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Estratto del documento

L’auctoritas patrum ovviamente nel caso del senato non c’è, non è che il senato controlla se stesso dopo aver deciso.

Infine, nelle assemblee si è vincolati all’ordine del giorno, cioè alla rogatio magistratuale, rogatio significa l’interrogazione, il

magistrato interroga il popolo per sapere se vuole votare la legge, approvandola, non approvandola, oppure se vuole votare

quel candidato come magistrato, incaricarlo di un ruolo politico. Ma le assemblee non possono fare altro, ad esempio, non

possono modificare il testo della legge, oppure di proporre di votare un altro testo della legge, o, se si deve eleggere il

console, proporre di votare il pretore.

Quindi l’assemblea, comizio tributo, curiato, centuriato, è vincolata alla rogatio del magistrato che la presiede. Il Senato, no.

Aneddoto: ad un certo punto Roma combatte contro Cartagine, il Mediterraneo è diventato troppo piccolo per entrambe, una

delle due deve sparire. E’ il sistema che utilizzano nell’antichità per risolvere questo genere di problema, distruzione di una

città.

Una parte dei Romani non vuole la guerra contro Cartagine, qualcuno non la vuole perchè non ha interesse, qualcun altro non

la vuole perchè pregonizza nella distruzione di Cartagine, sanno che i romani vinceranno, sono troppo forti militarmente, ma

sanno anche che una volta distrutta Cartagine, Roma addenterà un frutto avvelenato, perchè Cartagine, e infatti succederà

esattamente così, la caduta di Cartagine causerà la fine di Roma. L’incapacità di Roma di amministrare le immense ricchezze

che vengono dalla vittoria su Cartagine, incapacità di amministrare non nel senso che non le sa spendere, ma nel senso che

non le sa distribuire all’interno dei gruppi che si trovano nella penisola italica, finisce per distruggere la città.

Tra quelli che sono più attenti e consapevoli di questo pericolo mortale per Roma, ci sono i medi proprietari terrieri, cioè coloro

che dalla distruzione di Cartagine non ha nulla da guadagnare, non sono commercianti, non sono nemmeno così poveri da

sperare nella distribuzione del bottino, hanno un loro status economico-sociale, e sanno che con la distruzione di Cartagine

loro perderanno lo status economico, perchè diventeranno non più il ceto medio, ma il ceto povero, perchè ci saranno altri

molto più ricchi di loro, e che Roma appunto cesserà di esistere.

Catone è il loro campione: Catone, un senatore, ogni giorno, quando va in Senato, qualunque sia l’argomento del quale parlerà

come relatore, oppure come semplice intervento, dice questo “Carthago delenda est”, “Cartagine deve essere distrutta”, ma

non deve essere distrutta nel senso che la annientiamo, spargiamo del sale sulle rovine di Cartagine, la rifondiamo come

colonia nostra, ma deve essere distrutta e basta. Distrutta Cartagine, Roma continuerà a vivere di coltivazione della terra,

quello di Catone è un sogno e un progetto estremamente anacronistico, Roma continuerà a vivere della coltivazione della

terra, noi continueremo ad essere il ceto medio economico, e quello superiore di governo, e l’integrità della costituzione

romana verrà preservata.

Ogni volta che diceva questo, Catone, dicono le fonti, nelle mani aveva un frutto di fico, e diceva, attenzione, questo è stato

raccolto 3 giorni fa a Cartagine, ed è già arrivato a Roma. E’ pericolosissimo per Roma sostituirsi a Cartagine, ma questo

Catone lo può fare perchè in Senato, qualunque senatore può dire quello che vuole, ma fosse stato nelle assemblee, non

avrebbe potuto.

La storia gli ha dato ragione, però i Romani hanno fatto l’esatto contrario di quello che avrebbe voluto Catone.

Quando il senato decide, la applicazione del senatoconsulto viene fatta, nell’ambito delle rispettive competenze, da tutti i

magistrati, oppure, se si tratta, e succederò, della decisione che riguarda il governo di territori conquistati, dai magistrati, fuori

dalla penisola italica che governano quel territorio.

Quindi il senato è in un certo senso la cabina di regia di tutta l’organizzazione amministrativa romana..

Infine, sempre per capire quanto è importante il Senato, si è senatori a vita, salvo morte in battaglia, naturale, o di altro tipo;

tutte le altre cariche invece sono temporanee. Minimo 6 mesi il dictator, massimo 18 mesi il censore.

Quindi il senato, come organo che orienta la vita politica, ha un potere molto superiore a quelli degli altri, gli altri dopo un anno

se ne vanno, il Senato no.

2) COMIZIO CENTURIATO: dopo il Senato, in ordine di importanza, c’è il COMIZIO CENTURIATO.

Il comizio centuriato sorge in epoca monarchica, viene riformato profondamente da Servio Tullio, ma come al solito sappiamo

qual è la riforma ma non sappiamo come fosse prima, quindi non sappiamo come fosse prima il comizio centuriato.

Sicuramente c’era sempre un rapporto strettissimo fra unità di voto, ossa centuriae, e unità di combattimento, centuriae, come

nelle epoche successive.

Nel comizio centuriato sono, fin dall’epoca monarchica, patrizi e plebei, non è come il Senato dove sono solo patrizi fino al 366

a.C..

Nei comizi centuriati ci sono tutti i plebei, non solo i plebei clienti di un patrizio, perchè diciamo questo? Perchè i plebei clienti

di un patrizio erano nei comizi curiati, i comizi curiati erano per stirpe, e quindi fondati sulle gentes, e delle gentes facevano

parte in posizione di clienti anche i plebei.

