DENIGRAZIONE E APPROPRIAZIONE DI PREGI
Denigrazione: diffusione di no zie che screditano un concorrente.
Appropriazione di pregi: agganciamento alla reputazione di un'altra impresa senza ingannare
il consumatore.
È importante bilanciare la tutela del proprio marchio e la ges one della concorrenza sleale,
tenendo conto delle specificità dei casi e delle norma ve vigen .
La tutela del marchio in che rapporto è con la concorrenza sleale? In un RAPPORTO DI CUMULO.
Soluzione maggiormente legata alla norma.
Spe a all’imprenditore danneggiato scegliere la via più vantaggiosa quando è frequente la
concorrenza, ma non è sempre così quando c’è la tutela di un segno dis n vo, perché “nomi e segni
dis n vi” è una definizione molto ampia e il marchio vi rientra.
Si potrebbe avere un nome o un segno dis n vo diverso, non sogge o ad una disciplina specifica
che ha una protezione individuata dal legislatore, e quindi si applica l’art. 2598 c.c. della concorrenza
sleale in questo caso, la concorrenza sleale gioca un ruolo residuale, basato sul fa o che le altre
tutele specifiche potrebbero non essere applicabili. Queste ul me sca ano prima.
SEGNI DISTINTIVI
Presupposto logico della possibilità che la concorrenza si svolga fru uosamente è il fa o che il
consumatore possa a ribuire i meri e i demeri dei prodo e dei servizi che gli sono offer
all’imprenditore dal quale ques realmente provengono.
Segni dis n vi «TIPICI»:
Marchio
Di a
Insegna 10
MARCHIO
Il marchio è un segno dis n vo idoneo a consen re al pubblico dei consumatori di dis nguere
i prodo o i servizi di un imprenditore da quelli (uguali o affini) di un altro imprenditore.
La tutela del marchio opera principalmente quando la sua adozione (o di un segno simile) da
parte di un terzo possa provocare un RISCHIO DI CONFUSIONE PER IL PUBBLICO.
DITTA
Art. 2563 c.c. “L'imprenditore ha diri o all'uso esclusivo della di a da lui prescelta. La di a, comunque
sia formata, deve contenere almeno il cognome o la sigla dell'imprenditore, salvo quanto è disposto
all'ar colo 2565”. ↓
La di a svolge una prima funzione di segno dis n vo. La di a non è la stessa cosa del marchio. In
alcuni casi potrebbe essere u lizzata e potrebbe esserci un’ipotesi di concorrenza sleale legata
all’uso della di a altrui.
In ques casi, si potrebbe avere una CONCORRENZA SLEALE COLPOSA, non intenzionale, perché
u lizzo una di a che è molto simile o uguale a una di a altrui, legi mamente iscri a al registro
delle imprese e che iden fica una certa a vità imprenditoriale.
Il tema principale produrre confusione a seconda del po di a vità, della clientela, se c’è un profilo
territoriale o meno, ecc.
La DITTA pone qualche problema in più e dobbiamo capire com’è regolato ha una sua disciplina
specifica.
Se c’è:
UGUAGLIANZA o SOMIGLIANZA TRA DUE DITTE
POSSIBILITÀ DI CONFUSIONE PER L’OGGETTO DELL’IMPRESA e PER IL LUOGO di esercizio
dell’impresa, si prevede la modifica della di a in capo a chi ha registrato per ul mo la di a.
La di a è un segno dis n vo meno importante del marchio, ma questa norma specifica sulla modifica
della di a è una norma speciale la di a ha una sua propria disciplina che consiste nella modifica
della di a quando c’è la possibilità di confusione.
Ci può essere concorrenza sleale per uso della di a altrui, ma questa norma avrà un’applicazione
preferenziale rispe o ad una parte della disciplina inibitoria (mira ad o enere un ordine di modifica
della di a arrivata per seconda).
I segni dis n vi, in cer limi , possono essere u lizza diversamente.
FATTISPECIE CONFUSORIA
IMITAZIONE SERVILE: è un’imitazione pedissequa che trae in inganno il cliente. Lo confonde
perché riguarda degli aspe che un cliente può vedere visivamente (es. le confezioni).
C’è differenza tra replicare intenzionalmente una confezione di un concorrente oppure vederne alcune,
apprezzarne vari elemen e crearne una che ha dei pun di tangenza con le altre, ma che non fa
pensare ad una copia pedissequa. 11
Imitazione servile può creare confusione. L’imitazione in quanto tale è fisiologica ed acce ata, ed è
parte del gioco concorrenziale.
Sulla confezione potrebbero esserci problemi di forma, colori, forme, dimensioni delle confezioni tali
per cui l’aspe o complessivo che dis ngue la confezione del prodo o originale è tale da confondere
due prodo .
Sentenza di ipotesi di due vasche e assorbi umidità la complessiva composizione del
o prodo o riprende quella del concorrente. Quando il cliente trova sugli scaffali ques due
prodo molto simili, tende a confonderli associandoli anche alla stessa impresa.
↓
La somiglianza a colpo d’occhio tra la mia vasche a e quella altrui è sufficiente perché ci sia
concorrenza sleale. C’è la confusione, ma la mia slealtà sta nel fa o che ho copiato il prodo o di un
altro concorrente, quindi, mi approprio anche degli inves men altrui (come ideazione, proge ,
modelli, ecc.).
