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IL DIRITTO PENALE ROMANO E LE SUE PECULIARITÀ
DIRITTO PENALE ROMANO
Anche l’insegnamento del Diritto Penale Romano è una materia complementare ma,
diritto penale
tuttavia, richiede un discorso a parte in quanto l’espressione moderna si
può applicare alla realtà romana solo in modo approssimativo. A parte l’assenza del
principio di legalità, incisero per questo almeno due epifenomeni:
a) il ricorso all’autotutela come originaria forma di difesa e repressione degli
atti illeciti;
Una sorta di continua applicazione del principio della vendetta privata. Questo si spiega
per ragioni storiche e sociali con il fatto che, ancora prima che si affermasse a Roma
un’idea prima di città-Stato e poi di Stato nel senso moderno, o hegeliano, la società
romana può essere definita un aggregato sociale dove il sistema giuridico, il sistema
normativo e delle relazioni viene regolamentato nell’ambito di gruppi familiari: prima la
gens, come unione di più famiglie, e poi le famiglie, come elementi emergenti all’interno
di questi gruppi gentilizi. Questo spiega l’autotutela perché è evidente che, in mancanza
di un’idea di Stato, sia pure primordiale, è evidente che di fronte al momento di crisi
sociale, il primo intervento, o forse l’unico intervento, per poter riportare la pace sociale è
quello del ricorso all’autotutela, l’esercizio arbitrario delle proprie azioni e, quindi, della
vendetta. Vedremo, in seguito, il fenomeno di evoluzione regressiva dell’autotutela.
Un’evoluzione regressiva significa che si parte da un’esistenza del fenomeno nella sua
totalità che poi, nello svolgimento del processo storico, incominciano a decadere e,
quindi, viene sostituito da altre situazioni di rilevanza giuridica. Quindi, si capisce che,
come conseguenza di tutto questo, cioè del fatto che il diritto penale come insegnamento
come materia, richiede un discorso a parte.
b) la concezione di “Stato” o , che fu un punto di arrivo e non di
res publica
partenza nell’esperienza giuridica romana.
Incide su questo fatto anche l’impossibilità di poter ascrivere alla realtà romana arcaica,
sin dalle origini, un’idea di Stato, il cosiddetto pregiudizio istituzionalistico, in senso
moderno, cioè hegeliano. Di conseguenza, si postula l’esistenza ab origine dello Stato.
Invece, lo Stato è frutto di un processo storico quando, secondo un’impostazione di
carattere marxiana, per effetto di una conciliazione tra le classi antagoniste, si ha un
accordo sociale che porta, poi, alla costituzione di uno Stato. In altre parole, potremmo
dire che la res publica romana fu un punto di arrivo e non di partenza nell’esperienza
giuridica romana.
Un altro aspetto caratteristica che segna una notevole differenza notevole rispetto alla
nostra idea moderno e attuale di diritto penale riguarda il fatto che, fino all’età
giustinianea, cioè fino al VI secolo d.C., nel Diritto Penale Romano si deve distinguere tra
crimen delictum.
la nozione di e la nozione di I crimina possono essere definiti come quei
comportamenti che sono ritenuti riprovevoli dalla comunità sociale; quindi, un
comportamento che viene ritenuto anti-doveroso come crime, un comportamento che
viene punito perché lo si ritiene una lesione alla società vista nella sua globalità. Il
delictum, invece, riguarda una responsabilità del privato nei confronti di un altro privato.
Il punto sapido della questione è che, all’apice dell’età classica, nel II secolo d.C.,
considerando il fatto che Gaio ha pubblicato le sue istituzioni intorno al 170 d.C.,
abbiamo una bipartizione delle obbligazioni in obbligazioni ex contractu e obbligazioni ex
delicto. Tuttavia, fino all’età giustinianea, i delicta venivano perseguiti mediante un
procedimento privato ed erano le categorie del furtum, della rapina, l’inuria e damnum
iniuria datum. Il damnum iniuria datum corrisponde alla moderna nozione dell’articolo
2043 del Codice civile, cioè dell’illecito extracontrattuale. È l’unica fattispecie che viene
ancora prevista e regolamentata dal diritto civile, quindi con processo civile, a differenza
del furtum, della rapina o dell’iniuria, che sono invece dei reati previsti in ambito penale.
