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ELEMENTI POSITIVI
Ricavi sono il principale dei componenti positivi che compongono gli elementi
positivi dell’impresa. Esprimono ciò che l’impresa consegue dallo svolgimento
della sua attività tipica (=il suo settore di operatività). Ogni impresa ha
un’attività tipica
→ i ricavi sono i corrispettivi che derivano dalle cessioni di beni o dalle
prestazioni di servizi che rientrano nell’oggetto dell’attività
dell’impresa (BENI MERCE = beni alla cui produzione o al cui scambio è
diretta all’attività dell’impresa)
→ ci sono degli elementi fiscali che, pur non ascrivibili a ciò che l’impresa fa,
sono da considerarsi ricavi d’impresa:
a. costituiscono ricavi d’impresa i corrispettivi derivanti dalla cessione
(vendita) di materie prime per l’impresa stessa (quindi di beni che sono
utilizzati dall’impresa per la produzione dei beni merce o dei servizi a cui
è diretta l’attività dell’impresa)
b. costituiscono ricavi i risarcimenti danni per la perdita di beni alla cui
produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa (beni merce)
c. costituiscono ricavi i contributi in conto esercizio
- il contributo è un’erogazione sganciata da un legame sinallagmatico: nel
contributo si beneficia di un’erogazione senza assumersi alcun obbligo
- il contributo è un apporto, un’erogazione cui non corrisponde il dovere di
effettuare una contro-prestazione
- i contributi si distinguono in:
i. contributi in conto esercizio: erogati per la finalità di supportare la
gestione corrente, ordinaria dell’impresa
ii. contributi in conto capitale: finalità di rafforzare il patrimonio
dell’impresa e quindi di dotarla di risorse patrimoniali
d. corrispettivi derivanti dalla cessione degli strumenti finanziari iscritti
nell’attivo circolante, che è il primo pilastro della fiscalità finanziaria
dell’impresa
e. autoconsumo o destinazione a finalità estranee dei beni merce
beni strumentali sono i beni utilizzati nel processo produttivo per produrre i beni
merce. Ad essi si applicano gli ammortamenti
beni merce: non si applicano gli ammortamenti
Nei contributi viene meno la connessione tra quello che io do e quello che tu a
fronte della cosa che hai da me ricevuto mi devi dare. Viene a mancare un
obbligo di facere/dare a fronte dell’apporto stesso, viene meno il nesso
sinallagmatico perché non c’è un obbligo di fare a fronte della dazione che si
riceve
Contributi si distinguono in conto esercizio e in conto capitale: i contributi in
conto esercizio sono funzionali a consentire all’impresa di sostenere i costi
correnti, che derivano dalla gestione ordinaria (entrate e uscite correnti che
l’impresa ha per lo svolgimento della sua attività ordinariamente,
quotidianamente). Se si tratta di fini diversi, come quelli di rafforzamento del
patrimonio, i cd fini di dotazione patrimoniale dell’impresa allora i contributi
diventano in conto capitale e si collocano nei componenti positivi e nello
specifico nelle sopravvenienze atipiche
Contributi in conto esercizio hanno il fine di rafforzare la capacità di spesa, di
gestione ordinaria dell’impresa e sono una dotazione che l’impresa riceve
senza obbligo di una controprestazione -> i contributi non sono mai
soggetti a IVA, mentre i corrispettivi sono sempre soggetti a IVA
Quando i corrispettivi derivanti della cessione degli strumenti finanziari sono
iscritti nell’attivo circolante e quindi sono pronti per realizzare un utile, i relativi
corrispettivi danno luogo a ricavo
Autoconsumo o destinazione a finalità estranee dei beni merce o autoconsumo
di servizi: è una fattispecie che è espressione di un principio di valore
sistematico nella fiscalità d’impresa. L’imprenditore consuma per sé stesso un
bene d’impresa. È l’utilizzo personale di beni d’impresa da parte
dell’imprenditore, dei soci o dei loro familiari -> impiego diretto da parte
dell’imprenditore dei beni d’impresa
Quando gli atti di autoconsumo escono dalla sfera di utilizzo personale
dell’imprenditore, dei soci o dei suoi familiari, ma essi siano comunque
destinati a finalità non coerenti con quelle tipiche d’impresa (no finalità di
lucro) allora siamo di fronte a una destinazione a finalità estranee che è
trattata come una fattispecie equiparabile all’autoconsumo. La
destinazione a finalità estranee è un impiego di un bene d’impresa per fini che
sono estranei a quelli che normalmente l’impresa persegue ossia rispetto ai fini
che normalmente sono quelli di profitto
L’autoconsumo è un ricavo per una sorta di fictio iuris, cioè di finzione
giuridica: il fisco considera la fattispecie come un ricavo quindi tassa l’impresa
come se avesse venduto il bene che in realtà è stato utilizzato dallo stesso
imprenditore o che è stato destinato a finalità estranee → il legislatore tassa il
valore di mercato. L’autoconsumo è quindi la tassazione del valore normale
del bene autoconsumato o destinato a finalità estranee. Il ricavo è dato dal
