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INTRODUZIONE ALLA MACROECONOMIA
Quando si parla di macroeconomia si parla dello studio degli aggregati, quali reddito nazionale, consumo, risparmi, investimenti, occupazione,
spesa pubblica, tassazione e livello generale dei prezzi.
Quindi a differenza della microeconomia non si guarda al singolo consumatore ma al consumo dei soggetti appartenenti ad una nazione e
così anche per le imprese e per i loro investimenti.
Inoltre si deve considerare anche il rapporto con lo stato ed il resto del mondo.
Gli obiettivi della macroeconomia riguardano:
• la crescita economica
• la piena occupazione
• la stabilità dei prezzi
Quando si parla di crescita economica dobbiamo differenziare prima di tutto il concetto di crescita da quello di sviluppo.
Con il secondo si considera lo sviluppo di tutti i settori di una nazione e non solamente quello produttivo, ma anche quello sociale ed umano.
Questo tipo di fenomeno non si può studiare semplicemente con l’osservazione del PIL (di cui tratteremo nelle prossime lezioni).
Infatti un esempio di sviluppo può essere collegato all’innalzamento della vita media, l’aumento del grado di alfabetizzazione, etc..
Per crescita, invece, si considera la variazione temporale della produzione aggregata di beni e servizi che indica lo stato di salute di un
determinato sistema economico.
Dalla produzione aggregata è possibile derivare un importante indicatore: il prodotto pro-capite, che indica la distribuzione di ricchezza
prodotto tra la popolazione. Per studiare la crescita economica gli economisti si rifanno allo studio del PIL reale. La crescita economica è il
principale obiettivo della politica economica.
Pertanto, uno dei maggior interessi degli economisti è il rallentamento della crescita economica, in quanto porta ad un impoverimento
generalizzato di una economia. Ovviamente data una sperequata distribuzione del reddito, un momento di recessione non porta ad un eguale
impoverimento di tutti i ceti sociali. Ma lo studio della distribuzione del reddito e delle differenze dei diversi ceti sociali in realtà non è uno
degli obiettivi primari degli economisti, bensì solo di quelli che si occupano dell’economia dello sviluppo.
La presenza in una nazione di un forte tasso di disoccupazione rappresenta un problema sociale ed economico, in quanto sono presenti
risorse non utilizzate.
Di conseguenza, la crescita economica che si realizza si discosta da quella che potenzialmente una nazione potrebbe avere.
Pertanto, l’occupazione è strettamente legata alla crescita economica. Infatti il sistema economico tende alla piena occupazione in prossimità
del raggiungimento del PIL potenziale, che si ha quando tutte le risorse disponibili sono occupate.
L’altalenarsi di periodi di forte crescita economica e piena occupazione a periodi di abbattimento della produzione e disoccupazione viene
studiata analizzando i cicli economici, cioè fluttuazioni economiche di breve periodo non dovute alla stagionalità. Più cicli economici creano
le tendenze di lungo periodo cioè i trend.
Dato che si ipotizza che un momento di espansione della produzione di una economia sia rappresentata anche da una riduzione della
disoccupazione, allora per studiare i momenti di espansione e di recessione ci si limita ad osservare l’andamento del PIL reale, anche se nella
realtà questi due eventi possono non corrispondere.
Il ciclo economico è un fenomeno di breve periodo, mentre la crescita economica è di lungo periodo.
Di conseguenza per osservare quest’ultima si deve guardare al trend. Un altro degli obiettivi della macroeconomia di cui abbiamo parlato è
la stabilità dei prezzi.
L’inflazione, considerata come l’aumento generalizzato dei prezzi, è uno dei mali economici che uno stato deve combattere, in quanto
rappresenta un costo sociale e una perdita del potere economico di una nazione, e quindi, può creare impatti negativi sulla domanda
aggregata e sul PIL reale. Allo stesso modo, la deflazione, problema attuale dell’area Euro, determina impatti negativi sui consumi e quindi
sulla crescita e di conseguenza sull’occupazione.
Quanto detto serve solo come introduzione alla macroeconomia e permette di capire il motivo per cui è fondamentale conoscere le basi di
questa materia. Pag. 48 a 94
ECONOMIA POLITICA
Il prodotto interno lordo è possibile calcolarlo in tre modi. Ognuno di essi porterà allo stesso risultato, di conseguenza quando si parla di PIL
si parla di spesa, prodotto o reddito.
• PRIMA DEFINIZIONE: il PIL è la somma di tutti i beni e servizi finali di un’economia in un determinato momento. Per questo si parla di spesa;
• SECONDA DEFINIZIONE: il PIL è la somma di tutti i beni e servizi finali e non meno i beni intermedi di un’economia in un determinato
momento, cioè la somma dei valori aggiunti. Per questo si parla di produzione;
• TERZA DEFINIZIONE: il PIL è la somma di tutti i redditi di un’economia in un determinato momento. Per questo si parla di reddito.
Per capire meglio la prima e la seconda definizione basti pensare ad un’economia in cui sono presenti solo 3 settori: acciaieria, ittica ed
automobilistica. Per la prima definizione si sommano solo il fatturato della azienda ittica e di quella automobilistica.
Mentre nel caso della seconda definizione si sommano tutte e tre e poi all’automobilistica si sottrae il valore dell’acciaio. Ottenendo così il
valore aggiunto. Per riuscire a calcolare il tasso di crescita del PIL (come ogni variazione è sempre oggi meno ieri diviso ieri).
