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LE PENE DETENTIVE
Il nostro sistema sanzionatorio può essere considerato carcerocentrico
poiché le pene principali sono caratterizzate per lo più dalla privazione
della libertà personale e le pene detentive sono utilizzate di più rispetto a
quelle pecuniarie, come l’ergastolo, la reclusione e l’arresto.
L’ergastolo comporta la privazione a vita della libertà personale e
costituisce la pena più grave prevista dal nostro ordinamento, sollevando
un problema di compatibilità con l’articolo 27 comma 3 della
“Le pene non possono consistere in
Costituzione che spiega come
trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla
rieducazione del condannato”.
Tuttavia, l’ergastolo è compatibile con il comma 3 solo se
l’ergastolano può essere ammesso alla liberazione condizionale, in
cui ritornerà ad essere un cittadino libero se per 5 anni non commette
reati.
La libertà condizionale non è però prevista per il c.d. ergastolo
ostantivo, cioè per coloro che sono condannati per criminalità
organizzata e per la quale viene data la possibilità della libertà
condizionata solo se collaborano con l’autorità giudiziaria.
Dunque, anche in questo caso la disciplina è conforme con l’art.27
comma 3.
Tuttavia, a tal riguardo, l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea
dei dritti dell’uomo nel 2019 poiché, considerando la collaborazione
con le autorità come l’unica dimostrazione possibile della correzione del
condannato, non si tiene conto degli altri elementi che permettono di
valutare i progressi compiuti dal detenuto, che molto spesso si trova a
non poter collaborare con l’autorità per timore di vendette e minacce.
La reclusione e l’arresto costituiscono le pene più utilizzate e sono
determinate dalla legge con dei limiti minimi e massimi con il quale il
giudice quantifica la pena da applicare in relazione al caso concreto. Si
tratta della c.d. commisurazione giudiziale della pena che attribuisce
al giudice un ampio potere discrezionale.
Il giudice deve poi motivare, in sentenza, le ragioni della sua
decisione.
Tuttavia, il giudice deve considerare anche alcuni parametri che sono
indicati nell’articolo133 c.p. e sono la gravità del reato e la capacità
a delinquere del soggetto.
La gravità del reato va appresa:
Dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall'oggetto, dal tempo, dal luogo
Dalla gravità del danno cagionato alla persona offesa dal reato;
Dalla intensità del dolo o dal grado della colpa.
Mentre, la capacità a delinquere del colpevole va desunta:
Dai motivi a delinquere e dal carattere del reo;
Dai precedenti penali e giudiziari e dalla condotta e dalla vita del reo
Dalla condotta contemporanea o susseguente al reato;
Dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo.
Si noti che l'articolo 133 c.p. richiede al giudice la formulazione di un
giudizio prognostico sul rischio che il soggetto torni a commettere un reato
in futuro.
LE PENE PECUNIARIE
Multa ed ammenda costituiscono le pene pecuniarie e sono determinate
dalla legge con indicazione di limiti edittali minimi e massimi.
Anche la pena pecuniaria viene commisurata seguendo i criteri indicati
dall'articolo 133 c.p., ai quali si aggiunge la considerazione delle condizioni
economiche del reo.
Molto più efficace è, invece, il sistema di commisurazione della pena
pecuniaria per tassi giornalieri, utilizzato in Germania ed in altri sistemi
europei, in cui la legge determina la pena pecuniaria con indicazione di un
certo numero di quote ed il giudice individua il numero delle quote da
applicare al caso concreto, tenendo conto della gravità del reato e della
colpevolezza del soggetto.
Questo sistema non può essere applicato nel nostro ordinamento poiché sarà
difficile al giudice individuare le condizioni economiche del soggetto a
causa dell’elevato tasso di evasori fiscali.
Le pene pecuniarie non pagate si convertono in libertà controllata oppure
il condannato può chiedere la sostituzione con il lavoro sostitutivo.
LE PENE ACCESSORIE
Il codice penale prevede in alcuni casi anche le pene accessorie che si
aggiungono alla pena principale. Tali pene svolgono, una importante
funzione di prevenzione generale e di prevenzione speciale negativa, in
quanto impediscono all’autore di svolgere le attività nelle quali il reato è stato
commesso.
Per i delitti sono previste le seguenti pene accessorie:
L'interdizione dai pubblici uffici;
L'interdizione da una professione o da un'arte;
L'interdizione legale;
L'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;
L'incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione;
L'estinzione del rapporto di impiego o di lavoro;
La decadenza o la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori
Per le contravvenzioni, il codice penale indica come pene accessorie:
La sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte;
La sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle
imprese
La legge indica a quali reati si applicano le pene accessorie e la loro
durata.
Inoltre, se il giudice dispone la sospensione condizionale della pena
principale, la sospensione si estende anche alle pene accessorie.
Le pene accessorie non devono essere però confuse con le sanzioni
amministrative accessorie.
