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DIRITTI E DOVERI DELLE DONNE NEL DIRITTO HINDU

All’interno dei testi sacri hindu, la donna viene considerata per la sua capacità di procreare e

garantire la prosecuzione della specie umana.

Se la donna genera un maschio riceve particolare stima all’interno della famiglia e della

società, in quanto può partecipare allo svolgimento dei sacrifici rituali.

A donne e uomini sono assegnati precisi ruoli nell’ambito familiare e sociale in modo che

possano agire conformemente al dharma e realizzare l’ordine macrocosmico (rita).

- la donna nel diritto hindu è soggetta a una figura maschile (assetto patriarcale ma

non discriminatorio)

- il contenuto delle regole hindu risente di una concezione di rigida divisione dei ruoli

NORME SUCCESSORIE→ generalmente alle donne spetta il diritto al mantenimento e si

configura come un diritto di proprietà ridotto che permette loro di disporre dei beni ma non di

alienarli. La qualità di erede spetta solo agli uomini: pertanto se il padre avesse generato

solo figlie femmine, egli alla morte non avrebbe potuto trasferire la proprietà a nessuno. Per

sopperire a questo stato di fatto è nata la pratica della figlia incaricata, che deve adempiere

al dovere di partorire e crescere un figlio maschio per donarlo a suo padre così che questi

possa trasmettergli l’eredità.

HINDU SUCCESSION ACT→ cambiamenti a favore dell’autonomia patrimoniale della

donna (è resa coerede al pari degli uomini nell’ambito della proprietà familiare collettiva)

Tuttavia, lo statuto giuridico della donna deve anche tenere conto delle consuetudini. Una di

queste è la rinuncia da parte della donna alla quota ereditaria che le spetterebbe in favore

del fratello maschio. Questo atto è spesso percepito come un adempimento di dovere

morale.

Le relazioni patrimoniali sono caratterizzate anche dall’istituto della dote, resa illegale nel

1961. Tuttavia questo istituto sopravvive come costume sociale ed è talvolta causa di

violenze fisiche e psichiche perpetrate contro le donne.

Tra i valori che identificano una donna hindu vi sono la fedeltà e lealtà al marito. Un’antica

pratica detta sati prevedeva che, una volta morto il marito, la vedova si bruciasse viva sulla

sua pira funeraria (atto di devozione verso il marito).

Ancora oggi la condizione di vedovanza è giudicata molto negativamente.

Nell’induismo la figura femminile non è definita solo in relazione agli altri membri della

famiglia, ma anche dal suo rapporto con il divino e la spiritualità. Ci sono donne che per

scelta entrano a far parte di ordini religiosi ed intraprendono un cammino spirituale: si

reputano elette e la loro dedizione è testimoniata dal voto di castità.

Se da un lato la funzione della donna sposata è quella di procreare, quella della donna

asceta consiste nel rinunciare ai tipici compiti femminili allo scopo di conservare la propria

purezza.

Il cammino spirituale delle persone di sesso femminile è ispirato ai principi di solidarietà,

altruismo e filantropia. Gli uomini invece si dedicano alla vita ascetica, che consiste nel

distacco dal mondo.

LE REGOLE ALIMENTARI NEL DIRITTO HINDU

L’induismo ha sviluppato molte regole relative alla preparazione e al consumo di cibo,

fortemente intrecciate con alcune concezioni relative alla conservazione del cosmo. Alcune

regole definiscono i cibi proibiti e i cibi adatti.

La struttura di base del sacrificio vedico è quella dell’immolazione di un animale nel fuoco

sacrificale: lo spargimento di sangue viene considerato contaminante e la forma preferita di

uccisione è il soffocamento.

Anche la cremazione funebre viene concepita come un processo di cottura/trasformazione.

Si sottrae al rito della cremazione solo il rinunciante che ha intrapreso un percorso di

abbandono del mondo segnato da una cremazione simbolica.

Altro aspetto fondamentale che lega alimentazione e morte è lo shradda, ovvero l’insieme

delle offerte funebri di cibo necessarie per permettere la trasformazione di un defunto in un

antenato (ricostruzione corpo del defunto e assunzione di demeriti spirituali).

I cibi sono classificati attraverso criteri fortemente simbolici, legati a teorie sugli elementi

costitutivi del mondo e del corpo. Una prima classificazione è quella sulla base del rasa (sei

sapori) o del guna (luminosità, energia). divorati e divoratori

L’ingestione di cibo impuro ha effetti sulla sfera fisica, sociale e spirituale.

La preparazione e consumazione del cibo sono ritualizzati: bisognerebbe infatti tenere per

sé quel che avanza agli antenati e agli spiriti. Il digiuno, totale o parziale, è considerato un

modo per acquisire karman positivo e una pratica di espiazione.

Le regole relative al cibo dipendono dallo status sociale, in particolare dall’appartenenza a

una casta. I brahmani rifiutano il consumo di carne bovina, ammessa invece presso le caste

molto basse. L’ossessione per la purezza nella dieta brahmanica comporta il

vegetarianesimo, l’evitare le uova, l’aglio e la cipolla.

E’ importante non consumare carne di animali carnivori. Nell’induismo le regole sono

concepite come secondo una scala di comportamenti più o meno meritori sul piano

spirituale.

Per le bevande alcoliche non esiste un divieto assoluto: viene vietato il consumo di distillati

di cereali con forte contenuto alcolico e permesso il consumo di vino.