Ovviamente il calcolo della crescita del PIL ha diversi problemi, che riguardano da una parte la presenza di inflazione dall’altra la sua vera
importanza per comprendere l’economia di un paese.
Per quanto riguarda l’inflazione, il calcolo del PIL viene effettuato considerando le quantità ed i prezzi correnti. Pertanto non si evidenzia a
quale variabile è imputata la crescita. Per risolvere questo tipo di problematiche si va a considerare il PIL nominale e quello reale che saranno
oggetto di studio nella prossima lezione.
Per quanto riguarda invece l’importanza di questo dato nel comprendere l’andamento di un’economia, il PIL non rappresenta un corretto
indicatore di ricchezza o sviluppo di un paese.
Infatti non sono considerati all’interno di questo varie componenti quali:
• L’economia sommersa
• Il lavoro nero
• Il mercato dell’usato (ad esempio il mercato immobiliare)
• Il lavoro casalingo
• L’autoproduzione, importante per quanto riguarda i paesi in via di sviluppo
• La conversione in potere d’acquisto del paese stesso rispetto agli altri
Il PIL è calcolato in base a quello che è prodotto nella nazione indipendentemente dalla residenza di chi lo produce, quindi non tiene conto
del fatto che un residente estero porterà il suo reddito all’esterno del paese. Per ovviare a questo problema si può calcolare il prodotto
nazionale lordo PNL.
Quest’ultimo a differenza del primo prende in considerazione tutto quello prodotto dai residenti di una nazione indipendentemente da dove
lo producono, quindi:
PNL = PIL + prodotto dei residenti della nazione fatto all’estero – prodotto fatto dai non residenti all’interno della nazione.
Di conseguenza nel PIL rientra la Carapelli che è di proprietà spagnola mentre nel PNL rientrano il fatturato delle sedi estere della FIAT.
Ovviamente tutto quello che vale per il PIL vale anche per il PNL
Se si volesse calcolare il prodotto interno netto (PIN) basta sottrarre al PIL gli ammortamenti. Pag. 49 a 94
ECONOMIA POLITICA
Lez. 34
IL PIL E LE SUE COMPONENTI
Legenda
t = anno corrente
t-1 = anno precedente
0 = anno base
C = consumo
I = investimento
G = spesa pubblica
X = esportazioni
IM = importazioni
NX = esportazioni nette (E-IM)
Nella lezione precedente abbiamo visto come il calcolo della crescita del PIL può essere sfalsato dalla presenza di inflazione, in quanto non
ci si rende conto se la crescita è dovuta ai prezzi o alle quantità.
Per comprendere meglio l’importanza di questa problematica basti pensare che se vado a valutare una variazione del PIL pari al 3% ed ho in
quel periodo un’inflazione pari al 7%, allora l’illusione della crescita nasconde invece un periodo di crisi con una riduzione della quantità
prodotta pari al 4%.
Per ovviare a questo problema si introduce il concetto di PIL nominale e reale.
Il PIL Nominale è quello calcolato guardando alle quantità di oggi per i prezzi di oggi, quindi la produzione valutata a prezzi correnti ed è
questo tipo di PIL che crea il problema suddetto.
Il PIL Reale è quello calcolato guardando alle quantità di oggi per i prezzi di un anno base. Quindi tenendo costanti i prezzi e variando solo le
quantità un eventuale calcolo della crescita usando questo PIL non considererà la variazione dei prezzi risolvendo così il problema suddetto.
Superato il problema della determinazione della variazione di quantità prodotta, nasce un altro tipo di problematica, la valutazione del PIL
reale. Il suo valore è determinato dall’anno base considerato. Per capire questo basti pensare ad un PIL valutato a prezzi ante euro e post
euro. Quindi nonostante nel concetto di variazione il fattore inflazione è stato eliminato, il problema rimane. Dato che in un’economia non
esiste solo un bene e quindi non si può semplicemente prendere il prezzo dello stesso per il calcolo, si deve capire come definire i prezzi per
il calcolo.
Il PIL reale deve essere considerato come una media ponderata della produzione di tutti i beni finali, quindi devono essere definiti i pesi da
utilizzare. Per questo motivo si pensa ai prezzi relativi, cioè al rapporto tra i prezzi.
Ad esempio se un bene ha il doppio del valore di un altro, questo deve contare il doppio nella costruzione del PIL reale.
A questo punto rimane il problema che anche i prezzi relativi variano nel tempo, quindi anche in questo caso deve essere considerato un
anno base. Per capire quale é l’anno base preso in considerazione basti vedere il grafico degli andamenti del PIL nominale e reale.
Al momento in cui questi si intersecano allora quello è l’anno base. Infatti si considera che i prezzi varino di continuo e quindi se il PIL nominale
coincide con quello reale allora l’anno t è l’anno 0. Per quanto riguarda gli Stati Uniti l’anno base è il 2000.
Il PIL reale viene utilizzato per confrontare la grandezza economica di un paese rispetto agli altri, considerando ovviamente i limiti
determinati dal PIL che sono stati visti all’inizio di questa lezione. I risultati che si possono ottenere possono essere fuorvianti, perché le
nazioni che mettiamo in paragone in genere non sono omogenee per qu