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LI INTERESSI PASSIVI E GLI ONERI FINANZIARI ASSIMILATI COMPRESI QUELLI INCLUSI NEL COSTO DEI
, ' :
BENI SONO DEDUCIBILI IN CIASCUN PERIODO D IMPOSTA FINO A CONCORRENZA
a. DEGLI INTERESSI ATTIVI E PROVENTI FINANZIARI ASSIMILATI DI COMPETENZA NEL PERIODO
”
b. DEGLI INTERESSI ATTIVI E PROVENTI FINANZIARI RIPORTATI DA PERIODI PRECEDENTI
→ richiede un rapporto di commisurazione tra interessi attivi e interessi passivi,
cioè la deducibilità degli interessi attivi e passivi è condizionata dagli interessi
attivi che io ricevo, “ L'
ECCEDENZA DEGLI INTERESSI PASSIVI E DEGLI ONERI FINANZIARI RISPETTO
'
ALL AMMONTARE COMPLESSIVO DEGLI INTERESSI ATTIVI E PROVENTI ASSIMILATI È DEDUCIBILE NEL LIMITE
' 30%
DELL AMMONTARE RISULTANTE DELLA SOMMA TRA IL DEL RISULTATO OPERATIVO LORDO DELLA GESTIONE
7,
CARATTERISTICA RIPORTATO DA PERIODI DI IMPOSTA PRECEDENTI AI SENSI DEL COMMA A TAL FINE SI UTILIZZA
”
30%
PRIORITARIAMENTE SUCCESSIVAMENTE IL
Art 96 TUIR costruisce un regime di sfavore: limita la deducibilità degli interessi
passivi e perciò impone delle variazioni in aumento con lo scopo di rendere le
imprese più solide, di favorire il giusto rapporto tra capitale di rischio e capitale
“thin capitalization”,
di debito → questa disciplina si chiama cioè della
capitalizzazione sottile perché era diretta a contrastare i fenomeni di
capitalizzazione inadeguata delle imprese molto esposte sul versante del
debito e poco dotate di capitale di rischio
Se l’imprenditore si indebita ha un trattamento fiscale deteriore perché non
può dedursi una parte significativa degli interessi passivi che paga quindi paga
molte più imposte per effetto di variazioni in aumento (rettifica in aumento del
reddito rispetto al risultato del bilancio civilistico)
All'inizio c'è una solida derivazione, che poi è oggetto di variazioni per
realizzare interessi che il legislatore tributario intende attuare tramite la
normativa fiscale. Tra questi interessi c’è quello di evitare fenomeni di
sottocapitalizzazione, cioè di inadeguata patrimonializzazione dell'impresa
È una norma anche volta a stabilire gli standard della buona impresa, cioè
chiamare l'imprenditore a rispettare un approccio all'attività dell'impresa sana,
equilibrato nell'impiego di risorse finanziarie e di risorse di capitale di rischio.
Perché il fallimento di un'impresa è un problema non solo per l'impresa che
fallisce, ma per tutto il sistema economico (anche per le banche che concedono
finanziamenti sproporzionati)
Vengono in considerazione anche degli interessi pubblici che passano
attraverso un interesse generale a che l’impresa sia esercitata con criteri di
corretto equilibrio tra capitale di rischio e capitale di debito
2. Minusvalenze: si realizzano quando dal trasferimento/cessione di un bene
diverso dai beni merci (beni patrimoniali o strumentali) si realizza un
risultato negativo. Per i beni patrimoniali si tiene conto della differenza tra
costo e corrispettivo; per i beni strumentali si tiene conto del processo di
ammortamento e si governa il concetto di valore fiscalmente riconosciuto →
il valore non ancora ammortizzato è superiore al costo
La minusvalenza è la contrapposizione tra il corrispettivo e il valore
fiscale
3. Sopravvenienze passive: si caratterizzano per l’imprevedibilità della
fattispecie che le genera → devono essere inquadrate nella logica della
competenza: le sopravvenienze passive si giustificano e ci sono in quanto il
reddito si determina per competenza. Esse modificano il risultato di
precedenti contabilizzazioni, sono la conseguenza del calcolo del reddito per
periodi d’imposta (meccanismo uguale a quello delle sopravvenienze attive)
Vicenda precedentemente contabilizzata comporta una revisione a
ribasso dell’operazione precedentemente contabilizzata in
conseguenza di un fatto sopravvenuto che modifica in senso
peggiorativo l’operazione contabilizzata in precedenza
Si tratta di una vicenda che si sviluppa a cavallo tra diversi esercizi di
una vicenda imprevedibile che modifica il risultato di precedenti
contabilizzazioni
4. Interessi passivi: sono interessi che l’impresa paga a terzi quando vuole
acquisire somme di denaro a prestito per effettuare investimenti per lo
svolgimento della propria attività, pagando quindi all’erogante degli
interessi. Sono le somme che l’imprenditore prende tipicamente a prestito
pagando interessi passivi, essi sono un costo per l’impresa
il legislatore tributario vede con sfavore l’impresa eccessivamente
indebitato per cui detta un trattamento fiscalmente sfavorevole per le
imprese che si indebitano eccessivamente e per questo saranno poco
propense a indebitarsi → la disciplina che si applica è un limite alla
deducibilità degli interessi passivi: gli interessi passivi sono
fiscalmente deducibili ma solo fino a una certa soglia. L’eccedenza
rispetto a questa soglia non è deducibile e quindi non determina un
costo rilevante ai fini della determinazione della base imponibile per
cui la base imponibile rimane più elevata perché non viene depurata
dell’interesse passivo non ammesso in deduzione. Non posso dedurre
una parte di interessi passivi e su questa parte che non deduco pago
imposte. Esiste un limite di deducibilità degli interessi passivi:
imprenditore per non incappare nel regime per cui sostiene costi non
fiscalmente deducibili, eviterà di indebitarsi troppo
Sono gli oneri finanziari che l’imprenditore sostiene per
ottenere finanziamenti e prestiti da terzi (per es. dal settore
bancario), sono deducibili, ma non integralmente. La ragione per cui il
Legislatore tributario fissa dei limiti alla deduzione degli interessi
passivi è che vuole introdurre un trattamento fiscale non favorevole
per il capitale di debito, in modo che l’imprenditore sia orientato a
riversare nell’impresa capitale di rischio, cioè capitale proprio, non
altrui
un’impresa indebitata, specie se in misura eccessiva, è un’impresa più
fragile, più esposta alla contrazione dei ricavi e quindi più esposta al
rischio di default nell’ipotesi in cui il mercato manifesti segnali di crisi.