DIRITTO PENALE SOSTANZIALE E PROCESSUALE Per esemplificazione didattica,
diritto penale sostanziale,
però, è possibile applicare all’esperienza romana le nozioni di
ossia l’insieme delle norme che sanciscono quei comportamenti vietati dalla legge che
danno occasione della pena. Questo perché è evidente che una nozione di diritto penale
sostanziale presuppone l’esistenza di un principio di legalità, che si forma con
l’esperienza della pratica, che si forma in relazione ai mutamenti sociali ed è
un’esperienza che, ancora oggi, come analizzeremo in seguito, abbiamo potuto constatare
con i nostri occhi. In questo caso, è lecito fare una piccola escursione sull’articolo 25
può essere punito se non in forza di una
della Costituzione, il quale prevede che “Nessuno
legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”. È evidente che si tratti di una
norma di salvaguardia molto importante anche perché, citando il terzo comma
dell’articolo 27, questo stabilisce come norma costituzionale l’abolizione della pena di
morte. Tuttavia, sempre a livello costituzionale, sempre il principio di legalità, ad esempio
si occupa delle misure di sicurezza, che sono delle norme che intervengono quando certi
comportamenti, che si possono tenere come riprovevoli, da parte di qualche soggetto
particolarmente incline a tali possono essere controllati dalla società non con la pena, ma
con una sanzione punitiva più grave. Altro aspetto che riguarda il terzo comma
dell’articolo 27 riguarda la questione del futuro del diritto penale. Se i cultori delle
neuroscienze attuali dovessero, con la rivoluzione tecnologica, arrivare ad un algoritmo
definitivo, si arriverebbe alla soluzione di tutti i problemi. In effetti, i dispositivi
tecnologici si muovono ad una velocità smisurata rispetto alle capacità umane e, da soli,
potrebbero migliorarsi e, di conseguenza, risolvere i problemi. Quindi, risolverebbero il
problema della causa del comportamento criminoso, uno dei problemi che, da sempre,
affligge la riflessione dei penalisti e della scienza penalistica. Se i cultori delle
neuroscienze dovessero dimostrare che i comportamenti umani criminosi siano frutto di
squilibri di carattere fisiologico, è evidente che nessuno potrebbe più essere imputato dei
fatti che commette, perché sarebbero l’effetto di una patologia fisiologica e non di una
scelta morale, una scelta di coscienza e, quindi, non potrebbe essere punito. Allora,
piuttosto che una pena repressiva, o se vogliamo anche rieducativa, si dovrebbe
solamente pensare il diritto penale in funzione di prevenzione, per evitare che il soggetto
possa ricadere, per effetto della sua patologia fisiologica, nel comportamento ritenuto
criminoso. Tuttavia, siccome la vita evolve, anche il diritto penale, che segue la vita, si
evolve a sua volta ed è, quindi, soggetto a poter individuare nuove fattispecie criminose.
Tra queste ricordiamo il reato di femminicidio, il reato di omicidio stradale, il reato di
passeggiata, introdotto con l’emergenza pandemica del COVID, ma anche le perquisizione
all’aeroporto e tutto il meccanismo macchinoso e pletorico che ruota intorno alla
questione della privacy, introdotti in seguito all’attacco terroristico alle Torri gemelle
dell’11 settembre 2001.
Insieme al diritto penale sostanziale come nozione moderna, in quanto presuppone ex
post un’idea di Stato e, quindi, un’idea di sistema giuridico già in atto e già concluso, al
diritto
diritto romano possiamo applicare, sempre per motivi didattici, la nozione di
penale processuale, che comprende l’insieme delle norme che disciplinano il processo
penale. Si tratta di un processo volto ad individuare il colpevole, la pena da comminare e
da portare a esecuzione.
PREMESSA Per cominciare a parlare di diritto penale sostanziale, quindi in età
arcaica, è necessaria, appunto, una premessa. Buona parte del diritto
mores gentilizi
comunitario dell'età più risalente ha una base consuetudinaria:
che erano comuni ai diversi gruppi familiari costituenti la più antica comunità
gentilizia. Questo significa che non abbiamo un riferimento normativo
pienamente affidabile. Si ritorna, così, al discorso delle fonti. Dobbiamo
presupporre che se è lecito postulare l'esistenza di un raggruppamento gentilizio,
quindi di una società costituita da aggregati sociali, prima ancora della
costituzione di uno Stato nel senso stretto della parola, dobbiamo pensare che le
prime forme di diritto penale sostanziale, le prime norme di diritto penale
mos,
sostanziale siano nate nell'ambito di questo di questo costume, di queste
regole consuetudinarie che venivano rispettate all'interno di ciascun gruppo
gentilizio e, quindi, di conseguenza, all'interno di ciascun gruppo familiare.
mos
L'interpretazione di questo era demandata ai pontefici, che erano gli
gentes
esponenti delle patrizie che avevano accesso a questo ordine sacerdotale,
la cui istituzione è ascritta al Re Numa Pompilio, secondo quanto ci dice Dionigi
nel secondo libro, paragrafo 73. Dionigi di Alicarnasso è uno storico dell'età di
Augusto che scriveva in greco e che quindi ci ha lasciato le Antiquitates riferite
alla storia di Roma, dove troviamo moltissime notizie, anche di una certa
attendibilità, sulla fase arcaica della storia di Roma. Qui si fa riferimento agli
esponenti della gentes patrizie. Naturalmente sono gentes patrizie, a partire dal
momento in cui incominciano a esserci anche delle genti plebee, quando cioè si
incomincia a creare il fenomeno che gli studiosi di sociologie di economia hanno
chiamato quello del “conflitto delle classi”. Quindi, noi parliamo di gentes patrizia,
ma in realtà c’è stata una fase che dobbiamo immaginare originaria in cui questo
conflitto di classe non era ancora sorto. Tuttavia, nelle fonti che raccontano ex
post la storia più arcaica, troviamo che gli esponenti dei primi collegi sacerdotali,
che per tradizione gli storici hanno attribuito al re Numa Pompilio, il re che è
passato alla storia come l'antesignano delle norme di carattere sacrale delle
istituzioni di carattere religioso per la società romana arcaica, ed è uno dei sette
monarchia latina,
Re di Roma che appartiene a quella alla cosiddetta f