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PREPARAZIONE DEL PROGRAMMA.
Le operazioni per realizzare la fase di preparazione del programma sono:
1. La valutazione della fattibilità dell’intervento educativo.
2. La scelta dei contenuti, del metodo, dei mezzi.
3. La predisposizione degli strumenti di verifica.
ATTUAZIONE DEL PROGRAMMA.
Durante l’attuazione dell’intervento educativo è bene fare verifiche di
continuo per avere riscontro e per apportare le eventuali modifiche
necessarie.
VERIFICA.
La verifica è un processo di controllo continuato o finale delle risorse,
degli obiettivi definiti, dei risultati ottenuti durante e alla fine
dell’attuazione di un programma di lavoro.
VALUTAZIONE.
L’interpretazione dei risultati consentono una valutazione dell’intervento per:
1. Efficienza (rapporto risultati-risorse o costi-benefici).
2. Efficacia (rapporto risultati-obiettivi).
3. Pertinenza (rapporto risultati-bisogni).
TIPI DI INTERVENTI EDUCATIVI. I tipi di intervento educativi, di natura socio-
sanitaria, attuabili sono: quello generalizzato o di massa e quello
individuale o selettivo.
L’intervento generalizzato ha come scopo la prevenzione del rischio,
mentre l’intervento selettivo ha come scopo la correzione di un rischio
già presente.
I due tipi di interventi educativi sono pertanto rivolti a destinatari diversi e
quindi comportano anche differenze, non solo nel messaggio, ma anche nel
canale e nell’emittente.
Il luogo ideale per l’intervento generalizzato è la scuola, di ogni ordine e
grado; mentre per quanto riguarda gli interventi individuali, possono essere
attuati a livello dei Distretti Sanitari, da parte delle varie figure
professionali (medici, infermieri, psicologi…).
LA RELAZIONE DI AIUTO E LA TECNICA DEL COUNSELING. La relazione
processo che comporta la crescita di una
d’aiuto può essere definita come un
persona o di entrambe le persone coinvolte, attraverso il loro relazionarsi e per
le risorse che, di conseguenza possono venire attivate.
Anche le relazioni umane quotidiane possono diventare relazioni di aiuto se
si usano le risorse giuste, e possono costituire una “rete sociale”.
Sul piano del sostegno psicologico, la relazione di aiuto si colloca sul primo
gradino, sul secondo c’è il counseling, relazione ancor più specializzata che
ha una chiara connotazione educativa; sul terzo c’è la psicoterapia.
La metodologia della relazione d’aiuto mette al centro l’uomo. È una
metodologia che concede a ogni persona la possibilità di autoregolazione e
quindi di adattamento e di autonomia.
Il lavoro più efficace però non è quello che si fa al posto dell’altro, ma è quello
di aiutare il paziente-utente ad acquisire consapevolezza che può
cambiare, ed affrontare e risolvere la propria situazione, ovvero quello
dell’empowerment.
Una tecnica di comunicazione privilegiata nell’educazione sanitaria è il
counselling, ossia una tecnica comunicativa che permette di entrare nei
meccanismi decisionali del paziente, aiutandolo a correggere i
comportamenti non corretti, attraverso scelte responsabili. Dunque, è uno
strumento che permette di aiutare il paziente a recuperare sicurezza e a
ricostruire il suo ruolo.
L’obiettivo del counseling non è quello di stabilire modifiche necessarie per
il paziente, ma di rendere possibili al paziente modifiche di comportamento
attraverso scelte da lui fatte.
Il counseling in definitiva non consiste nel dare consigli, ma nell’aumentare la
possibilità di scelte di comportamento. Non gli si offrono soluzioni, ma lo si
aiuta a reperire risorse personali per risolvere la sua situazione e per
innescare comportamenti adeguati.
Per applicare il counseling occorre competenza e padronanza di tecniche,
ma anche risposte relazionali, conta insomma la qualità della
comunicazione.
CAPITOLO 26 – SCREENING.
SCREENING. Innanzitutto bisogna dire che la prevenzione secondaria si
basa sull’attuazione di misure che permettono l’identificazione di condizioni di
rischio o di stati patologici in fase preclinica, seguite dall’immediato
trattamento.
Uno degli strumenti della prevenzione secondaria è rappresentato dallo
screening. procedura che consente
Lo screening può essere definito come una
l’identificazione di una malattia in fase iniziale asintomatica o di una
condizione particolarmente a rischio mediante l’applicazione di test o esami o
altri procedimenti che possono essere eseguiti rapidamente.
È importante sottolineare che un test di screening non permette di fare una
diagnosi ma permette di selezionare quei soggetti da sottoporre a
successive indagini diagnostiche. Infatti la positività indica soltanto che
quel soggetto è ad alto rischio di contrarre quella malattia, e pertanto i soggetti
risultati positivi al test di screening devono essere sottoposti ad un esame
diagnostico di conferma per quella malattia.
La popolazione oggetto di screening non deve essere sottoposta al test una
sola volta, ma l’esame deve essere ripetuto regolarmente, altrimenti
l’efficacia globale del programma sarà ridotta.
Esistono diversi tipi di screening, ognuno con un suo specifico scopo:
SCREENING DI MASSA, che interessano un’intera popolazione.