Nei comizi centuriati invece quello che conta è l’esercito dello stato romano, quello gentilizio, per cui il re, tutti quelli abili a

combattere, li vuole, all’interno di questo progetto di riforma dell’esercito.

Il comizio centuriato innanzitutto non si può riunire dove vuole, si può riunire solo fuori il pomerio, ossia il confine giuridico

sacrale di Roma.

Il Campo di Marte, o Campo marzio, era il luogo in cui si riuniva il comizio centuriato della città. Il campo di Marte, Marte è il

dio della guerra. Quindi il comizio centuriato si riunisce in Campio marzio. I romani non vogliono romani armati dentro il confine

giuridico sacrale; ad un certo punto il confine giuridico sacrale parte dal tacco della penisola, ed arriva al fiume Rubicone, per

quello quando Cesare lo attraversa in armi, dice “Il dado è tratto”, perchè sta facendo, e lui lo sa, una cosa illegale.

E non è che il comizio centuriato si può riunire dove vuole, fuori le mura, no, proprio nel Campo Marzio.

Dopodiché, si può riunire solo nel giorno comiziale, gli auspici devono essere favorevoli, non ci sono deve un augure che dice

che vuole sarvare de coelo, la delibera è vincolata dalla rogatio magistratuale, infine occorre l’auctoritas patrum.

Come si faceva tecnicamente a votare a Roma? Innanzitutto, il voto avveniva all’alba, e il popolo veniva riunito in saepta, alla

lettera “recinti mobili”; i romani facevano votare i cives nello stesso modo in cui contavano le greggi, e cioè dentro un recinto,

fuori, attraverso una piccola apertura, uno ad uno. Passavano sopra un ponticello i votanti, sul ponte c’era il diribitor, cioè lo

scrutatore, e i votanti dichiaravano, infatti il voto era orale, il loro voto. Il diribitor prendeva nota, poi sommava i voti della

centuria, e poi dichiarava all’esterno il voto della centuria.

Il voto diventa segreto soltanto molto tardi, alla fine dell’età repubblicana, con le cosiddette leges tabellariae, le leggi

tabellarie, le tabelle sono le tessere di voto. Il voto diventa segreto nel tentativo di impedire che i più ricchi e potenti

controllassero il voto dei proletari, perchè i proletari vendevano letteralmente il loro voto al più ricco offerente.

Siamo in un’epoca in cui gran parte dei proletari è costituita da plebei che non sono clienti di patrizi, dunque non sono

vincolati dalla fides a votare come il patrizio di riferimento, pena la morte.

Quindi questi plebei, che sono appunto proletari, la loro unica ricchezza è nella prole, votante se maschi, liberi, e puberi, e

vendono al miglior offerente il voto, e ovviamente se il voto è palese, si fa presto a capire se i pagati rispettano i patti, e per

questo il voto diventa segreto. E’ uno dei motivi per cui tuttora il voto è segreto, per evitare condizionamenti.

Quando il voto diventa segreto, a ciascun votante vengono date tre tessere, tre tabellae, sulle quali, su ciascuna tabella una

lettera, c’è scritto “A, U, N”: la A sta per “no”, perchè è l’inizio di questa frase ”antiquo iure utimur”, “usiamo il diritto antico”,

quindi la proposta di legge è bocciata; la U sta invece per “uti rogas”, “come chiedi”, quindi sì, chiedi di votare? Ti dico sì, il

mio voto è come chiedi, sì; l’ultima è “non liquet”, “non so”, “mi astengo”.

Quindi a seconda di come si voleva votare, si inserivano questi cocci all’interno di un oggetto, che è un’urna, usata tuttora per

votare in Parlamento, chiamata “capsa”, “capsae”.

Tutti i cittadini maschi e puberi potevano votare, perchè difendevano con le armi Roma. Ma per votare dovevano essere a

Roma quel giorno. Non si poteva votare all’estero, non si poteva votare per procura.

Ad un certo punto della loro storia i romani hanno dato la cittadinanza a tutti i popoli della penisola italica, è stato uno dei più

grossi errori dopo la vittoria delle guerre puniche. Per questo si vota solo a Roma: per venire dal Sannio fino a Roma, servivano

3 settimane di viaggio. Come facevano a sapere che si votata proprio quel giorno? Perchè servono tre settimane per andare a

votare, ma anche 3 settimane per sapere che si vota.

I romani regolamentano in modo ferreo la propaganda elettorale, e cioè è possibile farla soltanto per il tempo di 3 mercati,

prima delle votazioni. Dopodiché, no. E quando si tratta di eleggere magistrati, sono previste ulteriori limitazioni.

Il voto, quale esso fosse, per poter essere valido, una volta preso, doveva essere dichiarato all’esterno dal magistrato

presidente. Se il magistrato proponente si rifiutava di dichiarare l’esito del voto, la delibera non era valida. I romani sapevano

bene come controllare la volontà del popolo.

Le delibere dei comizi, tutte, si chiamano lex, leges. L’origine della parola lex è piuttosto controversa, cioè probabilmente ha a

che fare con lego: lego significa dichiaro, dico, ma dico con un senso imperativo. Però probabilmente, non siamo sicuri.

Più sicuri invece siamo della radice ius, e probabilmente viene da iuvare, cioè il diritto giova. E’ come la scrittura della legge

bustrofedica, cio&egrav

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A.A. 2021-2022
7 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Shiroitanuki di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Ferrara o del prof Desanti Lucetta.