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LEZIONE 8 - IL GIUDICATO. I LIMITI OGGETTIVI DEL GIUDICATO
1. Giudicato formale
Giudicato formale: particolare situazione della sentenza in cui questa non è più soggetta ad impugnazione (o perché i rimedi impugnatori non sono stati proposti nei termini, o perché i relativi giudizi sono terminati); è irretrattabile, immodificabile, e si può quindi dire che il processo si è chiuso.
Sono cioè ormai non più proponibili appello, ricorso per Cassazione, regolamento di competenza, revocazione ordinaria.
Disciplina: nell'art. 324: "Si intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta né a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per cassazione, né a revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell'articolo 395"
La acquisita stabilità è comunque non assoluta, ma relativa (è infatti ancora proponibile la revocazione).
straordinaria). Rispetto ad ogni decisione del giudice ci sono due contrapposte esigenze che vanno contemperate: 1. Esigenza che la decisione sia più giusta possibile: a questo scopo va ammessa la possibilità del controllo in impugnazione, del riesame da parte di un altro giudice (idea che la seconda decisione sia più probabilmente giusta della prima) e ciò teoricamente all'infinito. 2. Esigenza della certezza: le liti vanno decise e concluse in modo che si abbia certezza sui rapporti giuridici (idea per cui, quanto prima si arriva alla decisione finale, tanto più si dà certezza e si assicura la pace sociale). Compromesso tra giustizia e certezza: ammettere il riesame della decisione, ma in modo limitato. Ad un certo punto cioè la decisione deve diventare stabile, questo è il fondamento del giudicato formale. 2. Art. 324 e art. 2909⚠️ Il giudicato formale è il presupposto del giudicato sostanziale, cioè laLa decisione del giudice "fastato" (produce i suoi effetti) quando è diventata immodificabile all'interno del processo, quando i rimedi esperibili contro di essa sono esauriti. La relazione tra il giudicato formale e quello sostanziale è espressa nell'art. 2909: "L'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa."
L'effetto che viene rimandato al momento del giudicato formale è quello di accertamento (e quello costitutivo).
3. Giudicato sostanziale (art. 2909)
Giudicato sostanziale: esprime l'efficacia della sentenza al di fuori del processo e consiste nel "fare stato" dell'accertamento di cui all'art. 2909.
Fare stato: per capire cosa significhi vanno considerati due aspetti:
1. Effetto negativo (ne bis in idem): in ogni futuro processo tra le stesse parti non si potrà nuovamente decidere sullo stesso diritto.
già accertato. Se lo stesso diritto viene nuovamente sottoposto all'esame di un altro giudice, questo dovrà prendere atto della precedente decisione ed arrestarsi. Deve emanare una sentenza di rito di absolutio - divieto di nuovamente decidere. Il giudicato già in essere vale come presupposto processuale negativo che impone il rigetto in rito. 2. Effetto positivo (conformativo): se in un successivo processo si deve decidere su un diritto dipendente da quello già deciso, allora il secondo giudice dovrà recepire quello che ha stabilito il primo. Rapporto di pregiudizialità dipendenza tra diritti o rapporti: quando una situazione sostanziale (dipendente) può esistere solo se ne esiste un'altra (pregiudiziale) o viceversa. Si può dire che la seconda rientra nella fattispecie costitutiva della prima. 4. Il giudicato copre il dedotto e il deducibile Il giudicato copre il dedotto e il deducibile: principio fondamentale che spiegasino a che punto la decisione resa si impone nei successivi giudizi sullo stesso oggetto. Fino a che punto, cioè, vale la regola del ne bis in idem. In base alla regola della preclusione del dedotto e il deducibile, è escluso che l'accertamento reso nella prima decisione possa in un successivo processo essere messo in discussione non solo in base a tutte le questioni che sono state dedotte (introdotte ed esaminate) nel corso del giudizio concluso (dedotto), ma anche in base a tutte le questioni che avrebbero potuto esserlo e non lo furono (deducibile). Questa regola vale per tutte le questioni di merito, di rito, di fatto, di diritto; così come per le deduzioni istruttorie. Quanto non dedotto nel primo processo, doveva essere obiettivamente deducibile. Vanno considerati due aspetti: 1. Non importa che al tempo del primo processo la parte non fosse a conoscenza di quanto non ha dedotto – è sufficiente che il fatto fosse sussistente. 2. È deducibile soloquanto si fosse già verificato durante il corso del giudizio che ha condotto al giudicato. Quanto si è verificato dopo, quanto è sopravvenuto, non era deducibile quindi la preclusione non si applica. È allora consentito il superamento del giudicato in base ai fatti nuovi. ⚠️ Bisogna stabilire un limite temporale per l'introduzione dei fatti nel processo. 45 Per fatti sopravvenuti bisogna considerare non il momento della decisione o quello del suo passaggio in giudicato formale, ma un momento precedente, quello ultimo per l'introduzione dei fatti nel processo. 5. Eccezione in giudicato In presenza di una precedente decisione sullo stesso oggetto passata in giudicato il giudice (in forza del principio ne bis in idem) non può decidere nel merito, ma deve pronunciare absolutio ab instantia. ● L'assenza del precedente giudicato: vale dunque come presupposto processuale negativo (allo stesso modo dell'assenza di litispendenza e dellapresenza della clausola arbitrale).
