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Laicità e pronuncia del giudice delle leggi
Ciò che vogliamo sottolineare è l'esigenza di una pronuncia da parte del giudice delle leggi, relativa al principio di laicità perché resta ed ha in sé la possibilità di rendere sindacabili ambiti sconosciuti della legislazione civile, sia unilaterale che di derivazione pattizia, e questo ha fatto sì che, nella individuazione di questi principi e nella loro mancata definizione, la Corte Costituzionale sia diventata il vero arbitro della disciplina dei rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose, con il contributo assai ampio e significativo del giudice di legittimità; ha assunto funzione del legislatore, sostituendo un legislatore veramente latitante.
Lezione 9 - 29/03
Laicità privata
La dimensione della laicità esaminata da un punto di vista teorico non esclude la sfera religiosa ed impone di trovare un contenuto giuridico di questo principio; ciò non si può fare se non trovando un equilibrio.
delle condotte pratiche che coinvolgono concezioni plurali del mondo che, promanando dalla sfera etico-morale di ciascuno, possono essere molto differenti tra di loro. Soprattutto, possono divergere molto quando si esprimono nella visione del mondo che ciascuno ha, della concezione della vita terrena e ultraterrena.
Dunque, il tema della laicità tratta e dipende ampiamente anche dalla materie delle scelte individuali. Per questa ragione, a confrontare il tema della laicità dello Stato secondo una logica verticale non è più sufficiente: si limita a prendere in considerazione il dialogo che deve continuare ad esistere tra lo Stato e le confessioni religiose e ciò non è esauriente per declinare le possibili forme di laicità dello Stato, centrando così una definizione giuridica di quest'ultima. Non ha più senso, sempre riprendendo precedenti discorsi, continuare a pensare ad uno Stato laico come se fosse uno stato separato rispetto
Al fenomeno religioso, né si può immaginare uno Stato che si identifichi con qualche confessione religiosa o con qualche Chiesa. Dobbiamo tenere a mente che la sfera esaminata sino a questo momento riguarda una sfera pubblica della laicità. Difatti, l'approccio che prevede "separazione tra Stato e confessioni religiose, in cui laicità pubblica implica neutralità ed equidistanza dello Stato nei confronti delle ultime, alle quali garantisce eguale libertà" è ancora attuale, ma non basta, così come non basta il solo approccio previsto dall'art. 8.1 della Costituzione. Non è attuale perché prevede delle logiche di potere tra vertici e ciò oscura tutto l'orizzonte della laicità. La laicità privata ha a che vedere con le scelte individuali, giuridicamente significative, compiute dai singoli sul piano etico. Da una logica verticistica dobbiamo passare ora ad una logica orizzontale.
dimensione Lescelte individuali di ciascuno si traducono in condotte ed hanno visibilità nell’ordine pubblico. Ciò imponeallo Stato il dovere di rispondere a domande concrete, bisogni che provengono dalla base della piramide.18ffifi ffi ff fi ff fi fi ffi fi ffi fi fi ffi
Da un punto di vista giuridico la scelta personale di fede non signi ca necessariamente che ilsoggetto è totalmente sottoposto e deve obbedienza a quelle che sono le regole o precetti confessionali. Adi erenza del passato, far parte di una confessione religiosa non signi ca più aderire in toto al precettoconfessionale, perché la scelta religiosa si estende sul piano della scelta etica che è plurale per sua natura.
Ciò signi ca che le società occidentali si stanno confrontando con un pluralismo che non solo è traduzionedell’appartenenza confessionale, ma è anche manifestazione del dato plurale dentro la confessione. Dirsi eprofessarsi
Cattolico o cristiano non significa oggi appartenere in maniera rigorosa alla Chiesa: il singolo si sente cristiano, sente di appartenere a questa comunità, eppure assume un proprio giudizio personale verso i dogmi della confessione a cui aderisce, senza appunto doversi soggiogare ciecamente ai modelli.
Divorzio: Ad esempio, ciò è frequente in tema di essendo cristiani, alcuni hanno proprie posizioni circa il divorzio e dunque il credente che si sente di appartenere alla comunità di fede non condivide tutto. Alcuni volontaria gravidanza. Potrebbero invece ebrei o musulmani, ma hanno posizioni verso l'interruzione di Indi senso, questi casi parliamo di fenomeno di uso tra le comunità di fede rese così plurali al loro interno. È fondamentale per l'emersione di una realtà spirituale centrata sulla valorizzazione dell'identità individuale, moralidelle dinamiche che motivano le persone, che cambiano col tempo.
adattandosi ai contesti sociali; come quella sessuale sono profondamente cambiate negli ultimi quarant'anni, ad esempio.Stato laico
In primo luogo, possiamo ora affermare che lo Stato certamente debba dare risposta ai bisogni delle comunità di fede. Il ruolo di garante esterno che si assume, in base al quale le questioni interne delle confessioni non possono limitare le libertà dei singoli. Quindi, questo Stato incompetente sul fenomeno religioso, che non può entrare e sindacare le scelte delle confessioni, è garante delle libertà civili e politiche dei singoli.
