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D’IMPRESA.

Nel caso dell’impresa capitalistica il controllo è per de nizione in mano ai portatori di

capitale.

Nel caso dell’impresa cooperativa il controllo è in mano ai portatori di lavoro.

I termini salienti del confronto riguardano il CONTROLLO D’IMPRESA (non la proprietà dei mezzi

di produzione come nella critica e nel modello socialista)

Il potenziale con itto con i manager rimane. (in un caso i manager rispondono ai portatori di

capitale nell’altro ai portatori di lavoro).

FOCUS 1: DENTRO L’IMPRESA COOPERATIVA: modalità più avanzata di fare impresa

Il modello cooperativo può essere giudicato come (non

tanto come una modalità marginale di fare impresa rispetto a quella tradizionale e centrale di

stampo capitalistico come dice Zamagni), poiché:

- i soci sono “co-imprenditori”, il lavoro non è solo fattore di produzione;

- questa tipologia di fare impresa corona le aspirazioni di quanti intendono il lavoro come

occasione di autorealizzazione (=come valore in se);

Ri essione ad esempio su Cicerone (in De O ciis) che suggerisce quanto l’autorealizzazione è in

se il valore, è parte del percorso verso la felicità, la soddisfazione nei confronti della vita che

voglio condurre: “... ignobili e vili sono i guadagni dei salariati, dei quali si paga il lavoro e non

l’arte: poiché il salario è il prezzo della loro servitù... Sordida è l’occupazione in cui si trovano gli

operai, poiché nulla di veramente libero si può trovare in un opi cio”.

Le principali motivazioni a cui i soci attribuiscono valore:

- esaltazione della soggettività;

- l’autonomia e la libertà personale (rispetto a una situazione di dipendenza gerarchica tipica

dell’impresa capitalistica);

- il vantaggio psicologico di non subire l’alienazione;

- la condivisione dei ni dell’agire comune;

- il senso di equità;

- il rispetto della dignità delle persone.

Mi devo allontanare da una visione riduttiva dell’Uomo Economicus, razionale; dentro l’impresa

cooperativa il lavoratore che poi è anche socio e imprenditore dia valore a queste caratteristiche.

Perché esistano queste cose e sono vere, io sarò anche più produttivo.

• Le cooperative sono pure organizzate in modo gerarchico ma in manager dipendono dai

proprietari-soci-lavoratori;

• Servono meno “manager-supervisori” e minori sono le risorse per la gestione del personale per

assicurare impegno e dedizione da parte dei proprietari-soci-lavoratori (in modo che i miei costi

di gestione siano minori);

• I colleghi proprietari-soci-lavoratori hanno minor tolleranza per un lavoratore che non si impegna

abbastanza;

• Questi fattori fanno crescere la produttività (e produce anche altro valore, ovvero la

soddisfazione stessa del socio-lavoratore);

• Le diseguaglianze salariali tra manager, quadri e operai sono normalmente inferiori;

• Tendono a non licenziare in caso di shock, crisi e recessione (=il sentirsi parte dell’impresa

cooperativa mi rende più solidale anche nei momenti di di coltà); Pagina 32

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fi fi fi

• In caso di calo della domanda e della produzione la soluzione tende ad essere lavorare tutti

lavorare meno.

Abbiamo detto che questa è una storia antica, ci sono 2 soggetti che ne parlano particolarmente

bene:

J.S. Mill

- (in Principles of Political Economy - 1852) dice che la cooperativa è:

“La forma di associazione che, se l’umanità continua a migliorare, ci si deve aspettare che alla

ne prevalga, non è quella che può esistere tra un capitalista come capo e un lavoratore senza

voce alcuna nella gestione, ma l’associazione degli stessi lavoratori su basi di eguaglianza che

possiedono collettivamente il capitale con cui essi svolgono le loro attività e che sono diretti da

managers nominati e rimossi da loro stessi”;

Marshall

- (in Cooperation - 1889): “... [nelle cooperative] il lavoratore non produce per altri, ma

per se stesso e ciò libera enormi capacità di lavoro scrupoloso e di più alto livello, che il

capitalismo comprime”. (=lui già vede i problemi dell’impresa capitalistica, vede nel modello

cooperativo qualcosa di diverso, soprattutto in termini di maggior produttività).

FOCUS 2: LA PRODUZIONE DI ESTERNALITA’ SOCIALI:

La democrazia – inclusione, coinvolgimento, partecipazione - nei luoghi di lavoro facilita e rende

più stabile la democratizzazione delle istituzioni politiche e - se si accetta che l’assetto

democratico della società è funzionale allo sviluppo anche economico - allora un’analisi

comparativa delle forme d’impresa che non prendesse in considerazione un tale aspetto

risulterebbe parziale (Zamagni, 2005).

Se la democrazia e la partecipazione sono ricercate e desiderate nel governo dello Stato, allora

queste possono essere ricercata, desiderata e apprezzata anche nel governo dell’impresa.

La democrazia dentro l’impresa – inclusione, coinvolgimento, partecipazione:

Cesare Beccaria (in Dei delitti e delle pene, 1764):

“Se noi vogliamo una repubblica fatta di famiglie, noi avremo allora una repubblica fatta da capi

famiglia e quindi una repubblica democratica di questi capi famiglia, ma ciascuna famiglia avrà

una struttura di gerarchia e di schiavitù. Invece, se vogliamo avere delle vere repubbliche

dobbiamo puntare sulla persona”.

