bilanciati con altri principi e restare validi anche se non applicati in un caso specifico.
Dworkin e il bilanciamento dei principi
Secondo Ronald Dworkin, i principi giuridici non funzionano come le regole. Mentre le regole
sono o valide o invalide (Tertium non datur, cioè non c’è una terza possibilità), i principi hanno un
"peso". Quando due principi entrano in conflitto, i giudici devono fare un bilanciamento o
ponderazione. In questo processo, il giudice decide quale principio applicare in un caso specifico,
scegliendo quello che ritiene più importante. Tuttavia, il principio "accantonato" non perde la sua
validità e può essere applicato in altri casi futuri.
Il bilanciamento dei principi si applica solo al caso specifico e non crea una regola generale
• valida per tutti i casi.
Le regole sono parte dell'ordinamento solo se sono state create secondo determinate
• procedure (le cosiddette metanorme).
I principi, invece, sono validi per via del loro contenuto morale e non dipendono da
• procedure formali.
Dworkin critica la teoria di Hart, che segue il giuspositivismo. Secondo Hart, la validità delle
norme dipende dal loro pedigree (il fatto che siano state create secondo determinate procedure).
Dworkin sostiene, invece, che i principi giuridici non seguono questa regola e sono validi per il
loro valore morale e per il fatto che riflettono una concezione della giustizia.
Per Dworkin, la decisione giusta in un caso legale è quella che si adatta meglio alla morale politica
espressa dalle fonti del diritto di un paese. La migliore soluzione deve essere coerente con la storia
giuridica del paese e con la sua concezione della giustizia.
Risposta di Hart
Hart risponde alle critiche di Dworkin affermando che anche le regole possono entrare in conflitto
con i principi. In alcuni casi, le regole possono prevalere sui principi o viceversa, senza che le
regole diventino invalide. Per Hart, la differenza tra regole e principi non è così netta, ma è solo una
questione di grado.
Hart crede che Dworkin sbagli su due punti:
1. Pensare che i principi giuridici non possano essere identificati in base al loro pedigree.
2. Credere che una norma di riconoscimento (cioè le regole che stabiliscono quali norme sono
valide) possa usare solo criteri formali e non considerare il contenuto morale dei principi.
Hart ammette che, in alcuni casi, i criteri di validità delle norme possono includere riferimenti al
loro contenuto morale, e la norma di riconoscimento può richiedere la conformità a principi
morali.
Infine, Hart critica l’idea di Dworkin secondo cui esiste sempre una sola risposta giusta nei casi
legali. Hart sostiene che il diritto può contenere principi in conflitto o che una regola può essere
giustificata da principi diversi, entrambi validi. A seconda di quali principi si scelgono, la risposta
corretta può cambiare, quindi non c’è mai una sola risposta giusta.
1. Caratterizzazione dei principi giuridici e distinzione dalle regole
I principi giuridici si distinguono dalle regole per diverse caratteristiche. I principi sono spesso
norme più generali, più vaghe o più astratte rispetto alle regole, e possono avere delle eccezioni
implicite. Di seguito le principali differenze:
Fattispecie aperta vs. fattispecie chiusa:
• Una norma a fattispecie aperta non elenca in modo tassativo tutti i fatti che portano alla
conseguenza giuridica. Ciò significa che possono esserci casi non esplicitamente previsti
dalla norma, ma che comunque producono lo stesso effetto giuridico.
Al contrario, una norma a fattispecie chiusa elenca in modo completo e definitivo i fatti
che portano alla conseguenza giuridica.
Norme defettibili:
• Una norma è defettibile quando ha delle eccezioni non espresse chiaramente nella norma
stessa o in altre norme. In altre parole, la norma stabilisce che nelle situazioni A, B e C deve
prodursi una certa conseguenza (X), ma si ritiene che, in presenza di una circostanza
aggiuntiva (D), la conseguenza X non debba prodursi, anche se D non è espressamente
menzionata nella norma.
Norme generiche:
• Un principio è generico se si applica a molte situazioni diverse, senza distinguere tra di
esse. Più una norma è generica, meno è informativa e meno specifica è rispetto alle azioni
richieste per soddisfarla.