Sentenza rela va a gioielli confronto tra gioielli dove non si guarda la confezione, ma il
o prezzo. ↓
Il cliente è più a ento per l’acquisto di gioielli perché hanno un costo elevato. Fa una a enta analisi;
mentre, per la vasche a porta umidità, dato il prezzo basso, il cliente non fa caso a quale sceglie tra le
due.
Una mera somiglianza probabilmente in questo caso non è sufficiente. Serve una somiglianza più
marcata, perché si presume che il consumatore sia più a ento.
Un’altra variabile da considerare è il CANALE DISTRIBUTIVO.
Sentenza del tribunale di Milano: collane e bracciali con maglie a chicchi di riso, che non
o integrano l’imitazione di un concorrente in quanto:
Sono sufficientemente differenzia
I canali distribu vi sono diversi
L’a enzione dei clien è elevata.
↓
Considerando una differenza modesta, se il bene ha un valore intrinseco molto elevato e il canale
distribu vo è differente, molto probabilmente siamo fuori da un problema di concorrenza sleale.
L’idoneità a produrre confusione esiste anche nel caso in cui l’acquirente sa perfe amente che quello
è un falso. Es. se compro un prodo o contraffa o, sicuramente il produ ore e il venditore sono in
fallo.
C’è anche un’ipotesi di CONCORRENZA SLEALE di CONFUSIONE. Il rischio di confusione è generale,
perché potrei trarre in inganno anche le altre persone che vedono che ho acquistato un prodo o falso.
Il MODELLO è una fa specie specifica, perché si tra a di una forma u le ed originale tutelata alla
stregua di un breve o (so oposta ad una regola analoga del breve o).
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Il PROBLEMA si pone dal punto di vista TEMPORALE perché:
1. Con il breve o o engo una protezione limitata perché, quando scade (dopo 20 anni),
l’invenzione diventa di pubblico dominio.
2. L’art. 2598 c.c. non ha un termine entro il quale può essere a vato Quando c’è imitazione
servile, posso rivolgermi alla norma senza limi di tempo.
C’è un cumulo per cui, ho registrato un modello. Dopo di che, il modello diventa di pubblica u lità e se
qualcuno ne fa uso in modo da generare confusione, posso agire ai sensi dell’art. 2598 c.c.
Avrò il diri o alla PROTEZIONE RAFFORZATA che deriva dalla disciplina del breve o per il
periodo in cui questo vale. Scaduto questo periodo, potrò fare riferimento all’art. 2598,
provando, però, che ci sia idoneità a produrre confusione (non scontata perché, se
distribuisco nel nord Italia finché sono prote o dal modello, se qualcuno distribuisce nel sud
Italia, potrò o enere un’inibitoria. Mentre, se sono prote o dall’art. 2598 devo dimostrare
che, nonostante la distanza geografica, sussiste la confusione, ma ciò non è sempre scontato).
In sintesi:
Se si poteva registrare il prodo o come modello di u lità e non è stato fa o, sarà
responsabilità dell’imprenditore e si applica solo l’art. 2598.
Se l’imprenditore ha registrato il modello di u lità, avrà la tutela per il periodo fissato dalla
legge e poi si applica l’art. 2598.
Concludendo la fa specie confusoria, è presente anche una FATTISPECIE APERTA, che compie con
qualsiasi altro mezzo a idonei a creare confusione con prodo e con l’a vità.
Qualsiasi altro mezzo è diverso dall’u lizzazione indebita da:
NOME O SEGNO DISTINTIVO
o IMITAZIONE SERVILE imitazione pedissequa, imitazione dei cara eri esterni del
o prodo o, ecc.
Potrei usare uno slogan pubblicitario simile un minimo di somiglianza è fisiologica.
Il mezzo es. uso dei furgoni o arredamen molto simili a quelli del mio concorrente. Uso un
arredamento che ho visto in un negozio che fa un’altra a vità dalla mia non c’è nessun problema. Il
problema sorge se svolgo la stessa a vità del mio concorrente oppure se c’è vicinanza geografica tar
le due a vità.
La concorrenza si può fare:
INTENZIONALMENTE per risparmiare la spesa
NON INTENZIONALMENTE non sapere che sto u lizzando delle cara eris che altrui, non è
sufficiente perché non ci sia la colpa, dato che bisogna capire come sono arrivato a tali
decisioni e se ci sono state anche delle ricerche pregresse.
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FATTISPECIE DENIGRATORIA
ART. 2598 c.c.
2) Diffonde no zie e apprezzamen sui prodo e sull'a vità di un concorrente, idonei a
determinare il discredito o si appropria di pregi dei prodo o dell'impresa di un concorrente
(denigrazione e appropriazione di pregi);
↓
La DENIGRAZIONE è la diffusione di no zie o apprezzamen sui prodo o sull’a vità idonei a
determinare il discredito.
Ques sono termini da guardare e interpretare in senso ampio s amo parlando di chi parla male
del proprio concorrente e tale a o è idoneo a determinare il discredito in modo da pregiudicare il
concorrente in qualsiasi po di rapporto.
Non ci riferiamo solo alle comunicazioni rivolte ai comuni clien , ma ci s amo riferendo anche a
esternazioni rivolte a fornitori, dipenden , finanziatori, ecc.
La denigrazione può essere molto ampia perché potrei parlare con il mio cliente principale, il quale si
rifornisce anche da un mio cliente e perciò diffondo no zie e apprezzamen denigratori.
L
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