valore di mercato. Questo vale anche per la prestazione di servizi
L’autoconsumo è una disciplina di tipo tecnico: la scelta di determinare questo
effetto è una norma strutturale, che ha a che fare con la tassazione della
capacità contributiva dell’impresa. Tutti i plusvalori latenti dell’impresa, che
escono in assetto non corrispettivo (escono dal circuito d’impresa), sono tassati
altrimenti si genererebbe un “salto d’imposta”
Logica della simmetria dei costi: se ho dedotto i costi, allora tasso il valore
normale di mercato
CORRISPETTIVI DERIVANTI DALLA CESSIONE DEGLI STRUMENTI FINANZIARI (es
azioni, quote societarie, obbligazioni) ISCRITTI NELL’ATTIVO CIRCOLANTE (1°
pilastro della fiscalità finanziaria dell’impresa): caratteristica di questa
iscrizione nell’attivo circolante è che l’investimento è fatto per una cessione nel
breve periodo con una logica che, di regola, ha carattere speculativo (es
acquisto di azioni sul mercato borsistico con l’obiettivo di un guadagno). Di
regola, gli incrementi di valore dei titoli in questo caso sono determinati dal
mercato, non dall’apporto di risorse manageriale cioè gestorie dell’investitore
(è il mercato che genera l’incremento di valore)
AUTOCONSUMO (destinazione al consumo proprio o della propria famiglia di un
bene merce o servizi dell’impresa) O DESTINAZIONE A FINALITÀ ESTRANEE DEI
BENI MERCE o di servizi dell’impresa (l’impresa ha normalmente come fine il
profitto e quindi costituisce finalità estranea ogni erogazione di beni di impresa
sganciata dalla finalità di profitto): il ricavo sarà determinato nella misura
del valore di mercato (come se fosse stato percepito)
- questa regola è un punto di emersione di un principio generalissimo della
tassazione dell’impresa, un principio per cui tutto ciò che fuoriesce dal
circuito dell’impresa in assetto non corrispettivo è tassato, con
una conseguente emersione dei valori latenti. Di regola la tassazione è
allineata ai valori di mercato
- autoconsumo indica una “distorsione” dell’attività tipica dell’impresa che
sottende una coerenza degli atti d’impresa con il fine della stessa: ogni
atto d’impresa deve essere coerente con il fine d’impresa
es. testare e fare pubblicità al prodotto sono fini coerenti con quelli tipici
dell’impresa: autoconsumo interno non genera ricavo perché è un costo
d’impresa. Se invece il prodotto viene fatto testare da un’influencer, c’è una
componente di autoconsumo che trova nella finalità di marketing la sua
ragione principale quindi non è più un autoconsumo da ritenersi generativo di
un ricavo ma è da ritenersi un costo di pubblicità perché non perde la sua
coerenza con i fini d’impresa
- autoconsumo produce solo costi e non ricavi: non è una fuoriuscita
del bene dal circuito d’impresa
Gli atti non coerenti con i fini d’impresi sono normalmente tassati
Autoconsumo esprime esigenze di simmetria della tassazione
2. PLUSVALENZE
Sono i corrispettivi che derivano dalla cessione di beni diversi dai beni merce.
La definizione di plusvalenze si ottiene per differenza. I beni diversi dai beni
merce possono definirsi beni plusvalenti. I beni plusvalenti si dividono in:
a. beni strumentali, ossia i beni inseriti nel processo produttivo, che a loro
volta si dividono in strumentali per natura e strumentali per destinazione
i. bene strumentale per natura = tutti quei beni che non
possono che avere una destinazione strumentale, a meno che
non siano sottoposti a radicali trasformazioni
ii. un bene è strumentale per destinazione quando è lo stesso
imprenditore che imprime la funzione di strumentalità. Il bene
viene destinato a un fine d’impresa, è impiegato nell’esercizio
dell’attività d’impresa. Si ha quando la destinazione
strumentale è impressa dal titolare dell’impresa (es. palazzo sul
Canal Grande utilizzato da una casa di moda per presentare
collezioni o farvi le sfilate di presentazione delle nuove linee)
b. beni (meramente) patrimoniali = beni che appartengono all’impresa,
ma non sono né merce né strumentali quindi non hanno né la
connotazione propria dei beni merce né sono beni che hanno la funzione
di servire all’attività produttiva dell’impresa. Sono beni riferibili alla
titolarità dell’impresa
= sono BENI “RIFERIBILI” ALL’IMPRESA che NON SONO UTILIZZATI
o NEL PROCESSO PRODUTTIVO e, ovviamente, NON SONO BENI
MERCE. Sono quei beni acquisiti con finalità generiche di
investimento (es. l’immobile di pregio, l’opera d’arte). Per
l’imprenditore persona fisica la riferibilità di un bene all’impresa e
quindi la sua qualificazione come bene plusvalente dipende dalla
scelta dell’imprenditore stesso di inserire il bene nell’INVENTARIO
DEI BENI D’IMPRESA. Si tratta, dunque, di una scelta formale che
ha conseguenze fiscali sostanziali perché MARCHIA LA FISCALITA’
del bene come bene privato piuttosto che come bene d’impresa.
Per le società e gli enti commerciali non si pone il problema della
duplicità tra sfera privata e sfera imprenditoriale, perché tutte