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L'etica di Kant e le emozioni

L'etica di Kant si organizza per polarità ben definite: autonomia-eteronomia, soggetto-individuo, ragione-sensibilità. L'etica di Kant è razionale, in quanto solo nella razionalità c'è autonomia. Se vogliamo essere veramente responsabili delle nostre azioni, dobbiamo abbandonare ogni possibile condizionamento/interferenza che giunge dall'ambiente esterno. Per questo Kant si ritrae dalla sensibilità e da un'altra dimensione importante per l'essere umano che è il mondo emotivo. Nelle sensazioni lo stimolo proviene dal mondo fisico mentre nelle emozioni lo stimolo non è fisico, tuttavia le persone ne restano colpite e ne sono condizionate. Sensazioni ed emozioni sono messe da Kant sullo stesso piano, e vengono da lui respinte e devono essere evitate così come la corporeità. Per Kant non sono adatte a strutturarsi all'interno della sfera morale/sfera etica. In questo compie una

grande rottura con l'eticaprecedente che ricerca la felicità tramite le virtù che rappresenta un ideale regolativo che controlla la sfera emotiva: Aristotelediceva che prendiamo decisioni sulla base di quello che siamo e che vogliamo essere quindi natura e corpo, ma allo stessotempo non ci dobbiamo far sopraffare dalle passioni (=emozioni).Eliminate le emozioni, eliminata la corporeità, rimane la testa l'intelletto, la razionalità. L'etica di Kant è un'etica puramente razionale, centrata sul dovere (ragione e intelletto) che è il criterio da adottare in vistadell'agire. Il dovere è la decisione razionale che io prendo in riferimento all'agire. Emotività, sensibilità, corporeità, non fanno parte dell'ambito della razionalità. La decisione etica è una decisione razionale sulla base di dati puramente razionali, cioè le leggi morali che l'uomo sidà da sé. Per Kant la legge morale che l'uomo si dà da sé è dettata dalla soggettività (soggetto come struttura logica e mentale che tutti condividiamo) e non dall'individualità. La soggettività è una sola, uguale per tutti, le individualità invece sono tante. La decisione morale (il compito di prendere decisioni giuste) deve essere rimandata alla nostra parte intellettuale, alla razionalità, la quale così come possiede delle categorie di tipo logico possiede anche delle categorie morali che Kant chiama invari modi (leggi morali) che sono subordinate ad un criterio assoluto/fondamentale/universale: la legge morale fondamentale, il cui enunciato è: "Tratta sempre gli altri come un fine e mai come un mezzo". Tutte le altre massime/criteri sono subordinati a questa massima. Questo criterio è chiamato da Kant massima delle massime o imperativo categorico. IMPERATIVOCATEGORICO: "Tratta sempre il tuo prossimo come fine e mai come mezzo" Imperativo: comando. Categorico: è la categoria fondamentale dell'etica. Imperativo categorico: è la categoria fondamentale dell'etica che ha un valore imperativo: se vuoi avere un comportamento etico, non puoi non seguirla. Se non hai un comportamento etico significa che non sei autonomo. L'altro va trattato come un fine e mai come un mezzo, perché l'altro non è mai semplicemente un altro corpo o un'altra struttura emotiva, ma ciò che lo rende umano è il possesso della razionalità. Se lo tratto come un fine, onoro la soggettività/razionalità che è nella sua individualità. Bisogna onorare la soggettività/razionalità che è dentro ogni essere umano perché la razionalità è quella che ti permette di conoscere il mondo e ti permette di essere autenticamente etico; se tu

non onorassi la razionalità che è dentro di te e dentro tutti gli altri esseri umani tu andresti a negare te stesso, e la tua stessa umanità. Bisogna quindi onorare ciò che ci fa umani, che è la soggettività (razionalità, logica) che è presente in ognuno di noi. L'etica kantiana è il primo esempio di etica soggettiva (in cui il soggetto è autonomo): solo se qualcosa si fonda in noi possiamo essere autonomi. È riuscito a far capire l'importanza dell'autonomia e che qualcosa per essere autenticamente etico dev'essere fondato su di noi. Emozioni Kant criticato perché diceva fossero irrazionali. → Se la natura ci ha dato le emozioni è perché le emozioni ci servono. Non si può dire che le emozioni siano irrazionali e prive di senso, perché hanno un loro significato e un loro senso ben preciso.

