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COOPERAZIONE COLPOSA NEL REATO COLPOSO (ART. 113 C.P.):
- In un reato colposo, se l'evento è causato dalla cooperazione di più
persone, ciascuna risponde della stessa pena, purché ciascuna sia
consapevole che la propria condotta negligente o imprudente
interagisce con quella degli altri. Ad esempio, un passeggero che istiga
il guidatore a violare i limiti di velocità per arrivare in tempo a un
appuntamento.
IL SISTEMA SANZIONATORIO A DOPPIO BINARIO:
1.LE PENE
Nel codice penale sono previste due tipologie di pene: le pene principali
e le pene accessorie.
PENE PRINCIPALI: sono inflitte dal giudice con la sentenza di
- condanna. Si distinguono in pene stabilite per i delitti (ergastolo;
reclusione; multa) e pene previste per le contravvenzioni (arresto;
ammenda). Si suddividono inoltre in
pene detentive (comportano la privazione della libertà personale del
condannato: ergastolo; reclusione; arresto) e pene pecuniarie
(consistono nel pagamento di una somma di denaro allo Stato: multa e
ammenda).
- - L’ergastolo ha natura di pena (tendenzialmente) perpetua;
- “tendenzialmente” perché dopo aver scontato almeno 26 anni di
pena il condannato che abbia tenuto un comportamento tale “da far
ritenere sicuro il suo ravvedimento” può essere ammesso alla
liberazione condizionale ➝ v. però ilc.d. ergastolo ostativo.
Reclusione e arresto sono pene temporanee; le differenze di
- contenuto tra i due tipi di pena (relative alla possibilità per il
80 condannato di accedere a talune misure alternative) sono minime e
benché sia previsto che i condannati all’arresto debbano essere
separati dai condannati alla reclusione (cioè detenuti in stabilimenti
diversi), di fatto, anche a causa del sovraffollamento carcerario, le
modalità esecutive della reclusione e dell’arresto sono le stesse.
NOTA BENE: La pena di morte è stata coerentemente bandita
dall’ordinamento (a partire dal 1994 la pena di morte è stata sostituita
con l’ergastolo anche per i delitti previsti nel codice penale militare di
guerra e nelle leggi militari di guerra; è stata espunta dalla Costituzione
nel 2007)
PENE ACCESSORIE: (art. 19 ss.) conseguono di diritto alla condanna
- come effetti della stessa (cioè il giudice le deve obbligatoriamente
applicare)
Le pene accessorie previste per i delitti si distinguono
essenzialmente in: pene interdittive (interdizione dai pubblici uffici;
interdizione legale; interdizione da una professione o arte; interdizione
dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese), pene
inabilitanti (incapacità di contrarre con la PA; decadenza dalla
responsabilità genitoriale), estinzione del rapporto di lavoro.
Le pene accessorie previste per le contravvenzioni si traducono in
misure sospensive (sospensione da una professione o arte; sospensione
dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese).
Svolgono sopratutto una funzione di prevenzione speciale negativa
(neutralizzazione) impedendo all’autore del reato di svolgere le attività nel
quali il reato è stato commesso.
Vi è inoltre la pena accessoria della pubblicazione della sentenza di
condanna, comune a delitti e contravvenzioni. Vi sono poi numerose
pene accessorie contenute nella parte speciale del codice e nelle leggi
speciali.
IL SISTEMA SANZIONATORIO A DOPPIO BINARIO
2. LE MISURE DI SICUREZZA
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Il codice penale prevede, accanto alle pene, le misure di sicurezza in
funzione di controllo e di prevenzione della pericolosità del reo. I
presupposti per l’applicazione delle misure di sicurezza sono:
La commissione di un reato o un c.d. “quasi reato” (presupposto
- oggettivo).
La pericolosità sociale (presupposto soggettivo). Nel codice penale,
- all’art. 203 c.p. agli effetti della legge penale, è socialmente
pericolosa la persona, anche se non imputabile o non punibile, la quale
ha commesso taluno dei fatti indicati nell’art. 202 (ossia un fatto
preveduto dalla legge come reato) quando è probabile che commetta
nuovi fatti preveduti dalla legge come reati. La qualità di persona
socialmente pericolosa si desume dalle circostanze indicate nell’articolo
133 c.p. (ai sensi del quale il giudice nella commisurazione della bene
deve terne conto di una serie di indici riferiti alla gravità del reato e alla
capacità a delinquere del reo).
LA PENA E LE SUE FUNZIONI
La pena è dunque la sanzione, prevista dalla legge, che consegue alla
commissione di un reato. Essa ha natura afflittiva ed evoca l’idea del
castigo, del “male” inflitto all’autore di un fatto illecito.
‘L’evoluzione del sistema sanzionatorio penale italiano mostra come tre
siano le concezioni riguardo alle funzioni della pena che hanno dominato il
dibattito sul tema:
La teoria della retribuzione
- La teoria della prevenzione generale
- La teoria della prevenzione speciale
-
LA TEORIA DELLA RETRIBUZIONE (C.D. ASSOLUTA)
La funzione della pena è quella di retribuire il male commesso con il
reato con il “male” costituito dalla pena stessa. I sostenitori della
funzione unicamente retributiva della pena difendono l’assunto per cui al
bene segue il bene e al comportamento antisociale segue la reazione
sociale negativa.
