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SEZIONE III LA COMUNIONE
La comunione in generale
Il regime giuridico in cui vi sono più contitolari del diritto di proprietà, o di altro
diritto reale, sul medesimo bene, prende il nome di comunione. Quest’ultima può
essere di due tipi: pro-diviso:
Comunione Ciascuno dei comunisti è proprietario di una singola
parte individuale della cosa
pro-indiviso:
Comunione Ciascuno dei comunisti è proprietario in parti uguali e
gode di uguali diritti su una cosa unica.
Ciascun comunista ha il diritto di disporre autonomamente della propria quota,
alienandola o costituendo su di essa diritti di godimento o di garanzia a favore di
terzi.
Per quanto riguarda il godimento del bene, l’Articolo 1102 stabilisce che ciascun
comunista può servirsene, purché non impedisca agli altri partecipanti di farne
parimenti uso.
Anche per quanto riguarda I frutti e le spese, quest’ultime devono essere ripartiti tra i
comproprietari in misura proporzionale alle rispettive quote (che si presumono
essere uguali).
Le decisioni attinenti all’amministrazione sono assunte secondo il principio
maggioritario: con la conseguenza che, ove una spesa sia deliberata dalla
maggioranza, i comunisti dissenzienti sono obbligati a contribuirvi, salva la possibilità
di liberarsi dall’obbligazione rinunciando al proprio diritto e di impugnare le
deliberazioni illegittime.
È, invece, necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione o di
costituzione di diritti reali sul bene e per le locazioni ultra-novennali.
La legge permette, ad ogni partecipante di una comunione, il diritto di richiedere in
qualsiasi momento lo scioglimento della comunione stessa.
Se gli altri partecipanti non trovano un accordo riguardo la divisione del bene, o non
sono favorevoli allo scioglimento, è possibile procedere con una divisione giudiziaria.
Tuttavia, l'autorità giudiziaria può concedere una proroga, che non può superare i
cinque anni, se ritiene che lo scioglimento immediato possa danneggiare gli interessi
degli altri partecipanti.
La validità di un patto di comunione ha durata massima di dieci anni, salvo che in
qualunque momento l'autorità giudiziaria può richiedere lo scioglimento prima della
scadenza stabilita, qualora emergano gravi circostanze che lo richiedano.
La divisione ha efficacia retroattiva: ciascun partecipante viene considerato
proprietario esclusivo della parte del bene che gli è stata assegnata in sede di divisione
sin dal momento in cui la comunione si è costituita.
La disciplina dettata dal Codice per la comunione è modificabile. Tali modifiche
negoziali richiedono il consenso di tutte le parti e sfuggono, pertanto al principio
maggioritario.
Il condominio degli edifici
Negli edifici con più unità abitative ciascuno dei condomini, oltre ad essere proprietario
del proprio appartamento, si è comproprietari delle parti comuni dell’edificio stesso
(scale, androne, ascensore ecc), anche se oggetto di godimento periodico.
Si tratta di una particolare ipotesi di comunione caratterizzata dal fatto che tali parti
comuni dell’edificio non sono soggette a divisione, salvo i casi in cui può essere
effettuata senza creare disagi o inconvenienti e con il consenso di tutti i condomini.
Nessun condomino inoltre può rinunciare al proprio diritto sulle parti comuni.
Ci si trova innanzi ad un condominio dal momento in cui vi sono almeno due proprietà
individuali e una comproprietà su beni strumentali (cosiddetto “condominio
minimo”).
Quando più edifici godono di parti in comune, in tal caso si parla di
“supercondominio”.
Invece quando i condomini sono più di otto, l’assemblea deve nominare un
amministratore, tenuto a gestire l’amministrazione dei vari condomini.
L’amministratore ha una serie di rilevanti obblighi da rispettare. ad esempio: l’obbligo di
far raccogliere tutte le somme su un unico specifico conto corrente, quello di
agire per la riscossione forzosa delle somme mancanti entro sei mesi dalla
chiusura dell’esercizio.
L’attività di gestione è formalmente documentata nei registri condominiali tenuti
dall’amministratore. Egli ha l’obbligo di conservare tutta la documentazione inerente
alla gestione, e i condomini hanno il diritto di prendere visione di tali documenti e
di estrarne copia.
Quando il numero dei condomini è superiore a dieci, deve essere predisposto un
regolamento condominiale che disciplini l’uso delle parti comuni e la ripartizione
delle spese, nonché l’amministrazione del condominio.
Spetta all’assemblea dei condomini assumere le decisioni relative alla manutenzione e
alla gestione dell’edificio.
L’amministratore o i condomini possono inoltre diffidare colui che esegue attività che
incidono negativamente sulle parti comuni, chiedendo la convocazione dell’assemblea
per far cessare la violazione o instaurando azioni giudiziarie.
In caso di approvazione per introdurre un innovazione nelle parti comuni, (come un
ascensore, una piscina ecc.) i condomini che non intendano trarne vantaggio, sono
esonerati dal contribuirvi nelle spese, mentre la maggioranza che l’ha approvata deve
sopportarne integralmente la spesa
In ogni caso sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o
alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano
alcune parti dell’edificio inservibili all’uso anche di uno solo dei proprietari .
