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AMIGDALA:
Si trova nella parte più interna del lobo temporale ed è così chiamata per la sua forma che
ricorda una mandorla.
L’amigdala, presente nei vertebrati, ha un’origine filogenetica molto antica.
Numerose evidenze sperimentali hanno dimostrato che l’amigdala svolge un ruolo
processi legati alla paura. In tutti i vertebrati, uomo compreso, l’attività di
prominente nei
questa struttura aumenta notevolmente in presenza di un pericolo, mentre in assenza di un
pericolo, la sua stimolazione elettrica è in grado di indurre reazioni di paura e ansia; inoltre,
la distruzione chirurgica dell’amigdala nei topi di laboratorio fa sì che essi si avvicinano
incautamente a un gatto e, nello stesso modo, la sua distruzione nelle scimmie fa sì che non
provino paura in presenza di serpente.
Gli effetti della mancanza dell’amigdala nell’uomo sono stati studiati in casi clinici molto rari.
Tra questi, il caso meglio noto è quello della paziente SM, una donna affetta dalla sindrome
danno
di Urbach-Wiethe, la quale, in conseguenza di questo disturbo, ha riportato un
In linea con i risultati ottenuti negli esperimenti sugli animali, anche
bilaterale dell’amigdala.
SM, quando esposta a pericoli come un serpente velenoso o una tarantola, non mostrava
alcuna reazione di paura, tentando addirittura di afferrarli mettendo così a repentaglio la
propria vita.
L’insieme di questi dati fornisce una solida prova a supporto dell’idea che l’amigdala ha un
ruolo cruciale negli stati emotivi connessi con la paura.
Studi di neuroimmagine funzionale hanno anche rilevato che l’attività dell’amigdala aumenta
eccessivamente nei disturbi della sfera affettiva legati alla paura e all’ansia, quali attacchi di
panico, fobie e disturbi post-traumatici da stress.
Per poter riconoscere stimoli potenzialmente pericolosi, l’amigdala riceve informazioni sugli
stimoli sensoriali presenti.
Studi di anatomia hanno dimostrato che l’amigdala è in contatto diretto con tutti i sistemi
sensoriali, tramite i quali riceve informazioni visive, uditive, gustative, olfattive
somatosensoriali.
Queste connessioni fanno sì che l’amigdala sia una delle strutture del telencefalo più
densamente interconnesse.
Secondo il modello proposto da LeDoux, uno dei più noti ricercatori nel campo della
neurobiologia delle emozioni, l'amigdala riceve delle informazioni sensoriali tramite due vie
parallele.
La prima via è costituita dalle proiezioni dei neuroni del talamo sensoriale.
L’altra via, invece, arriva direttamente dalle cortecce sensoriali.
Il talamo riceve le informazioni della periferia sensoriale in anticipo rispetto alle cortecce;
quindi, la via talamo-amigdala è quella attraverso cui le informazioni possono raggiungere in
minor tempo possibile l’amigdala.
Le informazioni sensoriali sono elaborate in maniera maggiormente accurata a livello della
corteccia sensoriale. La corteccia sensoriale, quindi, invia all’amigdala informazioni più
precise e dettagliate sullo stimolo sensoriale presente. Tuttavia, essendo l’ultima tappa delle
vie sensoriali, la via corticoamigdala è più lenta rispetto a quella talamica.
Nei mammiferi, l’amigdala è formata da un insieme di nuclei, di cui i più noti e meglio studiati
sono i nuclei laterale, basale e centrale.
Secondo le ipotesi più attuali, il nucleo laterale rappresenta l’area dell’amigdala su cui
converge la maggior parte delle informazioni sensoriali dal talamo e dalle cortecce
sensoriali.
Una volta raggiunta l'amigdala laterale, queste informazioni sarebbero elaborate a livello dei
nuclei laterale, basale e centrale.
A questo punto, si è in presenza di uno stimolo potenzialmente pericoloso: l’attività dei
neuroni dell'amigdala aumenta notevolmente.
Se lo stimolo è potenzialmente pericoloso, nella mente si attivano alcuni neuroni che
proiettano a molteplici strutture cerebrali responsabili della messa in atto delle risposte dei
nucleo basale e il nucleo centrale
comportamenti legati alla paura. In particolare, il
regolerebbero le risposte di immobilità e di fuga e le risposte corporee associate alla paura:
infatti, il nucleo centrale è anche coinvolto nella regolazione dell’attività dell’ipotalamo e
nell’attivazione del sistema nervoso autonomo e delle risposte umorali legate allo stress.
I nuclei dell’amigdala, in particolare il nucleo centrale, sono anche in grado di attivare altre
strutture cerebrali, quali, per esempio, quelle coinvolte nella regolazione delle espressioni
facciali legate alla paura, nella coordinazione dei movimenti, come il cervelletto, e nella
liberazione di serotonina e noradrenalina, allo scopo di aumentare lo stato di vigilanza
dell’individuo.
Grazie all’azione combinata dei nuclei dell’amigdala, quindi, il corpo umano è in grado di
fronteggiare il pericolo nella maniera più rapida ed efficace possibile.
La paura, come tutte le altre emozioni, può essere innescata da stimoli suddivisi in due
differenti tipologie: gli stimoli innati e quelli appresi.
Gli stimoli innati sono quelli di cui non si deve fare esperienza per sapere se sono potenziali
fonti di pericolo; rappresentando potenziali pericoli per la specie, le informazioni su questi
stimoli sono tramandate geneticamente di generazione in generazione.
