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CAPITOLO QUARTO: ESSERE L’AMORE. L’ESISTENZA COME
RELAZIONALITA’ RICONOSCENTE
1 - L'antropologia pedagogica del famigliare
1.1
La riflessione fenomenologica prende vita dall’esperienza vissuta ed è seguita dalla riflessione
pedagogica che prende vita dalla pratica. La pedagogia può essere considerata come la scienza
“umanistica” definita dalla ragion pratica.
1.2
In questo capitolo viene presentata una riflessione di antropologia pedagogica sulla famiglia, che è
ulteriore rispetto alla fenomenologia dell'amore coniugale o della relazione genitoriale e si
interroga sull’indagine del senso e sul metodo dell’educazione.
L’antropologia pedagogica presenta un'indagine sul tutto, visto e inteso come un insieme concreto
di parti dipendenti quali educazione, istruzione, formazione e tutto ciò he riguarda la crescita
personale della persona) , che da sole sarebbero astratte, e che trovano nell'insieme il loro orizzonte
adeguato per la comprensione del senso.
L'educazione, il destarsi e l'affinarsi della consapevolezza di sé sono intesi come fondamentale atto
d'amore, come un dono che dipende sempre dalla libera iniziativa di un altro, e che trova il suo
orizzonte in una prospettiva antropologica che giustifica l'essere della persona come essere-amato.
Il grado di astrazione dell'antropologia pedagogica è inferiore a quella filosofica, che è una scienza
più universale.
L'antropologia filosofica offre a quella pedagogica un orizzonte più comprensivo, e un fondamento
per vedere e intendere in modo più adeguato la tensione strutturale che segna la persona.
L’antropologia filosofica e quella pedagogica sono due scienze ben distinte le quali hanno differenti
gradi di astrazione e diversi stili di riflessione. Con la filosofia la persona riflette sulle proprietà
reali, sull’essere e sul pneuma inoltre l’antropologia filosofica istituisce per l’antropologia
pedagogica un orizzonte di comprensione più vasto.
1.3
Il punto di inizio dell’antropologia pedagogica del familiare è l’analisi fenomenologica condotta
sull’amore coniugale e sull’amore genitoriale. La vita della persona si rivela capacità di creare
legami d’amore: donare, accogliere, rioffrire amore; possiamo, pertanto, intenderla come
relazionalità riconoscente.
I tratti essenziali dell'esistenza personale possono essere intesi e definiti solo paragonandoli alle
relazioni che hanno la loro prima radice di senso nella vita di coppia e di famiglia e dunque
possiamo affermare che non sarebbe possibile intendere la persona e la sua vita senza riportarla a
queste originarie categorie relazionali e interpersonali ( ogni figlio può essere sposo ma anche
fratello).
Da questa riflessione derivano due tesi:
la prima è che non è possibile cogliere a pieno il senso di ciascuna di queste categorie
relazionali senza rapportarle con tutte le altre e dunque possiamo parlare di co-implicazione;
la seconda è che ciascuna di queste categorie reciproche presentano l'orizzonte adeguato di
senso solo se vengono definite come esistenziali, in quanto formano i tratti costitutivi dell'esistenza
della persona.
Secondo la prima affermazione di fondo ogni relazione acquista un senso proprio e adeguato solo se
ha un nesso con le altre. L'antropologia pedagogica vede e intende queste categorie relazionali come
verità a priori dell'esistenza personale.
2 - Il dono originario e la via del senso
2.1
All'inizio di ogni riflessione c'è sempre un soggetto che si pone delle domande sul senso della sua
esistenza. Il soggetto si interroga sul mondo il quale è percepito come ethos inteso come:
1. spazio: luogo di dimora e come luogo in cui sono custodite le proprie incertezze,
2. tempo.
Nessuno ha scelto questo spazio e questo tempo, nessuno è stato previamente consultato, così come
nessuno ha scelto la famiglia in cui viene originariamente ad essere, ricevendo il dono primo, che è
quello della vita; anche qui, ci si è trovati ad essa consegnati, quasi senza preavviso.
Di questo tempo e questo spazio il soggetto sa già qualcosa che è stata appresa negli ambiti della
propria vita, principalmente in famiglia; proprio attraverso la famiglia l’individuo definisce il
proprio vocabolario che rappresenta un orientamento esistenziale che andrà a definire la fisionomia
dell’individuo e, dunque, possiamo affermare che la fisionomia non sia l’esito di una scelta libera.
L’essere e l’esistenza rappresentano una consegna e possono essere trasmessi per osmosi dai
genitori e questo è assunto dall’individuo come una “paradossale gratuità”.
(pezzo in più che era nei riassunti e nel libro non c’è) Le nostre certezze, dunque, non sono frutto
di una nostra riflessione, di un’elaborazione in proprio ma le abbiamo apprese in situazioni che ci
hanno trovati “oggetti”, in un atteggiamento passivo, piuttosto che soggetti che maturano un
atteggiamento di fondo che consenta di vivere come protagonisti, attori e anche un po’ autori della
propria vita. È, in sostanza, quella condizione che noi siamo soliti chiamare con l’espressione
lasciarsi vivere.