Lo Stato si pone al di fuori della confessione ed è attento ai bisogni delle coscienze individuali, permettendo che i soggetti che sono stati limitati nella loro capacità di godere dei diritti all'interno delle comunità di fede continuino a godere dei loro diritti civili e politici; non pensa né in termini discriminatori, né di privilegio.
Il fatto
è che la Corte ha compiuto un percorso lungo, alla fine del quale ha raggiunto una definizione minimale di laicità; coincide con il principio di eguaglianza, equidistanza, parità di trattamento delle confessioni. Se noi facciamo l'errore di definire il principio di laicità in questi termini, arriviamo tuttavia a un risultato che non è soddisfacente. Di fatto, non è attuata né dal legislatore, né dall'esecutivo e nemmeno dalla giurisprudenza e quindi ci troveremo di fronte ad uno sforzo che non ha raggiunto il suo obiettivo, in quanto non abbiamo una traduzione concreta del principio di eguaglianza all'interno del fenomeno religioso; sono tutte diseguali. Ancor meno può essere uguale la dimensione personale del singolo. Altrettanto iniquo è trattare situazioni diverse in modo eguale, così come non è equo trattare in suo cuique tribuere, modo eguali situazioni diseguali. Noi ci dobbiamo allora.basare su un principio diossia dare a ciascuno il proprio; dare le medesime garanzie di libertà e vigilare a che queste garanzie si traducano in tutele concrete. Il diritto laico dello Stato deve essere valutato quando proprio nel risultato e nel metodo dimostra di riuscire a disciplinare i rapporti giuridici senza privilegiare, assecondare un principio guida precostituito, senza trarre ispirazione da una regola anziché da un'altra, ma rispettando il valore etico individuale, consapevole che la libertà religiosa di ciascuno deve essere tutelata; non sopporta di avere anche a che fare con misure discriminatorie, fossero anche di privilegio, ed è un diritto la cui disciplina, sia da un punto di vista diretto che indiretto, deve essere sempre verificata sotto il profilo del metodo democratico. Arriviamo ad una definizione di laicità con connotazione giuridica: da un punto di vista tale, la laicità impone allo Stato di dare indicazioni precise suvalori condivisi dalla maggioranza dei consociati, perché la legge dello Stato si impone ai credenti, ai non credenti, a chi appartiene ad una confessione o no, a chi non appartiene a nulla, ma la legge non può offendere i sentimenti di nessuno. Necessariamente lo Stato deve prendere posizione su argomenti eticamente sensibili; sarebbe impensabile che lo Stato, perché laico, sfugga alla necessità di pronunciarsi su questioni connesse a valori religiosi o etici. Sarebbe uno Stato latitante che avrebbe come effetto anarchia legislativa, amministrativa e giudiziaria; quando si tratta di valori etici o morali egli deve scegliere restando laico, deve spendersi su questo fronte, ma deve salvaguardare quanto più possibile la sua laicità e non è una laicità connotata in una qualificazione astratta, filosofica, ma si deve concretizzare, tradurre nella pratica. Diritto laico significa allora diritto libero da preconcetti, ideologie precostituite.asservimento a regole di fede, morali, etiche, ecc., dalla soggezione, dal rispetto ad una confessione o ad un certo credo piuttosto che ad un altro, che sia dominante o minoritario, da rapporti condizionanti con fede e confezioni religiose; lo Stato si pone in maniera laica, prima di tutto, quando è libero, il che non significa tagliare le radici con la propria cultura. Uno Stato che si pone in questi termini nella esplicazione dei poteri che connotano la sovranità del medesimo, conquista una dimensione laica che cittadini presuppongono la laicità dei singoli. Questo significa che lo Stato non potrà essere laico senza che per primi siano in grado di accettare scelte finalizzate al raggiungimento una definizione di bene comune. Lo Stato raggiunge allora il massimo grado di laicità quando riesce a compiere scelte etiche su terreni eticamente sensibili o rilevanti, in modo tale che le sue
scelte siano percepite dalla generalità dei consociati come il bene per tutti e siano il più ampiamente possibile condivise dai cittadini; lo Stato non impone nelle proprie scelte la scelta del singolo, perché chi non vede rispecchiata completamente la propria cifra etica-morale può entrare in conflitto. La laicità presuppone che tutti i cittadini, ritenendo che quei valori rispecchino il bene comune, siano in grado di rispettare condotte che "io personalmente ritengo peccato" e così è successo, difatti, sulla legge sul divorzio, sull'aborto, sulla disciplina della maternità assistita, così dovrà succedere per la legge che riguarda l'interruzione volontaria della vita; lo Stato deve pronunciarsi. Riprendiamo la pronuncia significativa della Corte Costituzionale, nonché la sentenza 203/1989, in cui è detto che laicità sia l'attitudine dello Stato-comunità.
«che risponde non a postulati ideologizzati ed astratti di estraneità, ostilità o confusione dello Stato-persona o dei suoi gruppi dirigenti rispetto alla servente religione o a un particolare credo, a porsi in posizione rispetto al popolo