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RUOLO DELLA DONNA: SONO TANTE O POCHE?
Le donne sono di più, ma non sono ai vertici: il 55% dei dipendenti pubblici è donna, ma non sono nelle
posizioni apicali.
In parlamento solo il 35% (più alta comunque della media OCSE) , mentre il 27% nelle posizioni ministeriali (più
bassa della media OCSE).
Le donne ricoprono per lo più posizioni cosiddette professional.
DATI SULL’INTERVENTO AL CAMBIAMENTO CLIMATICO
Il cambiamento climatico è una preoccupazione crescente nei paesi dell'OCSE, come dimostrato dalla loro
aderenza agli accordi internazionali (ad esempio l'accordo di Parigi sul clima).
Tuttavia, poche risorse sono dedicate alla lotta ai cambiamenti climatici.
La protezione ambientale comprende, tra gli altri, la gestione dei rifiuti, la riduzione dell'inquinamento, la
protezione della biodiversità e del paesaggio.
È stata la funzione su cui i governi hanno speso meno nel 2017 (0,5% del PIL).
I Paesi Bassi (1,4%), la Grecia (1,3%) e il Giappone (1,2%) hanno speso più del doppio della media OCSE, mentre
gli Stati Uniti, il Cile e la Finlandia hanno dedicato una percentuale trascurabile a questa funzione.
GLI APPALTI PUBBLICI E IL GREEN PUBLIC PROCUREMENT
Utilizzati strategicamente, gli appalti pubblici possono contribuire a rendere le economie più produttive, i
settori pubblici più efficienti e le istituzioni più affidabili.
I Paesi stanno utilizzando gli appalti pubblici per perseguire gli obiettivi dell’Agenda 2030 è questo il
à
fenomeno del (oggi definito ), che si sviluppa
Green Public Procurement Sustainable Public Procurement - SPP
in Europa negli anni ‘90.
Grazie al GPP le Pubbliche Amministrazioni possono:
influenzare il mercato, con le imprese e i prodotti/servizi presenti in esso, favorendo la diffusione
v dell’innovazione tecnologica ed in particolare il raggiungimento di obiettivi di miglioramento ambientale;
favorire l’integrazione delle considerazioni ambientali nelle altre politiche (trasporti, energia, ecc.);
v favorire, attraverso il proprio esempio, l’acquisizione di una maggiore consapevolezza ambientale da parte
v dei consumatori.
CONCLUSIONE
Il motto deve essere: fare meno, ma farlo meglio, immettendo giovani formati alle professionalità che ora
servono alla PA (project manager, negoziatori, operatori di rete, economisti e ingegneri), favorendo l’uscita di
chi non vuole o non sa adattarsi al cambiamento, responsabilizzando la dirigenza che deve essere pensata
come “tutta precaria” , non perché soggetta alla mano rapace della politica, ma perché deve rispondere alla
legge dei risultati e della valutazione delle performance.
Modello dello Stato dei diritti formali
Ha come funzioni quella di introdurre nella società un sistema di diritti e doveri, garantire le condizioni di
mercato alle imprese (quindi un’attività di regolamentazione), produce e mette a disposizione beni collettivi
(difesa, prevenzione sanitaria; beni per cui non è possibile differenziare l’utilizzo tra i diversi individui), e, infine,
tutela i diritti civili e svolge funzioni di certificazione amministrativa (servizi anagrafici).
Dunque, lo Stato interviene limitatamente: si limita a prelevare tributi, a gestire il patrimonio collettivo e ad
esercitare i poteri sovraordinati di regolazione.
È il tipo di Stato in cui il modello burocratico si incastra meglio.
Modello dello Stato sociale del benessere
Rispetto al precedente, nonostante sia un modello che si poggia ancora sulla burocrazia, qui si ha una maggiore
attenzione all’equità e alla redistribuzione della ricchezza.
Lo Stato non interviene più limitatamente come prima ma amplia i suoi orizzonti anche nell’area dei servizi
individuali (educazione, previdenza, etc.).
Inoltre, applica politiche di intervento attivo, nei confronti sia di imprese che di famiglie, con prelievi fiscali,
che, se troppo pressanti, possono portare a crisi (cosa che è successa).
A seguito della crisi del Welfare State, si è assistito a due alternative di riprogettazione del sistema PA: alcuni
Paesi hanno adottato il modello di Stato imprenditore e dei servizi, altri quello di Stato Regolatore.
Modello dello Stato imprenditore e dei servizi
Inizialmente punta sul mantenimento delle aree di intervento del Welfare State, con il recupero dell’efficienza.
Quindi, con questo modello non c’è stata sin da subito una riduzione dell’intervento dello Stato nell’economia,
ma sono solo state introdotte delle logiche manageriali.
Dato l’elevato prelievo fiscale, in un momento inziale lo Stato può fare affidamento su un’elevata disponibilità
economica, ma nel lungo periodo, a causa della crisi e di conseguenza dell’aumento della domanda di servizi
pubblici, si innesca un circolo vizioso che porta al continuo aumento della tassazione e al conseguente
aumento della domanda. CRISI.
à
Ad un certo punto, anche questo modello ha dovuto iniziare a fare un’attenta selezione delle aree di
intervento, abbandonando le aree di concorrenza impropria.
A livello di dimensioni, data l’applicazione delle logiche di NPM, avremo una riduzione delle dimensioni di Enti
pubblici territoriali e di imprese pubbliche, mentre avremo una crescita mirata delle agenzie pubbliche.
