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SANZIONI
Il mancato rispetto ad opera dei datori di lavoro distaccanti delle condizioni di lavoro previste dall’art. 4
della Direttiva 96/71/CE può generare in capo agli stessi datori ipotesi di responsabilità civile e penale nello
Stato membro ospitante.
In aggiunta, è stato introdotto un ulteriore sistema sanzionatorio in caso di violazione delle disposizioni
nazionali.
Il mancato rispetto delle Direttive sul Distacco Transnazionale potrebbe portare ad ingiunzioni che
impediscono ai lavoratori distaccati di accedere al cantiere, ostacolando in tal modo la prestazione del
servizio.
Sospensione della prestazione che potrebbe comportare penali da ritardo a carico dell’impresa distaccante
oltre che un notevole discredito verso il cliente/committente
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LA LIBERA CIRCOLAZIONE DEI CAPITALI E DEI PAGAMENTI
Art. 63 TFUE
‘Nell’ambito delle disposizioni previste dal presente capo sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di
capitali tra stati membri, nonché tra stati membri e paesi terzi.
Nell’ambito delle disposizioni previste dal presente capo sono vietate tutte le restrizioni ai pagamenti tra
stati membri, nonché tra stati membri e paesi terzi.’
Gli art. 64 a 66 prevedono alcune possibilità di deroga rispetto al divieto di cui all’art. 63.
Di queste la più importante è quella contenuta nell’art. 65, che è l’unica che riguarda la circolazione di
capitali e pagamenti tra Stati membri e tra Stati membri e stati terzi.
Gli art. 64 e 66 hanno un campo di applicazione più ristretto.
Si tratta di una norma dotata di efficacia diretta.
Questi diritti possono essere fatti valere dagli interessati nei confronti delle autorità nazionali che
intendessero restringere o ostacolare tali diritti.
Nell’ambito di controversie del genere, i giudici possono o devono chiedere la cooperazione della Corte di
Giustizia tramite il rinvio pregiudiziale.
La distinzione tra ‘movimenti di capitali’ e ‘pagamenti’, rilevante in passato, ha perso ora importanza.
In passato la Corte aveva definito i pagamenti come ‘trasferimenti di valuta che costituiscono una
controprestazione nell’ambito di un negozio sottostante’ e i movimenti di capitali come ‘operazioni
finanziarie che riguardano essenzialmente la collocazione o l’investimento di cui trattasi e non il
corrispettivo di una prestazione’.
Per quanto riguarda la nozione di restrizione, la corte non ha mai fornito una definizione in termini
generali.
Si tratta di normative che vietano del tutto o subordinatamente a condizioni restrittive determinate
operazioni allorché siano presenti elementi di transnazionalità.
Talora la discriminazione è legata al fatto che l’operazione è effettuata da soggetti non residenti -
discriminazioni ai danni di investitori non residenti.
Altre volte dipende dal fatto che l’investimento avviene in territorio straniero o a favore di soggetti non
residenti - discriminazioni ai danni di investimenti in altri stati membri.
La corte ha affermato che il TFUE vieta in maniera generale le restrizioni ai movimenti di capitali tra gli
→
stati membri approccio globale, il divieto dell’art. 63 si estende anche alle normative indistintamente
applicabili.
Tuttavia, le restrizioni derivanti da normative indistintamente applicabili possono sfuggire al divieto se
giustificate da ragioni imperative di interesse pubblico e sempre che sia rispettato il principio di
proporzionalità. Perché essa sfugga al divieto deve:
• essere indistintamente applicabile.
• essere giustificata da motivi previsti dall’art. 65 o da ragioni imperative di interesse generale.
• essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito.
• non andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di quest’ultimo.
L’art. 65 prevede alcune deroghe, tra cui quella che riguarda le disposizioni di carattere tributario ‘in cui si
opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il
loro luogo di residenza o di collocamento del loro capitale’.
Un’ulteriore deroga fa salvo il diritto di ciascun stato membro di ‘prendere tutte le misure necessarie per
impedire violazioni della legislazione e delle regolamentazioni nazionali, in particolare nel settore fiscale’.
In nessun caso le deroghe possono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione
dissimulata al libero movimento di capitali e dei pagamenti.
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LE REGOLE DI CONCORRENZA APPLICABILI ALLE IMPRESE
Competenza esclusiva dell’Ue
L’Art. 3 TFUE include tra i settori rientranti nella competenza esclusiva dell’Unione la “definizione delle
regole della concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno”.
Quando i trattati attribuiscono all’Unione una competenza esclusiva in un determinato settore, solo
l’Unione può legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti a riguardo.
Gli Stati membri possono farlo autonomamente solo se autorizzati dall’Unione oppure per dare attuazione
agli atti dell’Unione.