Al contrario, gli stimoli appresi sono costituiti da quelli che diventavano indicatori di
potenziale pericolo solo in seguito alle esperienze fatte dal singolo individuo. Nell’uomo la
maggior parte degli stimoli in grado di innescare le risposte di paura sono appresi, cioè
basati sulle esperienze emotive vissute.
Il principale paradigma sperimentale adottato per identificare questi circuiti cerebrali consiste
nel condizionamento alla paura (esp. piccolo Albert). Applicando il condizionamento alla
paura in pazienti con un danno all’amigdala, come la paziente SM, i risultati ottenuti hanno,
tuttavia, sorpreso notevolmente i ricercatori: infatti, gli sperimentatori presentarono a SM lo
stimolo neutro che in precedenza era stato associato all’esperienza dolorosa, SM ricordava
molto bene l’esperienza a cui era stata sottoposta; tuttavia, alla presentazione dello stimolo,
la paziente è rimasta totalmente calma: le sue risposte corporee non si modificarono, come
invece succedeva nei soggetti di controllo.
Gli sperimentatori quindi conclusero che l'amigdala sarebbe sì necessaria per il
condizionamento alla paura, ma specificamente per associare gli stimoli sensoriali alle
risposte corporee, mentre non sarebbe necessaria per formare i ricordi coscienti delle
esperienze vissute.
Questi ricordi, noti come memoria dichiarativa, richiedono invece la partecipazione
dell’ippocampo. Complessivamente, questi studi suffragano l’idea che l’amigdala sia
fondamentale per formare i ricordi delle esperienze dolorose e traumatiche.
Ma dove si formano e dove vengono conservati, anche per tutta la vita, questi ricordi?
Al momento, la comunità scientifica non è in grado di dare una risposta a questo quesito.
Ciò è dovuto al fatto che sono state presentate due principali teorie, contrapposte tra loro ed
entrambe sostenute da risultati sperimentali.
La prima teoria, proposta da LeDoux, sostiene che l’amigdala sia una delle sedi principali
dove si formano e sono conservati i ricordi delle esperienze traumatiche. Secondo LeDoux,
le informazioni sugli stimoli sensoriali arriverebbero all’amigdala tramite le vie talamica e
corticale. All’amigdala, arriverebbero anche le informazioni riguardanti gli aspetti
emotivamente salienti dell’esperienza. Tale convergenza farebbe sì che all’interno
dell’amigdala gli stimoli sensoriali siano associati al connotato emotivo dell’esperienza.
Questa associazione sarebbe quindi formata all’interno dell’amigdala, dove rimarrebbe
depositata anche per tutta la vita.
Al contrario, McGaugh sostiene che i risultati descritti dagli esperimenti di LeDoux dimostrino
un coinvolgimento dell'amigdala nella formazione e nel deposito delle memorie traumatiche,
non indicano che questi ricordi si formino e siano conservati nell’amigdala. Secondo
ma
McGaugh, l’amigdala regolerebbe la formazione e il deposito dei ricordi traumatici, che però
ipotizzato che le
avverrebbero in altre strutture cerebrali. Questi studi hanno, pertanto,
proprie memorie emotive potrebbero essere formate e depositate a livello delle cortecce e
che l’amigdala sarebbe fondamentale nei processi di apprendimento emotivo, in quanto
necessaria per regolare questi processi corticali.
—
Per quanto riguarda i processi emotivi, a livello della corteccia prefrontale è particolarmente
importante la corteccia prefrontale ventromediale, cioè quella porzione della corteccia
prefrontale che si trova nella parte più interna e verso il basso.
Numerosi studi effettuati nei roditori e nell’uomo indicano che questa regione svolge un ruolo
importante nei processi emotivi, non specificamente legato a una singola emozione, ma
regolazione della sfera affettiva in generale.
piuttosto alla
A partire dal caso di Gage, è risultato chiaro che danni in questa zona di cervello inducono
drammatiche alterazioni nei comportamenti emotivi, quali disinibizione, irritabilità, ridotta
flessibilità emotiva e diminuita capacità di regolazione delle reazioni emotive.
Questi comportamenti sono talvolta associati a ridotta capacità di programmazione e
drammatiche alterazioni del comportamento sociale, tali da determinare la rottura dei legami
familiari e delle amicizie.
Nei processi affettivi, la corteccia prefrontale ventromediale sembra svolgere più ruoli.
Innanzitutto, questa corteccia riceve e integra informazioni sensoriali di diversa modalità
dalle cortecce sensoriali e informazioni sull’ambiente interno e sulle risposte visceromotorie.
Grazie alla convergenza di queste informazioni, la corteccia prefrontale ventromediale è in
grado di integrare tra loro informazioni sensoriali ed enterorcettive, formando quindi una
rappresentazione integrata dell’evento emotivo; Inoltre, grazie a connessioni con le altre
aree prefrontali, la corteccia prefrontale ventromediale è in grado di influenzare i processi
legati all’interazione sociale e i processi decisionali.
Infine, dalla corteccia prefrontale ventromediale escono vie discendenti dirette verso
strutture sottocorticali coinvolte nei processi emotivi, quali ipotalamo, amigdala e nucleo
accumbens.
Grazie a queste connessioni la corteccia è in grado di regolare l’attività delle strutture
sottocorticali coinvolte nei processi emotivi.
Nel corso