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I BENI POSIZIONALI
Quando si parla di beni posizionali in gioco c’è una socialità di tipo strumentale, cioè: per me 0gli
altri soggetti contano ma in maniera strumentale, funzionale al soddisfacimento di un bisogno
personale. Non ha senso parlare di beni posizionali se il soggetto è da solo, anche perché non ci
sarebbe in questo caso nessuno che ne osserverebbe il consumo.
L’economia è una scienza che si occupa di indicare la strada su come allocare le risorse scarse.
Per i beni posizionali si trova una scarsità di tipo sociale, vuol dire che per essere posizionale quel
bene non dev’essere universalmente diffuso, altrimenti perderebbe il suo valore posizionale. La
domanda non può essere soddisfatta da una crescita nel livello assoluto di ricchezza della società.
Contano soprattutto i valori relativi e non quelli assoluti. Esempi: beni di lusso, istruzione
superiore (per differenziarsi dalle altre persone), potere, notorietà (essere famosi).
Lo studioso Fred Hirsch nel 1976 ha scritto un libro dal titolo Social Limits to Growth, in cui
paragona il bene posizionale ad un edificio costruito sulla sommità di un’altura, che si trova in una
posizione strategicamente insuperabile (nessuno può costruire più in alto) e non è replicabile (non
c’è possibilità di realizzare un altro edificio nella stessa posizione).
Valori assoluti vs relativi:
Meglio l’alternativa A, in cui puoi vivere in una casa di 100 metri quadri e le altre persone vivono in
case di 200 metri quadri o l’alternativa B, in cui puoi vivere in una casa di 75 metri quadri e le altre
persone vivono in case di 50 metri quadri?
Un soggetto guidato da preferenze di tipo posizionale guarderebbe al relativo e non all’assoluto e
opterebbe quindi per l’alternativa B.
Già nel settecento, il napoletano Antonio Genovesi (1713-1769), tra i più attenti osservatori del
fenomeno del lusso, aveva intuito come il fenomeno del consumo non rispondesse semplicemente
ad esigenze di “utilità” ma fosse alimentato da fattori legati alle dinamiche delle classi sociali:
“Quelle cagioni che muovono un particolare a volersi distinguere da un altro della medesima
classe, o di emulare una superiore, muovono le classi superiori a trovare sempre nuovi modi di
distinguersi dalle inferiori e da se medesime.(...)”.
La vera novità nel guardare i beni posizionali oggi sta nel fatto che questi sono determinati in
quanto la ricerca di bisogni identitari è determinante e ha sostituito in qualche modo, a livello di
centralità, il tentativo di soddisfare i bisogni primari.
Un altro punto fondamentale è che la posizionalità, ovvero, la diffusione di beni posizionali, quindi,
il proporre i beni posizionali sul mercato, in molti casi è una prerogativa del for-profit e non del
non-profit. Valenza strumentale del rapporto interpersonale
Beni posizionali Compatibilità con la logica di orientamento al profitto
Il bene di lusso è l’esempio tipico di bene posizionale.
In generale, quando si cerca un bene posizionale è perché si sta cercando un bene che consenta
sia di identificarsi con altre persone, sia di differenziarsi da altre. Questi due momenti
(identificazione e differenziazione) possono avere un peso relativo molto diverso e forme diverse
di posizionalità (consumo). 9
I beni posizionali sono dei tentativi di miglioramento della propria immagine sociale attraverso
beni status. Es: l’auto di alta cilindrata, la barca, il cellulare di ultima generazione come
“certificatori di status socio-economico”, oltre al potere, notorietà e istruzione superiore.
Certi comportamenti sono oggetto di imitazione, e questo può dipendere dall’elevato grado di
diffusione sociale raggiunto dagli stessi, oppure, dalla credibilità e quindi dalla qualità personale di
pochi soggetti autorevoli (es. influencer) che hanno adottato quei comportamenti.
I BENI RELAZIONALI
Mentre nel caso dei beni posizionali per essere contaminante serve una società di tipo
strumentale, nel bene relazionale non è così.
Caratteristiche distintive dei beni reazionali:
• Sono una classe di beni pubblici locali (a differenza dei beni posizionali che si riferivano a beni
privati). Il bene relazionale esiste solo se non si è da soli (es. l’amicizia esiste se A è amico di B,
e non se A è da solo).
• Il rapporto interpersonale in questo caso è non strumentale (relazione espressiva), questo
perché un’amicizia esiste in quanto tale e non perché si scambino dei favori.
• Produzione e consumo del bene sono congiunti (coincidenti). Questo vuol dire che,
utilizzando sempre l’esempio dell’amicizia, la relazione si crea e si consuma nello sesso
momento.
• Anti-rivalità del consumo, per cui l’utilità di ciascuno non solo non diminuisce (come nel caso
della non rivalità) ma addirittura aumenta all'aumentare dei soggetti relazionali. Es. se siamo
ad una festa e si aggiunge anche un altro amico fa piacere, perciò, non solo non c’è rivalità ma
l’utilità di tutti aumenta.
• Presenza di un vincolo di scarsità temporale, perché investire in relazioni genuine e durature
è un’attività di tipo time-intensive (in un’epoca come la nostra il tempo è una risorsa
particolarmente scarsa).
