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Entrata della Cina nel WTO Pag. 1
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Estratto del documento

Negli anni Novanta, l’Amministrazione Bush sr. e poi quella Clinton

avevano messo in atto la cosiddetta politica dell’engagement, che si

fondava sull’idea secondo la quale coinvolgere la Cina nel sistema

internazionale avrebbe potuto portare a una liberalizzazione del suo

sistema economico e, auspicabilmente, anche di quello politico.

L’aspettativa era che, estendendo alla Cina principi quali

il libero commercio

● la libertà di navigazione

● la cooperazione internazionale nella risoluzione delle sfide

● globali

Pechino avrebbe avuto tutto l’interesse a operare per preservarli.

Si pensava dunque che l’arricchimento e l’apertura economica del

Paese avrebbero dato inizio ad un processo di democratizzazione che

avrebbe allontanato la Cina da un’ideologia comunista e che questo

avrebbe portato ad un miglioramento dei rapporti con l’Occidente.

Tuttavia, la crescita economica è dimostrazione del fatto che

democrazia e crescita non sono interdipendenti, in quanto

quest’ultima è avvenuta sotto un governo comunista stabile.

In effetti, ancora ad oggi molti cinesi sono convinti che i recenti

progressi economici del Paese si debbano proprio alla forma di

governo autoritaria della Cina.

2) Dal canto suo, la Cina si trovava invece davanti ad un bivio:

da una parte, l’adesione al sistema liberale occidentale

● l’avrebbe portata ad essere uno dei più grandi attori

protagonisti della geopolitica e dell’economia mondiale

dall’altra, perpetrando una politica economica chiusa, la Cina

● avrebbe sì mantenuto fede all’ideologia comunista ma sarebbe

rimasto uno dei tanti casi di mancato sviluppo di Paese

potenzialmente in ascesa ma limitato dal non essere parte

integrante del circuito internazionale.

Inoltre, l’ingresso della Cina nel WTO non era ben visto a livello

interno: infatti, in primo luogo non vi era il consenso da parte

dell’opinione pubblica, ed in secondo luogo anche all’interno del

partito vi erano molte divergenze.

Le preoccupazioni si fondavano sul fatto che l’adesione avrebbe

potuto generare effetti negativi nei settori più arretrati dell’economia

nazionale, in quanto avrebbe agevolato gli investimenti delle imprese

straniere a discapito dei posti di lavoro nazionali.

D’altra parte però, l’entrata nel WTO rappresentava per la Cina

un’occasione imperdibile perchè non solo avrebbe stimolato e

spronato lo sviluppo economico del paese (consentendole in breve

tempo di arrivare ad essere una delle più grandi economie presenti al

mondo), ma le avrebbe dato anche l'opportunità di svilupparsi sul

piano interno e intraprendere degli scambi commerciali

internazionali in completa sicurezza, senza la paura di essere soggetta

ad eventuali discriminazioni.

Per questo motivo, nonostante una riluttanza, soprattutto interna,

iniziale la Cina decise di battersi per entrare nell’organizzazione,

intraprendendo un percorso di riforme interne atte a trasformare

l’economia cinese da economia pianificata a economia di mercato e

dunque poter partecipare efficacemente al processo di globalizzazione

economica.

Tutto ciò le ha permesso di diventare la seconda economia più influente del

mondo senza tuttavia rinunciare al suo status di paese autocratico che non

accetta ingerenze da parte delle istituzioni internazionali o di attori esterni

riguardo questioni interne.

Pertanto possiamo assumere che la grande scommessa dell’Occidente

sull’apertura dei mercati come strumento per l’omologazione politica di

Pechino, sia in realtà stata vinta dalla Cina stessa, dimostrando che un

sistema autocratico come il suo poteva andare a braccetto con l’economia

liberale.

Questo ha smentito decenni, se non secoli, di teorie economiche e politiche

basate sull’assioma che i modelli di democrazia occidentali liberali

favoriscano la crescita economica e il benessere collettivo.

COM’E CAMBIATO L’ORDINE INTERNAZIONALE IN SEGUITO

ALL’ENTRATA DELLA CINA NEL WTO?

Dopo aver analizzato le cause che hanno portato all’entrata della Cina

nell’organizzazione mondiale del commercio è infatti importante studiarne

anche le conseguenze, specialmente dal punto di vista delle relazioni

internazionali. E quindi la domanda a cui cercheremo di rispondere è che

impatto hanno avuto l’entrata della Cina e il conseguente boom economico

sull’ordine internazionale mondiale?

Innanzitutto, come abbiamo potuto constatare, la Cina possiede un rapporto

ambiguo nei confronti dell’ordine liberale, nonostante faccia comunque

parte di alcune delle più importanti istituzioni internazionali che sono al

centro di questo ordine globale, tra cui le Nazioni Unite e appunto

l’Organizzazione Mondiale del Commercio.

Non essendo uno Stato liberale, si è mostrata più volte restia ad accettare e

condividere alcune delle norme e dei valori dell’attuale sistema

internazionale: Pechino infatti sembra mostrarsi favorevole solo alle regole

e alle istituzioni che si rivelano compatibili con il proprio interesse

nazionale e che favoriscono la crescita economica cinese.

Questa ambiguità ha fatto sollevare più volte il dubbio, soprattutto a

Washington, se in futuro la Cina avrebbe abbracciato l’attuale ordine

internazionale, probabilmente cambiandone alcune regole, oppure se

cercherà di rovesciarlo per imporne uno proprio.

Dettagli
A.A. 2019-2020
5 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/06 Storia delle relazioni internazionali

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher martapaladin07 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia delle relazioni internazionali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Soave Paolo.