Ad esempio, in caso riduzione dei punti della patente di guida (sanzione
amministrativa) e in caso di un incidente stradale che ha provocato lesioni
colpose alle persone coinvolte, il giudice applicherà la sospensione
condizionale della pena principale della reclusione ma non sarà sospesa
la riduzione dei punti della patente, perché le sanzioni amministrative non
si sospendono.
LE SANZIONI SOSTITUTIVE E LE PENE PER I REATI DI COMPETENZA DEL
GIUDICE DI PACE
Il legislatore ha previsto per i reati di medio-bassa rilevanza, delle alternative
alla pena detentiva: il primo strumento è costituito dalle sanzioni
sostitutive delle pene detentive.
Dunque, il giudice può sostituire le pene detentive con sanzioni diverse
come la pena pecuniaria, la libertà controllata e la semidetenzione.
L'altra via di fuga dalla pena detentiva è in relazione ai reati attribuiti alla
competenza del giudice di pace che infatti, non può mai condannare ad una
pena detentiva, ma solo a pene pecuniarie.
L’ORDINAMENTO PENITENZIARIO
La prospettiva di approccio alle pene detentive è cambiata radicalmente con
la riforma dell’ordinamento penitenziario L.354/75 che ha operato sia sul
trattamento penitenziario e sia con le misure alternative di detenzione,
al fine di dare attuazione all’articolo 27 comma 3 Cost.
La legge dell’ordinamento penitenziario disciplina le modalità di
esecuzione delle pene detentive attraverso l'individuazione del contenuto
e dei limiti del trattamento penitenziario:
Sono garantiti diritti ai detenuti, la privazione della libertà personale
può comportare alcune limitazioni, ma non può portare al loro
annullamento;
Il trattamento penitenziario è improntato sui principi della
individualizzazione (attenzione al singolo detenuto) e di progressività
(attenzione allo sviluppo della personalità del detenuto);
Le attività all'interno del carcere prestano attenzione ad un percorso
rieducativo attraverso lo svolgimento di attività istruttive, ricreative e
lavorative;
Il lavoro e la partecipazione ai corsi di formazione professionale
costituiscono strumenti per l'acquisizione di competenze da utilizzare
fuori dal contesto carcerario; il lavoro è remunerato e sono previste
possibilità di lavoro interne ed esterne al carcere (di pubblica utilità).
Uno strumento che i detenuti possono utilizzare per far valere i loro diritti è
quello del reclamo giurisdizionale, da presentare al magistrato di
sorveglianza, in caso di inosservanza da parte dell'amministrazione di
disposizioni previste dalla legge e dal regolamento penitenziario.
Tuttavia, le regole sul trattamento penitenziario cambiano pesantemente
in relazione ai detenuti per reati di criminalità organizzata. Si tratta del c.d.
carcere duro disciplinato dall'articolo 41-bis, in cui i detenuti devono essere
ristretti all'interno di sezioni speciali, separati dal resto dell'istituto, con
limitazioni nella partecipazione alle attività in comune e nelle comunicazioni.
Il decreto di ammissione al carcere duro ha una durata di quattro anni e può
essere prorogato successivamente ogni volta per due anni, senza limiti.
LE MISURE ALTERNATIVE ALLA DETENZIONE
Una importante novità introdotta dalla legge del 1975 è costituita dalle
misure alternative alla detenzione che consentono di avviare il condannato
ad un percorso extracarcerario.
Si tratta di misure, finalizzate a garantire la funzione rieducativa della pena
e ridurre i tassi di recidiva. In particolare, il tasso di ricaduta nel reato è
più alto tra i detenuti che hanno scontato per intero la pena in carcere.
Le misure alternative alla detenzione presenti nel nostro ordinamento
sono: L’affidamento in prova al servizio sociale, in cui il condannato ad una
pena detentiva sino a quattro anni può essere ammesso, per un tempo
equivalente alla pena da scontare, a questa misura definendo un
progetto con l'UEPE (ufficio esecuzione penale esterna), se il programma
concordato con i servizi sociali avrà poi esito positivo, la pena verrà
estinta.
L’affidamento in prova in casi particolari è previsto per i
condannati tossicodipendenti o alcoldipendenti che intendono
avviare un programma terapeutico con il servizio pubblico.
La detenzione domiciliare, ossia l'esecuzione della pena presso il
domicilio, che può essere concessa per ragioni di tipo umanitario che
tengono conto dell'età avanzata e dello stato di salute del condannato.
Con la semilibertà il condannato è ammesso, durante il giorno, a
frequentare attività lavorative o educative, mentre deve rientrare in
carcere la sera;
Liberazione anticipata sono sconti di pena riconosciuti al detenuto che
mostri di partecipare alla rieducazione interna al carcere.
Importanti sono anche i permessi-premio, concessi per consentire al
detenuto di coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro. Questi, non sono
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