Secondo tale teoria, non essendo possibile reintegrare il precetto violato,
è necessario compensare la colpevolezza dell’autore del reato con una
pena.
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La pena è concepita come conseguenza necessaria del reato e serve
a riaffermare la validità dell’ordine morale e giuridico violato
dall’azione criminosa. La pena ha una natura necessariamente afflittiva
ed è caratterizzata dalla proporzionalità: se la funzione della pena è la
retribuzione al condannato per il male arrecato con la sua condotta
delittuosa, è indispensabile che la risposta sanzionatori dello Stato sia
proporzionale alla gravità del fatto commesso.
I limiti della concezione retributiva:
- Ritenere che, in un sistema penale fondato sull’idea della retribuzione,
sia già intrinseca l’azione di prevenzione, generale e speciale, dal
momento che gli individui, capaci di autodeterminarsi, messi davanti a
leggi chiare e precise, difficilmente dovrebbero commettere reati:
- Non considerare la categoria dei delinquenti pericolosi ma non
imputabili (ad esempio l’infermo di mente), visto che la pena retributiva
nei loro confronti non è applicabile (ne mancano infatti i presupposti);
- Considerare estranea al diritto penale l’esecuzione della pena ai fini del
recupero sociale del reo (non preoccuparsi della necessità che
l’astensione dal delinquere si fondi su scelte personali di adesione ai
precetti legislativi, piuttosto che su dinamiche coattive);
- Rischio, anche in tempi recenti, di punizioni non proporzionate alla
gravità del fatto, per rispondere ai “bisogni emotivi di punizione”
esistenti nella società e in ciascun individuo di fronte alla perpetrazione
di reati (eccessi e abusi del potere punitivo).
LA TEORIA DELLA PREVENZIONE GENERALE (O DELLA
INTIMIDAZIONE)
Secondo questa concezione la pena avrebbe la funzione di dissuadere la
generalità dei consociati dalla commissione di reati (funzione
deterrente).
Nella versione più tradizionale la prevenzione generale si fonda sull’idea
che la minaccia della sanzione operi, sotto il profilo psicologico, come
contropunta alla spinta criminosa (prevenzione generale c.d. negativa
in forma di coazione psicologica).
Il ruolo della pena è quello di incutere timore al fine di distogliere i
consociati dall’assecondare i loro impulsi criminosi e di dissuadere gli
stessi dal commettere l’illecito (deterrenza).
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Muove dal presupposto che l’uomo, quale essere razionale, prima di agire
soppesi vantaggi e svantaggi della propria scelta criminale.
In tale prospettiva ogni qualvolta l’idea della sofferenza connessa alla
pena superi la prospettiva del beneficio derivante dall’atto criminoso, il
soggetto sarebbe spinto a rinunciare a delinquere.
Alle radici di questa concezione si trovano le teorie elaborate nel secolo
diciannovesimo da studiosi quali Feuerbach in Germania e Bentham in
Inghilterra.
L’”utilitarismo benthamiano” può considerarsi il progenitore delle teorie
basate sul calcolo “costi-benefici”.
Bentham impiega il concetto di “calcolo morale” per valutare la
probabilità che un soggetto ponga in essere un certo comportamento e in
ciò è determinante il peso del piacere (utilità) presente o futuro che esso
produrrà rispetto alla sofferenza: il soggetto commette un crimine perché
il piacere anticipato provato per l’atto commesso è superiore alla
sofferenza (la pena) che potrebbe derivarne.
Negli anni più recenti è emersa una diversa concezione della funzione di
prevenzione generale (c.d. prevenzione generale positiva o
allargata).
Secondo questa accezione, la minaccia della pena adempie ad una
funzione di orientamento culturale dei consociati (o funzione di
orientamento culturale dei consociati (o funzione morale-pedagogica): si
confida che con il tempo si crei nella collettività una adesione spontanea
ai valori tutelati dalla legge penale, la cui rilevanza sarebbe “segnalata”
proprio dal fatto che l’ordinamento vi pone a presidio la sanzione penale.
Il diritto penale adempie dunque ad una funzione di “socializzazione”,
simile a quella assolta dalla famiglia, dalla scuola, dal gruppo o della
comunità.
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I LIMITI DELLA CONCEZIONE GENERALPREVENTIVA
Il fatto di tener conto solo dell’effetto deterrente, creando così un clima
- di paura di subire la pena;
Il fatto di considerare l’autore del reato come soggetto calcolatore,
- senza tener presente che molto spesso nella spinta a delinquere
subentrano stimoli inconsci e fattori emotivi difficilmente controllabili;
Nell’ottica della prevenzione generale positiva: rischio di espansione del
- diritto penale a fini pedagogici (eventualmente anche rispetto a valori
non del tutto condivisi all’interno di una società particolarmente
frammentata e pluralista);
Mancano dati sperimentali certi che dimostrino il grado di efficacia della
- deterrenza con riguardo ai diversi tipi di reato e di autore;
È un dato di esperienza che nonostante la minaccia di pena i reati
- vengono ugualmente commessi: l’efficacia generalpreventiva
intimidativa richiede infatti non tanto la severità ma la prontezza e la
certezza della irr