La casta regola la commensalità: più si è in alto nella gerarchia sociale meno sono le

persone assieme alle quali si può mangiare o si può ricevere cibo. Il rischio è quello della

contaminazione di cibo e della propria purezza (luoghi e stoviglie separate). (cibo cotto in

acqua o burro chiarificato)

E’ interessante osservare che il rinunciante deve nutrirsi di cibo che gli viene offerto

caritatevolmente. Il rinunciante si pone al di là della contrapposizione tra dharma e adharma

dai quali deriva un merito o demerito

Uno degli aspetti più noti dell’induismo è la sacralità della vacca, la cui origine è da

individuare nel vedismo. Per chi aderisce a questo principio, l’uso di carne di bovina

rappresenta un chiaro segno di demarcazione tra appartenenti a caste basse e impure e

appartenenti a caste alte. La vacca ha assunto un ruolo importante nelle pratiche sociali e

rituali, in quanto produttrice di elementi cruciali nel mondo hindu come burro chiarificato.

Alcuni testi normativi hindu sanzionano molto pesantemente l’uccisione di alcuni animali

soffermandosi sulle conseguenze adharmiche che questi comportamenti hanno.

LO STATO NEL DIRITTO HINDU

Nel pensiero brahamanico, il concetto di dharma come ordine attorno al quale si struttura il

diritto viene ulteriormente elaborato e si individuano tre obiettivi che l’uomo deve conseguire:

- dharma

- kama

- artha

Questi tre obiettivi costituiscono il trivarga ed esistono in un rapporto gerarchico.

All’interno dei diversi testi della tradizione brahmanica si sottolinea come la figura del re sia

stata istituita dagli dei e investita del compito di comandare in seguito alla degenerazione

dell’umanità e dei suoi costumi. Alcuni testi fanno riferimento a un’epoca aurea in cui

l’umanità era in grado di autoregolarsi, ognuno consapevole dei propri doveri. Nel corso dei

secoli l’umanità ha perso il contatto con questa consapevolezza innata degenerando in uno

stato di disordine e sopraffazione.

In altri testi si fa invece riferimento a un contratto sociale tra gli uomini fallito che ha portato

alla richiesta alla divinità di istituire una figura reale di riferimento per porre fine allo stato di

natura.

Nel passaggio dal periodo vedico al periodo classico, l’elaborazione si sposta sui soggetti

pubblici e il loro ruolo per mantenere l’ordine. La figura del governante impedisce che la

società si autogoverni in base alla legge dei pesci e protegge la comunità.

A partire dall’800, l’elaborazione brahmanica si specializza e si fonda una scienza del

governo e della politica. Le opere principali in materia di scienza politica sono composte da

ARTHASHASTRA DI KAUTILIA, un ministro noto per le sue abilità machiavelliche. Il suo

trattato è interamente dedicato alla scienza politica e a problemi pratici del governo. Egli

ritiene che l’uso della violenza e dell’inganno sia giustificato ai fini dell’utile comune e

sottolinea la stretta correlazione tra ordine sociale e potere del re, il cui compito è

accrescere il benessere della popolazione.

Questa condizione può essere garantita solo attraverso pene severe da parte del sovrano,

che ha il monopolio della violenza.

RAJADHARMA→ dovere del governante di proteggere il benessere dei sudditi (dharma

principale). Il re che agisce in modo contrario al proprio dharma perde legittimità e tale

atteggiamento giustifica la ribellione del popolo.

Non è tanto il re ad avere natura divina, quanto la sua funzione. E’ necessario che il re

appartenga alla casta dei guerrieri e ha due compiti:

- proteggere dai pericoli esterni

- proteggere dai pericoli interni causati da negligenza dei doveri o controversie tra i

sudditi

Nell’epoca post classica i processi di autoregolamentazione non scompaiono del tutto: il re

nel giudicare ha l’obbligo di rispettare il diritto consuetudinario delle caste. Il sovrano è solo

una parte di una rete più estesa di organi deputati alla verifica del rispetto delle norme e alla

risoluzione delle controversie.

Tra il 19 e il 20 secolo nascono movimenti di riforma religiosa, alcuni tesi a promuovere il

cambiamento sociale anche sulla base dei modelli occidentale, altri tesi al recupero e alla

glorificazione delle antichità indù (induismo politico→ fondato sull’idea nazional

fondamentalista che identificava l’essere umano con l’essere indù; questo movimento mira

ad armarsi per combattere i non hindu per ripristinare il dharma).

CAPITOLO 5: IL DIRITTO BUDDHISTA

Il buddhismo è una tradizione culturale composta da dottrine, regole di comportamento e

istituzioni che si ricollegano agli insegnamenti di Buddha. Esso comprende una serie di

scuole e sottoscuole che possono divergere su vari aspetti anche molto importanti della

dottrina, pur conservando un nucleo originario. Si dividono: buddhismo Hinayana, Mahayana

e Vajrayana. Tale diversità interna è dovuta anche alla straordinaria diffusione che esso ha

avuto, diventando una religione pan asiatica.

L’origine del Buddhismo viene collocata tra VI e V secolo a.C ed è legata alla figura di

Siddhartha Gautama, che si dedicò a pratiche ascetiche raggiungendo la liberazione e

diventando il Buddha “risvegliato”. Attor

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Publisher
A.A. 2022-2023
13 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/11 Diritto canonico e diritto ecclesiastico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher anna.povia di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto ecclesiastico comparato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Lo Giacco Maria Luisa.