• Importanza dell’identità dell’altro: la dimensione soggettiva diventa rilevante anche nel caso
di questi beni. Se, per esempio, ad una festa arriva un mio amico sono felice (aumenta la mia
utilità) ma se arriva uno che mi sta antipatico allora mi da fastidio (la mia utilità si riduce).
• Importanza della dimensione comunicativo-affettiva dell’interazione sociale, è un altro modo
per dire che in questi beni c’è una non strumentalità e conta la relazione, quindi la dimensione
comunicativo-affettivo con gli altri.
• I beni relazionali sono un potenziale antidoto al paradosso della felicità, cioè fanno parte
delle soluzioni al problema.
I beni relazionali: definizioni
Uhlaner (1989) afferma che “i beni relazionali possono essere posseduti attraverso un accordo
reciproco (comune accordo) dopo che determinate azioni congiunte sono state effettuate da parte
di una persona e di un’altra non arbitraria. I beni relazionali possono essere goduti solo se
condivisi con altri. Sono quindi diversi dai beni privati, che si godono da soli, e dai beni pubblici
standard, che possono essere goduti da qualsiasi numero”.
10
Il sociologo Donati (1993) definisce il bene relazionale come "un bene che può essere prodotto e
fruito soltanto assieme da coloro i quali ne sono gli stessi produttori e fruitori, tramite le relazioni
che connettono i soggetti coinvolti", inoltre, "è un bene che può essere prodotto soltanto assieme,
non è escludibile per nessuno che ne faccia parte, non è frazionabile e neppure è concepibile
come somma di beni individuali".
La relazionalità si alimenta e attraverso un aumento del numero dei soggetti interessati a
sviluppare reti di relazioni reciproche e attraverso la crescita dell’intensità della relazione
interpersonale. Es: posso andare a vedere una partita di calcio anche se non ne so niente ma solo
per stare con altra gente, interessa principalmente la dimensione sociale dell’esperienza, stessa
cosa per un concerto.
I beni relazionali a confronto con beni privati e beni pubblici:
Per i beni privati si ha un’utilità marginale decrescente, per cui se un individuo acquista un bene
privato classico, più unità del bene consumo più aumenta la sua utilità ma in maniera via via
crescente (la decima pizza che mangio di fila non la apprezzo come la prima).
Nel caso dei beni relazionali, invece, l’utilità marginale è costante o crescente. Per esempio, una
relazione che si sviluppa positivamente e si consolida nel tempo, due persone si vogliono sempre
più bene man mano che passa il tempo.
Un’altra caratteristica dei beni relazionali è la coincidenza di investimento, produzione e consumo
come momenti/azioni che non sono separati.
ONP e produzione di beni relazionali
Le ONP (Organizzazioni Non-Profit), essendo mission-oriented e attirando volontari e lavoratori
che si identificano nella mission organizzativa (motivazioni intrinseche), svolgono un ruolo
fondamentale nella produzione di beni relazionali all’interno di un’economia di mercato.
11
I “PARADOSSI DEL BENESSERE” NELLE ECONOMIE AVANZATE CONTEMPORANEE
Il PIL pro-capite è l’indicatore classico di benessere economico di un Paese.
Ma esiste una correlazione positiva e significativa tra PIL pro capite di un Paese e livello di felicità
(benessere) dei propri cittadini?
Il cosiddetto “World Values Survey” (WVS, Indagine sui valori mondiali), contiene delle domande
all’interno di un questionario (survey). La tipica domanda sulla happiness (felicità/benessere) viene
formulata nel modo seguente (dal World Value Survey): “Tutto sommato, quanto sei soddisfatto
della tua vita nel suo insieme oggi?". Le risposte si possono dare su una scala da 1 (pienamente
insoddisfatto) a 10 (completamente soddisfatto). Queste indagini si fanno nei vari paesi e poi si
confrontano tra di loro.
Il benessere soggettivo (Subjective well-being, SWB) è una misura di benessere auto-riferita ,
tipicamente ottenuta tramite questionario, è la stessa cosa del WVS.
I dati relativi a SWB sono coerenti e stabili sia nel confronto tra Paesi che nel tempo, inoltre, non
→
sembrano venire distorti in modo sistematico dal social desirability bias distorsione da
desiderabilità sociale, cioè, nei questionari bisogna stare attenti di avere dei bias, ovvero, delle
distorsioni nelle risposte come il fatto che una persona non risponda sinceramente, oppure che
uno non risponde in maniera sincera perché ha paura di fare brutta figura con chi analizza i
questionari anche se sono anonimi, e questo causerebbe una distorsione nei dati.
La Happiness (o Subjective Well-Being, SWB) viene misurata mediante una self-reported measure,
ovvero, una misura auto-dichiarata di felicità (soggettiva) e non oggettiva (come il PIL, per cui i dati
sono quelli quindi il risultato è quello punto).
“Paradosso della felicità” (benessere) nelle economie avanzate:
Come si vede nell’economia
americana dagli anni ’70 ai primi
anni 2000 il PIL (GDP) è aumentato
molto ma la felicità media è rimasta
costante. Per cui il primo paradosso
è che non c’è una correlazione