ETICA CONTEMPORANEA

ETICA DI NIETZSCHE

C'è un elemento di

rottura e discontinuità rispetto alle etiche del passato, che sono accomunate dal carattere universale: ciò che intendono trovare è una risposta valida sempre alle domande fondamentali dell'etica. L'imperativo categorico è un principio universale incondizionato, deve stare alla base di tutte le decisioni morali senza distinzioni di epoca, razza, ecc. Questa posizione presuppone che la razionalità umana sia qualcosa di assoluto, di puro, di incondizionato. Questa idea inizia ad essere attaccata: l'essere umano è soggetto a molteplici condizionamenti e di conseguenza anche la razionalità è soggetta a tanti fattori. Razionalità (logos) = capacità di argomentare in modo sicuro intorno alla realtà. A partire dalla seconda metà dell'800 inizia ad esserci un dubbio sempre più grande relativo alla capacità della ragione umana e su cosa significhino veramente i grandi ideali.

siamo esseri condizionati allora la razionalità non è in grado di darci una verità pura, perché semplicemente non esiste. Possiamo quindi affermare che la razionalità è immune da condizionamenti? Fino ad ora l'idea di verità pura e razionalità incondizionata presuppone che nella realtà ci siano costanti invariabili che non sono soggette al divenire e al mutamento. Se la razionalità è essa stessa un portato storico o un portato biologico le cose cambiano. La razionalità è condizionata da pregiudizi sociali, religiosi, razziali, ecc, e quindi non possiamo affermare che la razionalità sia immune a pregiudizi. Noi oggi siamo convinti che non ci sia nulla di stabile, nulla che possiamo chiamare "eterno". Esiste o no qualcosa di eterno? Se esiste la verità, se qualcosa è vero, è vero sempre, ma il termine "sempre" ci rimanda alla dimensione dell'eternità, dell'universalità.

Perciò l'idea di una razionalità pura e di verità universale, presuppongono l'idea dell'eternità, ovvero che nella realtà ci siano costanti invariabili. Parte della realtà muta ma c'è una parte di realtà che non muta (costanti invariabili). Quest'idea delle costanti invariabili viene messa sempre più in discussione fino a venire completamente negata con Nietzsche che segna lo spartiacque che divide la filosofia fatta fino a quel tempo dalla filosofia contemporanea. Nietzsche fa una critica radicale alle costanti invariabili nella realtà ed esalta l'elemento dell'alterità. Il '900 è la scoperta dell'importanza dell'altro: tutta la filosofia contemporanea esalta non l'elemento dell'identità, ma l'importanza dell'altro. Difendere il primato dell'alterità sull'identità è un altro modo di dire.che ci si pone è: come possiamo adattarci a questa realtà fluida? Come possiamo gestire il continuo cambiamento? La risposta potrebbe essere quella di abbracciare l'alterità, di accettare che siamo costantemente diversi da noi stessi e che tutto intorno a noi è in costante mutamento. Dobbiamo imparare a essere flessibili, ad adattarci ai nuovi paradigmi e alle nuove strutture della realtà. Questo richiede un'apertura mentale, la volontà di imparare e di crescere costantemente. Dobbiamo essere pronti a mettere in discussione le nostre convinzioni e ad abbracciare nuove prospettive. Solo così potremo affrontare con successo i cambiamenti che la realtà ci presenta. In conclusione, la realtà è fluida e in costante cambiamento. Dobbiamo adattarci a questa realtà e abbracciare l'alterità. Solo così potremo gestire il continuo mutamento e crescere come individui.di Nietzsche è: "cos'è che dà valore ai valori?", "perché gli esseri umani hanno sentito la necessità di pensare in termini di valori?" I valori sono ciò che orienta il nostro comportamento e Nietzsche dice che gli esseri umani hanno creato i valori per dare un senso alla realtà, ma la realtà di suo non ha nessun senso. I valori per Nietzsche sono molto simili a quella che è la prospettiva (=la visione/il modo con cui il nostro cervello organizza la disposizione degli oggetti nello spazio). La visione che se ne ricava è soggettiva, non reale, quindi la prospettiva in realtà non esiste. I giudizi di valore sono esattamente la stessa cosa, sono delle modalità con le quali noi ci disponiamo all'interno della realtà. La realtà non è fatta per aver senso ed essere conosciuta da noi, il fine della realtà è essere se stessa; la realtà

è totalmente priva di senso, il senso ce lo mettiamo noi. Si è sempre dato per scontato che la nostra prospettiva fosse reale e oggettiva, ma non lo è: è l’uomo che crea e attribuisce un senso alle cose, degli scopi per orientarsi all’interno della realtà. Se l’uomo avesse consapevolezza che la realtà fosse priva di senso rimarrebbe paralizzato e non riuscirebbe a vivere. La realtà non è fatta per essere conosciuta anche per questo motivo, perché conoscere veramente la realtà implicherebbe rendersi conto di aspetti molto spiacevoli. Il fine della realtà è quello di essere se stessa, non è fatta in vista dell’uomo, se ne frega dell’uomo. La natura (Leopardi) non ha uno scopo e quindi non ha senso, ma è l’uomo che ha cercato di trovare degli scopi all’interno della natura in modo tale da riuscire a vivere. Tutto questo vale per la conoscenza: siamo talmente

tanto abituati a dare un senso alle cose che pensiamo che le cose abbiano un senso. Secondo Nietzsche l'uomo ha bisogno della menzogna, e la nostra conoscenza sulla realtà è
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Publisher
A.A. 2021-2022
52 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/03 Didattica e pedagogia speciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Susannadavid di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Etica della cura e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Chiurco Carlo.