Modello dello Stato Regolatore
Lo Stato si ritira drasticamente dall’economia: la funzione dello stato è solo la regolazione di attività di terzi.
In questo periodo c’è il boom soprattutto delle authorities, che sono appunto agenzie di regolamentazione.
C’è la netta separazione tra politica e amministrazione e una forte opera di esternalizzazione, con particolare
riferimento al contracting out, e quindi privatizzando.
L’applicazione delle logiche di Public Governance si traduce nella quasi scomparsa delle imprese pubbliche, ad
un ulteriore downsizing del sistema degli enti pubblici, e ad una crescita delle agenzie pubbliche.
Modello post-regolatore: Performing State
Dopo il New Public Management e la Public Governance arriviamo ad un modello in cui permangono le funzioni
tradizionali dello Stato dei diritti formali, ma a cui se ne aggiungono altre, svolte indirettamente.
Lo Stato ha come obiettivo la performance e il vantaggio competitivo della Nazione , promuovendo lo
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Sviluppo Sostenibile (Agenda 2030) e la capacità di gestione di crisi.
Con l’ottica di adattarsi continuamente ai cambiamenti del contesto, il trend è quello della quasi totale
sostituzione delle aziende pubbliche nell’erogazione dei servizi, affidandosi a meccanismi quali
l’esternalizzazione ed al partenariato pubblico-privato (PPP).
Il vantaggio competitivo
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Come ogni anno, a fine maggio, l’Istituto Internazionale per lo Sviluppo del Management (IMD), fondato in
Svizzera nel 1990, pubblica la classifica mondiale della competitività relativa ai 63 Paesi più avanzati.
Per la prima volta, nel 2017 è stato pubblicato anche un Rapporto separato su Competitività Digitale.
Per quanto riguarda l’Italia, nel 2017 perde 9 posizioni, passando dal 35° al 44° posto.
Nel 2018 guadagna 2 posizioni che perde nuovamente nel 2019, restando ferma al 44° posto anche nel 2020.
La competitività di un Paese dipende dalla capacità delle sue imprese di innovare e crescere e dalla capacità
del suo Governo di sostenerne tale crescita.
La PA gioca un ruolo chiave nel favorire la crescita socioeconomica del Paese e le imprese devono realizzarla.
Per promuovere la competitività, lo Stato può intervenire:
regolando i mercati (politiche antitrust, leggi a tutela dei lavoratori, regolazione prezzi)
v sostenendo la domanda (adottare politiche, compresa la tassazione, che influenzano i livelli di consumo;
v politiche a tutela della qualità, della salute, della sicurezza, dell’ambiente; bonus che indirizzano la
domanda verso un approccio green)
supportando la produzione (investimento in infrastrutture, mettendo a disposizione servizi a favore degli
v investimenti esteri o a favore di internazionalizzazione),
sostenendo lo sviluppo del capitale umano (sostegno all’istruzione, alla formazione e all’aggiornamento).
v
PIANO COLAO
Gruppo di esperti incaricato di redigere un piano per la ripartenza del Paese dopo l’emergenza Coronavirus.
Questo comitato di esperti ha basato il rilancio dell’Italia su 6 eliche principali, che collaborano e che anche
visivamente ricordano l’obiettivo 17 dell’agenda 2030 l’Italia deve basarsi su una sestupla elica:
à
Imprese e lavoro
v Infrastrutture e ambiente
v Turismo, arte e cultura: è l’elica aggiuntiva, leva strategica per la ripartenza, nonché uno dei settori + colpiti
v PA
v Istruzione, ricerca e competenze
v Individui e famiglie
v
Con innovazione si intende un rinnovamento, che, per quanto riguarda la PA, può e deve investire tanti aspetti:
dalla gestione alla semplificazione delle procedure o, ancora, alla digitalizzazione e alla relativa tutela dei diritti
che comporta.
Proprio la digitalizzazione è stata oggetto di molte critiche, che però negli ultimi anni, a seguito di riforme
correttive, sono diminuite.
Questo processo di digitalizzazione riguarda i servizi offerti ai cittadini (richiesta stato di famiglia, cambio di
residenza, etc.) e in particolare alla loro richiesta: la compilazione della documentazione cartacea è adesso
effettuata online.
Il trasferimento di tali procedure dallo sportello al computer di casa determina sicuramente non poche
attenzioni, soprattutto sotto l’aspetto di identificazione, per il quale è stata aggiunta la firma digitale (SPID) à
collaborazione tra pubblico e privato.
Negli ultimi 30 anni sono stati avviati processi di innovazione anche sotto l’aspetto di gestione: negli anni 80/90
con l’introduzione nel New Public Management, poi con quello della Public Governance.
Il 60% degli enti ha sviluppato progetti di innovazione nell’ultimo anno, con molti comuni che portano avanti
più di un progetto contemporaneamente.
Purtroppo , però, non sono pochi i casi di fallimento riscontrati, e le cause risultano essere principalmente la
mancanza di un apposito ufficio dell’innovazione e la poca competenza degli addetti.
La soluzione risulta essere la collaborazione tra enti: più del 90% riscontra un minor dispendio di risorse ICT e
una maggiore qualità del servizio finale.
Fondamentale, quindi, è il knowledge management, e quindi la gestione del know-how e della conoscenza del
settore specifico, che deve essere condivisa con e tra il capitale umano.
La progettazione del knowledge system prevede diverse sequenze di azioni:
definire i profili necessari rispetto all’innovazione che si vuole introdurre
v definire un modello di c