Norme fondamentali:
• I principi sono considerati fondamentali perché:
1. Giustificano o supportano altre norme.
2. Non richiedono essi stessi di essere giustificati da altre norme.
Norme vaghe:
• Una norma è vaga quando contiene termini dal significato non ben definito o che possono
essere interpretati in modi diversi.
Norme indeterminate:
• Una norma è indeterminata quando le sue conseguenze normative non sono predeterminate
o non è chiaro come debba essere applicata.
In sintesi, i principi giuridici sono più flessibili e generali delle regole. Le regole tendono a essere
più precise e rigide, mentre i principi lasciano spazio all’interpretazione e all’adattamento a
situazioni specifiche.
1. Principi come ragioni di secondo grado
I principi giuridici sono considerati ragioni di secondo grado, cioè sono usati per decidere
quali altre ragioni (come le regole) scegliere e applicare. In altre parole, i principi servono
come base per i ragionamenti che portano a selezionare regole implicite o specifiche norme.
2. Nozione forte e debole di principio
C'è una distinzione tra chi adotta una nozione forte di principio, sostenendo che i principi e
le regole sono concetti completamente distinti e opposti, e chi adotta una nozione debole,
considerando la differenza tra principi e regole come una questione di grado e non di tipo.
3. Defettibilità e vaghezza non solo nei principi
La defettibilità (cioè la presenza di eccezioni non esplicite) non è esclusiva dei principi.
Anche alcune norme ritenute non di principio possono essere defettibili. Per esempio, l’art.
1428 c.c. (sull’annullamento del contratto per errore) è considerato defettibile, perché ci
possono essere eccezioni non esplicitamente menzionate. Lo stesso vale per la vaghezza: ci
sono norme, come l’art. 578 c.p. (sull’infanticidio), che usano termini vaghi come
"immediatamente dopo", ma non sono considerate principi.
4. Elaborazione dei principi inespressi
Ci sono due modi per elaborare principi inespressi:
Dal basso: si ricava un principio partendo da diverse norme esistenti, che si ritiene
o abbiano una ratio comune (cioè una logica sottostante).
Dall’alto: si inferisce un principio che è la specificazione o l’attuazione di un
o principio più generale già individuato.
5. Applicazione dei principi
I principi possono essere applicati in due modi:
Applicazione diretta: i principi vengono usati per colmare lacune, quando non ci
o sono regole esplicite che coprono un caso.
Giudizio di violazione: si verifica se un principio è stato violato in un determinato
o caso. Inoltre, i principi possono essere usati per interpretare altre norme giuridiche.
6. Conflitti tra principi e bilanciamento
Quando due principi entrano in conflitto, si usa una tecnica chiamata bilanciamento o
ponderazione. In pratica, si crea una gerarchia temporanea tra i principi, dando maggiore
peso a uno rispetto all’altro in un caso specifico. Il principio meno importante viene
accantonato, ma resta valido per altri casi. Questo bilanciamento si applica solo al singolo
caso e non rende invalido il principio meno applicato.
7. Bilanciamento vs. specificazione
Il bilanciamento crea una gerarchia temporanea tra i principi in conflitto, ma un’altra
tecnica chiamata specificazione può aiutare a rendere il diritto più coerente. La
specificazione consiste nel ridefinire il campo di applicazione di uno dei principi in
conflitto, invece di creare una gerarchia. Entrambe le tecniche richiedono un certo grado di
discrezionalità da parte dell’interprete.
In sintesi, i principi giuridici non solo aiutano a orientare l’applicazione delle regole, ma giocano
anche un ruolo centrale nella risoluzione dei conflitti tra norme e nell'interpretazione giuridica.
Giusrealismo scandinavo
1. Teoria del diritto
Il realismo giuridico scandinavo è stato un movimento nato nella prima metà del '900, guidato dal
filosofo Axel Hägerström. Hägerström credeva che, quando conosciamo qualcosa, c’è una
separazione tra il soggetto (noi) e l'oggetto (ciò che conosciamo), che esiste indipendentemente da
noi. Questo oggetto è reale solo se è percepibile attraverso i