Le disposizioni che si occupano di concorrenza sono gli art. 101 – 109 TFUE, divisi in due sezioni:
• Prima sezione dedicata alle regole applicabili alle imprese
➔ Art. 101 – 102, divieto di Intese e abuso di Posizione Dominante;
➔ Art. 103 – 105, regole relative all’applicazione dei due divieti;
➔ Art. 106, regole speciali relative ad imprese pubbliche o incaricate della gestione di servizi di
interesse economico generale.
• Seconda sezione dedicata agli aiuti statali alle imprese
➔ Art. 107 - 109: normativa relativa al divieto di Aiuti di Stato.
Divieto di intese – Art.101 TFUE
‘Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di
associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati
membri e che abbiano per effetto quello di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza
all'interno del mercato interno’.
Il termine ‘intesa’ che comprende accordi, pratiche concordate e decisioni di associazioni di imprese, nel
TFUE non viene utilizzato.
Un’intesa presuppone l’esistenza di almeno due soggetti che la attuano [pluralità di imprese].
Tale pluralità manca quando a dar vita ad un’intesa sono imprese indipendenti dal punto di vista giuridico
ma collegato sul piano economico [principio dell’unità economica].
Rapporto tra società madre e figlia non viene considerato come intesa.
→
Ratio del divieto di intesa la normativa ha l’obiettivo di evitare interferenze nel mercato unico europeo.
La finalità del legislatore è quella di creare un mercato workable.
→
Accordo presuppone l’incontro di volontà tra le parti che di solito sono imprese attive in un determinato
mercato sul quale offrono beni o servizi.
Vi è la comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo.
A volte operano anche imprese che, non operando sul mercato, facilitano semplicemente la conclusione o
attuazione dell’accordo, i cosiddetti facilitatori.
→
Pratica concordata non richiede una manifestazione di volontà reciproca tra le parti.
Per avere una pratica concordata, quando si riscontra che le imprese agiscono in maniera identica o simile,
[parallelismo di comportamenti], la Commissione deve provare che tale fenomeno non è il frutto di
dell’autonoma scelta di ciascuna impresa ma il risultato di un accordo, attraverso la prova di riunioni o di
scambio di informazioni che normalmente sono riservate.
→
Decisioni di associazioni di imprese affinché l’intesa ricada nel divieto, deve essere in grado di provocare
un pregiudizio sensibile al commercio tra gli Stati membri e alla concorrenza intrabrand e interbrand.
Sono sufficienti gli effetti potenziali che un’intesa è in grado di produrre.
49
Abuso di posizione dominante - Art. 102 TFUE
‘È incompatibile con il mercato interno e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al
commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione
dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di esso”.
La libera concorrenza ha la finalità di creare un ambiente nel quale le imprese, pur nel tentativo di
aumentare le proprie quote di mercato, possano competere sulla base dei loro meriti rispettivi.
La tendenza all’aumento del potere di mercato può, tuttavia, degenerare verso forme patologiche, allorché
per perseguire tale finalità le imprese attuino condotte basate non sul proprio livello di efficienza, ma
sull’uso distorto del loro potere attuale sul mercato, al fine di estromettere gli altri concorrenti e/o arrecare
pregiudizi diretti alle controparti contrattuali.
L’obiettivo dell’Unione è, pertanto, quello di salvaguardare in via immediata il processo concorrenziale nel
mercato interno e, in via mediata, la tutela dei consumatori finali.
Non si tratta di detenzione o acquisizione ma di sfruttamento abusivo di posizione dominante individuale
(detenuta da una sola impresa) o di gruppo (detenuta da più imprese costituenti un gruppo).
È irrilevante come la posizione dominante sia stata acquisita.
La detenzione di una posizione dominate comporta per l’impresa una responsabilità speciale che le altre
imprese non hanno.
Condizioni per accertare abuso di posizione dominante
Per stabilire se l’art. 102 TFUE è stato violato è necessario effettuare un’analisi tripartita.
In particolare, occorre:
• Individuare il MERCATO RILEVANTE, cioè il mercato nel quale si ritiene che l’impresa oggetto di
indagine possa detenere una posizione dominante.
Il mercato va definito in termini geografici e di prodotti o servizi.
Per definire il mercato geografico, in linea di principio il mercato da prendere in considerazione
dovrebbe essere l’intero mercato interno.
Tuttavia, lo stesso art. 102 TFUE consente che, in alternativa, venga in rilievo un’area più ristretta,
purché di tratti di una parte sostanziale del mercato interno.
Il mercato dei prodotti comprende in tal senso non solo i prodotti identici dell’impresa in questione,
ma anche quelli che presentano rispetto a questi un certo grado di intercambiabilità o di sostituibilità
reciproca.
• Accertare se effettivamente l’impresa detenga una POSIZIONE DOMINANTE
→
Nozione di ‘posizione dominante’ “una situazione di potenza economica grazie alla quale l’impresa
che la detiene è in grado di ostacolare la permanenza di una concorrenza effe