2.2
Molti individui non vivono ma accettano di lasciarsi vivere; il contesto attuale, secondo Bauman, è
segnato da un sonnambulismo esistenziale, un'esistenza inautentica, un modo d'esistere che non
permette di vivere la vita in prima persona; solamente un incontro speciale può destare la persona
da questo sonnambulismo, che coincide con la scoperta di una dimensione autentica dell'esistenza
che procura una gioia non conosciuta prima.
La scoperta di una vita autentica, vissuta cioè in prima persona, si può sperimentare attraverso una
gioia: il gaudio dell’esser desti, cioè il poter vivere trovando e scegliendo il significato delle cose
che pensiamo o che facciamo. Per la fenomenologia si tratta di una vera e propria conversione”, una
conversione dell’intelligenza, ingombra di giudizi, concetti e convinzioni che abbiamo ricevuto
senza averle saggiate. Formando il nostro mondo e il vocabolario essenziale della vita
quotidiana.
Partendo dalle nostre certezze, dobbiamo, allora, mettere tra parentesi” tutto quello che sappiamo, le
conoscenze ritenute ovvie e chiederci:” Tutto quello di cui sono certo è anche vero?. Se decidiamo
di iniziare un cammino di ricerca del vero, possiamo sperare di sperimentare un'esistenza autentica.
Mettere in discussione tutte le certezze è destabilizzante ma quando l’individuo riesce a trovare e la
forza e il coraggio di sopportare questa prova egli riesce a giungere ad un’esistenza autentica.
Attraverso l'intelligenza facciamo esperienza diretta di ogni cosa come se la vedessimo per la prima
volta come accade ai bambini.
La decisione di mettere in questione le proprie certezze immediate implica l'uso della volontà,
perché si possa desiderare e scegliere di essere mossi dalla conquista di un bene riconosciuto nella
sua oggettività o verità.
2.3 (non ho capito bene il paragrafo)
La dimensione dell'esistenza autentica appare al soggetto come una possibilità aperta e riofferta alla
sua esplorazione e alla sua scelta e quindi essere una possibilità per il soggetto di vivere bene.
Iniziare a sperimentare in prima persona l'esistenza coincide con la scoperta di vivere già da sempre
al cospetto di una realtà più ampia di quella personale. Ogni realtà, allora, muta di segno, cioè
diventa evidenza alla luce della totalità, a cominciare dalla stessa gratuità originaria.
Affermare di essere casualmente gettati nel mondo significa ammettere il primato del non senso, ma
allora la via del senso può essere il riconoscimento del dono, cioè riconoscere che l'io concreto e
l'esistenza ci vengono affidati in un atto originario che ci fa essere primi donatari. Il riconoscimento
del dono, il suo accoglimento e la sua riofferta significa che io riconosco l’essere che io sono e
l’essere che io sono e l’esistenza che io esercito mi viene affidata; in un atto originario in cui un
misterioso donante mi costituisce come primo donatario dell’essere e dell’esistenza (ho copiato la
frase dal libro perché non riuscivo a comprenderla).
La prospettiva del senso e del senso assoluto ci aiuta a capire l’ascesi dell’intelligenza e del volere
che implica un trascendimento di sé da parte del soggetto; tutto ciò fa riferimento
all’intenzionalità onto-centrica (intenzionalità definita come apertura centrata sull’essere).
Il senso dell’ascesi risiede proprio nell’intenzionalità onto-centrica la quale porta a comprendere la
realtà da un punto di vista dell’assoluto.
Il primo gesto di libertà che l’individuo può compiere è quella di scegliere di abitare in un mondo
segnato da un senso e da un senso assoluto e non relativo.
3 - Il volto intangibile e la custodia del sé
3.1
Originariamente ciascuno percepisce il proprio corpo dall'interno e non si ha una percezione
dall'esterno se non attraverso il riflettersi davanti ad uno specchio o di fronte al corpo dell'altro, che
può darmi qualche riflesso di me.
Grazie alla fenomenologia oggi vediamo e intendiamo il corpo come testo originario della persona
inteso come fonte di tutte le informazioni; o come carne, perché porta in sé tutti i segni e le trafitture
che il soggetto incontra nella sua vita.
La fenomenologia aiuta anche a cogliere un altro aspetto essenziale per avere un'intelligenza
adeguata dell'identità coscienziale, che si presenta come corpo-oggetto situato in un punto dello
spazio, ovvero il punto zero.
Da questo punto il soggetto ha una percezione prospettica (e non pan-ottica) del mondo, di una sua
parte definita. Il corpo è la presenza stessa della persona, ma non è possibile incontrarla se non ci si
imbatte con esso. Quando l'altro appare nel nostro mondo, noi lo cogliamo grazie ad una percezione
analogica che ci fa riconoscere in lui quello che noi stessi siamo.
L'altro è un corpo animato vivente, e attorno a lui si apre una determinata prospettiva sul mondo che
delimita il suo universo personale. L'empatia ci aiuta a comprendere anche solo per qualche istante
un tratto del suo universo. Ogni persona è una monade con porte e finestre che però sono chiuse
dall'interno, e possono essere aperte solo dall'interno. L'empatia è una virtù speciale che porta
l'intelligenza nell'universo soggettivo dell'altro e ce