Il legislatore quando detto una disciplina non favorevole della
deduzione degli interessi passivi ha l’obiettivo di favorire il
rafforzamento patrimoniale dell’impresa
i limiti di deducibilità degli interessi passivi danno luogo ad una
variazione che ha finalità EXTRAFISCALI (collegamento con quanto
detto sul principio di derivazione). La struttura dei limiti di deducibilità
è leggibile all’art 96 TUIR
il costo per interessi passivi che ho dedotto dal bilancio civilistico non
è integralmente deducibile dal reddito e dovrò fare una variazione in
aumento
≠ interessi attivi = elementi civili che derivano dalla concessione di capitali
a prestiti (es contratti di mutuo, di prestito). Se un’impresa concede a
prestito somme in assenza di corrispettivo potrebbe sentirsi dire che la
condotta che pone in essere è antieconomica che beneficia soggetti terzi in
contrasto con i principi dell’autoconsumo, cioè della destinazione a finalità
estranee e dei valori propri dell’impresa
5. Perdite su crediti
La misurazione della ricchezza dell'impresa passa attraverso il concetto di
competenza che sottende un perfezionamento della fattispecie costitutiva del
diritto e dell'obbligo. Il ricavo viene dichiarato e il costo viene sostenuto
nell'esercizio in cui è completa la fattispecie costitutiva del diritto e
dell’obbligo. Questo completamento della fattispecie costitutiva del diritto o
dell'obbligo è un concetto che poi ha trovato nel principio di derivazione
rafforzata una sua piena saldatura rispetto ai principi contabili: fino al 2017
operava un concetto di competenza fiscale regolato dall'art 109; a partire dal
2017 e quindi dall'introduzione del principio di derivazione rafforzata di cui
all'art 83, la competenza civilistica e quindi l’imputazione a periodo secondo i
criteri contabili diventa anche l'imputazione a periodo secondo i criteri civilistici
perché la derivazione rafforzata determina una saldatura con il bilancio
civilistico per quanto riguarda imputazione a periodo, classificazione e
qualificazione
Possono esserci dei componenti reddituali (ricavi o plusvalenze) che vanno a
tassazione a prescindere dal fatto che siano divenuti flussi di cassa, cioè che
abbiano determinato l’incasso dei corrispondenti diritti → nel conto economico
evidenzio il ricavo o la plusvalenza e nello Stato patrimoniale evidenzierò il
credito, che è rimasto impagato. Ma cosa succede se il cliente non mi paga,
cosa accade nell'ipotesi in cui quel credito che io ho esposto in Stato
ossia
patrimoniale e rispetto al quale ho già mandato a tassazione i componenti
positivi, ricavi o plusvalenza, non si traduca in flusso monetario? Questa è la
disciplina delle perdite su crediti
Le perdite su crediti si realizzano nel caso di inadempimento del debitore
nei confronti dell’imprenditore suo creditore
La disciplina delle perdite su crediti ha la funzione di riportare equilibrio nel/al
rispetto del principio di effettività della capacità contributiva una tassazione
per competenza. Le perdite su crediti sono una particolare forma di
sopravvenienza perché sono una rettifica di una contabilizzazione di ricavi o
plusvalenze che ho effettuato per competenze, le volte in cui quei ricavi o
quelle plusvalenze non si trasformino in flussi monetari, che è per causa di
inadempimento del cliente
Il legislatore esige che il creditore dimostri di aver fatto tutto il possibile per
incassare
Principio di tassazione del reddito di impresa per competenza: il punto di
partenza è la determinazione diacronica del reddito di impresa, cioè la
determinazione del reddito per periodo d'imposta
→ Principio di competenza è funzionale a comprendere a quale periodo
d'imposta si devono attribuire i componenti positivi e negativi e si contrappone
al principio di cassa in base al quale i singoli componenti positivi e negativi si
attribuiscono al periodo d'imposta in cui avviene la materiale percezione o il
materiale esborso. Principio di cassa quindi implica la rilevanza reddituale del
componente nel momento in cui è materialmente percepito (entra in tasca) e la
rilevanza del componente negativo nel momento in cui è materialmente
esborsato (esce