La multiproprietà
La multiproprietà è una pratica negoziale caratterizzata dalla possibilità per più soggetti
di godere di un'unica proprietà, alternandosi in periodi differenti.
Ogni multiproprietario acquisisce il diritto di utilizzare e disporre del bene per un
determinato periodo dell'anno (ad esempio, la prima settimana di agosto), secondo un
sistema turnario stabilito al momento della stipulazione del contratto d’acquisto.
Solitamente, l'immobile è inserito in un complesso turistico-alberghiero che offre ai
multiproprietari diversi servizi.
Riguardo la natura della multiproprietà vi sono diverse tesi:
1. Una prima tesi definisce la multiproprietà come una forma di comunione, in quanto
i comproprietari concordano dispongono del godimento turnario del bene.
2. Altre tesi propongono invece di configurare la multiproprietà come un tipo di
proprietà a tutti gli effetti, in cui l’oggetto del diritto è determinato non solo
spazialmente, ma anche temporalmente.
3. Nel codice del consumo invece, la multiproprietà è definita come un contratto di
durata superiore a un anno, tramite il quale un consumatore acquisisce a titolo
oneroso il diritto di godimento su uno o più alloggi per il pernottamento.
In relazione alla multiproprietà, sono previsti inoltre altri contratti, tra cui:
Contratto di rivendita: un operatore assiste, a titolo oneroso, un consumatore
nella vendita o nell’acquisto di una multiproprietà o di un prodotto per le vacanze
a lungo termine.
Contratto di scambio: un consumatore partecipa, a titolo oneroso, a un sistema
di scambio che gli consente l’accesso all’alloggio per il pernottamento o ad altri
servizi, in cambio della concessione ad altri dell’accesso temporaneo ai vantaggi
derivanti dal suo contratto di
multiproprietà.
Il contratto deve avere forma scritta pena la nullità.
SEZIONE IV: IL POSSESSO
Nozione di possesso
Ai sensi dell'Articolo 1140 comma 1: “il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta
in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale”.
Mentre la proprietà, sappiamo essere un diritto reale che conferisce al proprietario di
un bene il pieno ed esclusivo potere sulla cosa.
Il possesso rappresenta la situazione in cui avviene l'esercizio effettivo del diritto di
proprietà o di un altro diritto reale.
Solitamente, il possesso viene esercitato da chi gode della proprietà della cosa. Tuttavia,
può accadere, che il possessore e il proprietario di un bene non coincidano. Ovvero, che
colui che esercita il potere sulla cosa, non sia il titolare del diritto reale, ma che, in
buona o malafede, si appropria le prerogative di quest’ultimo.
Proprio per questo viene sottolineato che la proprietà è un diritto reale, e il possesso
una situazione di fatto.
Al di là di questo, tradizionalmente, il possesso richiede la presenza di due
elementi:
Un elemento soggettivo (animus possidendi), ovvero l'intenzione del
possessore di usare la cosa come se ne fosse il proprietario.
Un elemento oggettivo (corpus), ossia la materiale disponibilità della cosa.
La presenza dell'animus permette di distinguere a sua volta il possesso dalla
detenzione.
Il detentore ha anche lui la disponibilità materiale della cosa, ma la sua intenzione non
è quella di usufruirne come se ne fosse il proprietario. ad esempio: il locatario utilizza
l’appartamento per abitarci ma la sua intenzione, a differenza del possessore, non è
quella di sostituirsi al proprietario.
Così facendo però, sembrerebbe che la distinzione tra possesso e detenzioni si basi sullo
stato mentale di chi lo applica, che ovviamente non è così.
La differenza sostanziale consiste che:
il detentore ha il controllo materiale sul bene grazie ad un titolo, ed ha quindi un
accordo o contratto con il proprietario, che legittima l’uso uso del bene, anche se
limitato e regolato da un contratto.
Il possessore invece, esercita un controllo di fatto sul bene, come se fosse il
proprietario, senza nemmeno avere un titolo legale che ne legittimi l'uso.
In alcuni casi però, può succedere che la detenzione muti nel possesso stesso, ad
esempio nel caso in cui il titolo del detentore scada, e quest’ultimo continui ad utilizzare
la cosa illecitamente senza il consenso del proprietario.
Il possesso può essere acquisito:
A titolo originario, attraverso l’acquisizione materiale della cosa.
A titolo derivativo, sulla base della consegna della cosa.
Il possesso può essere acquisito a titolo derivativo anche senza la consegna della cosa
quando il possessore prima era detentore della cosa (chi è in affitto e compra
l’appartamento) o quando al contrario, chi cede il possesso ne conserva la
detenzione (vendo l’appartamento ma ci abito comunque pagando l’affitto al nuovo
proprietario).
Il Codice civile stabilisce regole per determinare la durata del possesso; si presume che,
se il posses