SCREENING SELETTIVO, che riguarda gruppi di soggetti ad alto rischio
di malattia.
SCREENING MULTIPLO, che comprende l’uso di vari test
simultaneamente.
SCREENING OPPORTUNISTICO, o ricerca dei casi, quando è limitato a
pazienti che consultano il medico per motivi non collegati ai test di
screening poi effettuati.
CRITERI DI PROGRAMMAZIONE. I principali criteri da seguire prima che
venga istituito un programma di screening si riferiscono alle caratteristiche
della malattia, al suo trattamento e al test di screening da utilizzare.
Per quanto riguarda la MALATTIA:
Deve essere di una certa gravità o comunque di rilevanza sociale,
in termini di morbosità o di mortalità.
Deve essere ben riconosciuta la storia naturale della malattia in
modo da sapere se la diagnosi della malattia e il conseguente intervento
terapeutico riducano la morbosità e la mortalità.
La malattia deve avere un tempo di anticipazione diagnostica
abbastanza lungo. Questo tempo corrisponde all’intervallo tra il
momento in cui la malattia può essere per la prima volta diagnosticata
attraverso lo screening e quello in cui è generalmente diagnosticata in
pazienti che si presentano con i sintomi.
Per quanto riguarda il TRATTAMENTO:
Anche se la malattia è grave, è necessario disporre di un efficace
trattamento terapeutico nel momento in cui la malattia viene rilevata
dallo screening, altrimenti non si modifica l’evoluzione della malattia. Ad
esempio, è inutile effettuare uno screening per il cancro del pancreas in
quanto il trattamento medico o chirurgico non modificano la prognosi.
I soggetti che hanno bisogno di un adeguato trattamento devono poter
usufruire del trattamento necessario, altrimenti non è opportuno
coinvolgere nello studio soggetti che hanno bisogno di trattamenti
terapeutici se poi non sono disponibili le risorse finanziarie necessarie.
Tutte le persone coinvolte nello screening e alle quali è stata
diagnosticata la malattia, devono poter accedere al trattamento, in
caso contrario il programma non è corretto dal punto di vista etico.
Per quanto riguarda il TEST DI SCREENING:
Deve essere semplice, di rapida esecuzione e non eccessivamente
costoso.
Deve essere accettato dai soggetti coinvolti nel programma di
screening.
Deve essere affidabile, ovvero fornire risultati coerenti e ripetibili.
Deve essere valido. La validità di un test si determina valutando i tre
parametri: sensibilità, specificità e valore predittivo.
VALUTAZIONE DEI TEST DI SCREENING. I risultati ottenuti con un test di
screening vengono di solito valutati con una tabella 2x2 in cui vengono messi
in rapporto la positività o la negatività ad un determinato test e la presenza o
meno di malattia nei pazienti esaminati.
Si può a questo punto calcolare la sensibilità e la specificità che vengono
espressi in percentuale:
Sensibilità = VP/VP+FN (veri positivi/veri positivi + falsi negativi).
Sensibilità è la proporzione di persone positive al test tra quelle
realmente malate.
Specificità = VN/VN+FP (veri negativi/veri negativi + falsi positivi).
Specificità è la proporzione di persone negative al test tra quelle non
malate.
Dunque, dalla tabella emergeranno i:
VP= veri positivi (positivi al test ed effettivamente malati).
FP= falsi positivi (positivi al test ma non malati).
FN= falsi negativi (negativi al test ma malati).
VN= veri negativi (negativi al test e veramente non malati).
Sebbene sarebbe desiderabile poter disporre di un test di screening che sia
altamente sensibile e altamente specifico, il valore soglia tra una condizione
normale e una anormale è, in alcuni casi, difficile da stabilire.
Infatti uno dei maggiori problemi nell’applicazione pratica di uno screening è
la validità del test utilizzato: infatti i risultati falsi positivi comportano
perdite di tempo e aumento dei costi e possono provocare ansietà e sconforto
nelle persone risultate erroneamente positive al test.
I risultati falsi negativi risultano a volte peggiori di quelli falsi positivi. Infatti
coloro che risultano negativi al test, non si preoccupano più della patologia e
pertanto potrebbero non sottoporsi più a visite mediche. In questo modo i
soggetti rischiano una situazione di danno per la propria salute ma anche per
quella della comunità.
Esempi di patologie sottoposte a screening prenatale sono: sindrome
di Down, spina bifida, galattosemia.
Esempi di patologie sottoposte a screening di massa sono: tumore
alla cervice uterina (test= pap- test), tumore della mammella (test=
mammografia), tumore del colon retto (test = colonscopia).
Per quanto riguarda la valutazione dell’efficacia delle campagne di
screening, nel caso di screening che portano alla diagnosi precoce di malattia
in fase iniziale asintomatica (tumore della cervice uterina o tumore della
mammella), non vi sarà una riduzione della incidenza della malattia e la
valutazione sull’efficacia dell’intervento dovrà essere effettuata solo in
termini di mortalità e sopravvivenza.
Nel caso invece di identificazione precoce di condizioni di rischio (ad esempio
ipertensione per le patologie cardiovascolari), c