La presenza del precedente del giudicato: va fatta valere dalla parte interessata (eccezione di parte), ma è anche rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado (dunque è un'eccezione in senso lato).
Se il precedente giudicato non è sullo stesso oggetto, ma su oggetto pregiudiziale: si spiega l'effetto positivo-conformativo. Il secondo giudice decide recependo quanto ha stabilito il primo sull'oggetto pregiudiziale.
Es. nel primo processo si decide che A è figlio di B; nel secondo processo B chiede gli alimenti contro A: la decisione del primo processo va recepita, cioè il giudice del secondo processo deve partire dal presupposto che B è figlio (perché lo ha accertato il primo giudice).
Effetto negativo (ne bis in idem): stesso oggetto
Effetto conformativo: oggetto dipendente
6. I limiti oggettivi del giudicato
Il giudice per decidere sul diritto dedotto
Risolve una serie di questioni di fatto e di diritto che servono per arrivare all'accertamento finale, cioè per dire se il diritto oggetto della domanda esiste o meno.
Il giudicato (cioè l'accertamento che fa stato ai sensi dell'art. 2909) fino a che punto si estende? Quali temi sono ormai risolti in modo definitivo e quali invece no?
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Questioni di fatto e di diritto: ad esse il giudicato non si estende e che quindi potranno essere ridiscusse in un altro processo su un altro oggetto (es. interpretazione di una singola clausola del contratto riportata in una pluralità di contratti tra le stesse parti).
Si dice che in queste ipotesi la soluzione data dal giudice è una mera tappa nell'iter logico che ha condotto alla decisione sul diritto (con altre parole: fa parte della motivazione non del dispositivo): giudicato si ha solo su diritti e non su mere questioni di fatto o di diritto.
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Questioni pregiudiziali: hanno queste caratteristiche:
Hanno ad oggetto diritti o rapporti diversi da quello dedotto con la domanda b.
Questi diritti o rapporti potrebbero essere l'oggetto di un autonomo giudizio e di un giudicato c.
Vengono in considerazione nell'attuale processo in quanto l'esistenza dell'oggetto di questo dipende dall'esistenza o dall'inesistenza di queste questioni.
Il giudice, cioè, per poter decidere sul diritto dedotto con la domanda, deve necessariamente occuparsi dell'esistenza di altri diritti/rapporti, dato che il diritto dedotto sussiste solo se sussistono (o non sussistono) questi altri diritti/rapporti.
7. Questioni pregiudiziali
Che efficacia ha l'accertamento compiuto dal giudice sulla questione pregiudiziale (sull'esistenza della proprietà, sul rapporto di mandato) in successivi processi in cui tutti questi temi vengano ancora in rilievo?
468. Art. 34
Nell'art. 34 non viene detto in modo diretto quale sia l'efficacia della decisione del
giudice sullaquestione pregiudiziale, ma lo dice in modo implicito, indiretto.
- Si stabilisce nell'art. 34 che, se c'è una questione pregiudiziale e questa deve essere decisa con efficacia di giudicato o per esplicita indicazione di legge o per domanda di parte, allora il giudice adito, se non è competente per questa questione pregiudiziale, deve rimettere tutto (la causa principale e quella pregiudiziale) al giudice superiore.
- Da ciò si deduce che, se la norma di legge o la domanda di parte non ci sono, allora il giudice trattiene e risolve anche la questione pregiudiziale, anche se per questa non è competente.
- Ma allora, se può fare questo (cioè trattenere e risolvere la questione pregiudiziale anche se non è competente anche per questa), vuol dire che quella questione pregiudiziale non va decisa con autorità di giudicato (il giudice può trattenere la questione pregiudiziale e risolverla, perché non lo fa?
4. La questione pregiudiziale in difetto di queste due condizioni (la domanda di parte o la volontà di legge) non è decisa con efficacia di giudicato
Non è decisa con efficacia di giudicato: quanto stabilito dal giudice su di essa non fa stato, cioè vale solo nel processo ora pendente, ma non in ogni altro processo in cui quella questione si ripresenti.
9. Art. 34 - domanda di accertamento incidentale
A quali condizioni la questione pregiudiziale è decisa con efficacia di giudicato? In base all'art. 34 ci sono 2 casi:
1. Se c'è la domanda di parte in proposito (domanda di accertamento incidentale)
Ratio: principio della domanda. Il giudice decide (con efficacia di giudicato) solo su quello che le parti vogliono, senza che i confini della decisione possano espandersi ad altro.
Conseguenza di questa soluzione: è possibile che in un primo processo un soggetto
venga dichiarato erede e in un secondo che tale qua