Se al termine “famiglia” sostituiamo quello di “impresa” e al termine “repubblica” quello di

di mercato”

“economia comprendiamo come si possa avere libertà di impresa senza

un’autentica libertà a livello di cittadinanza.

E’ ragionevole sostenere che un sistema economico in cui chi lavora in impresa è anche

proprietario e controllore (ultimo) della stessa sia “superiore di un sistema economico in cui chi

lavora è sottoposto alla gerarchia e dunque al restringimento degli spazi dell’autonomia personale

(Zamagni 2005).

LE ORIGINI: (È un modello che è nato parallelamente a quello dell’impresa capitalistica)

Prima metà dell’Ottocento in Europa (UK, Francia, Germania, Danimarca, Italia) nascono le prime

consumo, produzione e lavoro, agricole, bancarie.

cooperative di quelle di quelle quelle

• cooperative al consumo

INGHILTERRA: culla delle

Nel 1844, 28 tessitori di Rochdale (vicino Manchester) fondarono il primo spaccio cooperativo (nel

1891 circa un milione di inglesi era già associato ad una qualche cooperativa di consumo):

l’obiettivo era quello di aumentare il potere d'acquisto degli operai urbani che ricevevano

bassi salari.

L’attività: vendita ai soci di generi di prima necessità a prezzi di mercato e nella distribuzione degli

eventuali utili sotto forma di un “ristorno” proporzionale agli acquisti e ettuati.

Inoltre (es: a Rochdale) svolgevano altre attività collaterali: creazione di un magazzino per la

vendita di alimenti e abiti, la costruzione od acquisto di case, la fabbricazione di prodotti per dare

lavoro ai soci disoccupati o mal retribuiti, l'a tto o l'acquisto di fondi rustici da fare coltivare ai

soci disoccupati. Pagina 33

fi ffi ff

I Principi dei “Probi di Roshdale” (ispireranno la cooperativa di Roshdale, il mondo cooperativo

inglese e questi principi arriveranno a ispirare il modello cooperativo in generale no ad arrivare ai

giorni nostri):

1) l'adesione è aperta a tutti senza discriminazioni;

2) l’impresa viene controllata democraticamente, uguali diritti di voto per tutti;

3) condivisione delle responsabilità e dei bene ci economici;

4) è autonoma e indipendente, di proprietà di tutti i soci;

5) garantisce istruzione, formazione e informazioni ai soci;

6) coopera con altre cooperative (locali, nazionali, internazionali);

7) si cura della la comunità all'interno della cooperativa.

• cooperative di produzione

FRANCIA: culla delle ateliers

Nascono a metà Ottocento per rispondere alla disoccupazione, si ispirarono agli

nationaux, o cine statali, nate dalle idee socialiste di Louis Blanc, in cui trovavano impiego i

lavoratori urbani disoccupati per svolgere opere di pubblica utilità. Grazie agli incentivi concessi

nel 1848 vennero fondate molte cooperative (es. Atelier social di Cliché creato da operai parigini

per produrre indumenti per la guardia nazionale) sulla base del principio di un salario uguale per

tutti e di guadagni equamente distribuiti.

• istituti di credito cooperativo

GERMANIA: culla delle

A metà Ottocento il paese è caratterizzato da un’economia agricola poco innovativa dominata

dalla piccola e media proprietà contadina. F.W. Rai eisen prima cassa

Nel 1840, ad Anhausen nella valle del Reno, diede vita alla

cooperativa rurale: operava su un piccolo mercato (al massimo due villaggi), riservando il credito

ai soci (illimitatamente responsabili) e praticando un basso tasso di interesse con l’obiettivo di far

circolare le poche risorse disponibili al ne di facilitare gli investimenti e la modernizzazione nel

settore agricolo. Hermann Schulze-Delitzsch

Ispirandosi agli stessi principi ma in un contesto urbano, nel 1850

prima banca popolare.

fonda la In questo caso gli obiettivi erano di modernizzare il piccolo

commercio e l’artigianato urbano e di sottrarre queste categorie alla pressione degli usurai.

• cooperative agricole

DANIMARCA: culla delle Nicolas Frederich Grϋndtvigts,

Inizialmente per impulso del teologo e vescovo luterano vennero

fondati a partire dagli anni 1880 casei ci cooperativi, poi macelli e salumi ci, che egemonizzarono

ben presto il settore per la loro rispondenza ai bisogni dell’epoca, riuscendo ad evolversi, con il

cambiamento economico no alla realtà odierna.

C’è un saggio che si concentra delle realtà arretrate del nostro presente: “How did Denmark get

to Denmark?” (Fukuyama, 2011). La modernizzazione dell’agricoltura 150 anni fa dovuta a: (a)

(b) la nascita delle cooperative agricole

meccanizzazione (innovazione di natura tecnologica);

(innovazione istituzionale).

La rapida di usione di “cooperative creameries” come risposta all’invasione di grano a basso

prezzo proveniente dagli USA. La risposta non fu protezionista. La Danimarca rimase aperta e

crebbe nell’industria casearia (di qualità per il mercato domestico e poi per l’esportazione)

sfruttando il grano a basso costo per l’allevamento di animali da latte.

• cooperative di consumo, produzione, credito:

ITALIA: le prime (https

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Scienze economiche e statistiche SECS-P/01 Economia politica

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