Tuttavia, rispetto agli atti gratuiti, qui entra in gioco un ulteriore soggetto, il
terzo contraente, la cui buona fede deve essere valutata con attenzione. Il
legislatore distingue due ipotesi:
1. Atti anomali o sproporzionati e pagamenti con mezzi anormali: se
l’atto è connotato da sproporzione evidente tra le prestazioni, ad
esempio, l’imprenditore cede beni a un valore nettamente inferiore pur di
ottenere liquidità, oppure se il pagamento avviene con mezzi anormali
(baratto, compensazione inusuale, ecc.), si presume che il terzo si sia
avvantaggiato di una condizione di emergenza e che fosse consapevole
della crisi. In questi casi, gli atti compiuti o i pagamenti ricevuti
nell’anno precedente l’apertura della liquidazione giudiziale possono
essere revocati, a meno che il terzo non dimostri di non essere
stato a conoscenza dello stato d’insolvenza. È quindi il terzo a dover
provare la sua buona fede.
2. Atti normali a condizioni proporzionate: quando invece l’atto è stato
concluso a condizioni di mercato e con mezzi di pagamento normali, può
essere comunque revocato, ma solo se è avvenuto nei 6 mesi precedenti
alla liquidazione giudiziale; è il curatore n questo caso a dover dimostrare
che il terzo era consapevole, o avrebbe potuto esserlo con l’ordinaria
diligenza, dello stato di insolvenza del debitore.
In entrambi i casi, se l’atto viene revocato, il terzo è tenuto a restituire quanto
ricevuto e può insinuarsi al passivo per cercare di recuperare, al pari degli altri
creditori, una percentuale del proprio credito. Questo meccanismo può avere
un effetto deterrente sul tentativo di composizione della crisi: chi teme di
vedere annullato un pagamento o un accordo preferisce spesso non
coinvolgersi, anche quando avrebbe interesse a collaborare.
La revocatoria concorsuale rappresenta uno degli strumenti fondamentali
per tutelare la par condicio creditorum, ovvero il principio dell’uguaglianza
tra i creditori, assicurando che nessuno venga favorito a scapito degli altri nel
periodo che precede la liquidazione giudiziale.
Questa tutela ha natura ex post, perché entra in gioco solo dopo l’apertura
della procedura concorsuale. Il curatore, una volta nominato, ha il compito di
analizzare a ritroso gli atti compiuti dal debitore per individuare eventuali
operazioni che, nel cosiddetto periodo sospetto, abbiano leso l’equilibrio tra i
creditori.
Esenzione dalla Revocatoria Concursuale
La legge prevede che gli atti compiuti in esecuzione di determinati strumenti di
regolazione della crisi godano di un’esenzione dalla revocatoria concorsuale, a
condizione che siano rispettati alcuni requisiti e ci sia un adeguato grado di
controllo, spesso giudiziale.
1. Piano attestato di risanamento: Gli atti compiuti in esecuzione di un
piano attestato (dotato di data certa e redatto nel rispetto dei requisiti di
legge) non sono soggetti a revocatoria, in forza dell’art. 166, comma 3,
lett. d). Questa protezione però è limitata agli atti esecutivi del piano e
richiede che il piano sia effettivamente redatto con tutte le garanzie
richieste, anche se non è necessaria l’apertura di una procedura formale.
2. Accordi di ristrutturazione e concordato preventivo: Per quanto
riguarda:
gli accordi omologati e i piani di ristrutturazione omologati
i) ,
l’art. 166, comma 3, lett. e) stabilisce che sono esonerati dalla
revocatoria tutti gli atti compiuti in esecuzione di un accordo o piano
omologato e, in aggiunta, gli atti legalmente posti in essere dopo il
deposito della domanda di accesso alla procedura, purché conformi ai
presupposti legali.
Il concordato preventivo:
ii) l’imprenditore gode della protezione della
revocatoria già dal momento del deposito della domanda, poiché vi è
un commissario giudiziale che vigila sull’operato del debitore durante
l’intera fase di trattativa e approvazione.
3. Composizione negoziata della crisi: Anche l’accesso alla
composizione negoziata comporta una certa tutela: l’art. 24 del Codice
della Crisi stabilisce che non sono soggetti a revocatoria (ex art. 166,
comma 2) gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere dopo
l’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto, a condizione che siano
coerenti con lo stato e l’andamento delle trattative e in linea con
le prospettive di risanamento al momento in cui sono stati compiuti.
Tuttavia, questa protezione è parziale, e riguarda soltanto gli atti anomali
oggetto della revocatoria concorsuale, non tutte le categorie di atti.
Responsabilità Penali e Civili
Un altro aspetto centrale nella gestione della crisi d’impresa riguarda il tema
delle responsabilità: oltre al rischio di instabilità degli atti compiuti
(revocatoria), esiste anche la possibilità di incorrere in responsabilità penali
e civili. A fronte di ciò, il legislatore ha previsto alcune tutele specifiche per
incentivare l’utilizzo degli strumenti di regolazione della crisi.
L’art. 324 del Codice della Crisi stabilisce che non si applicano le norme
sulla bancarotta semplice e sulla bancarotta preferenziale (artt. 322,
comma 3, e 323) ai pagamenti e alle operazioni eseguiti nell’ambito di: un
concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti omologati, un
piano attestato di risanamento, un concordato minore omologato (ex art. 80) e
finanziamenti o pagamenti autorizzati dal giudice
ai ex artt. 99, 100 e 101.
In altre parole, se gli atti sono compiuti in esecuzione di uno strumento di
regolazione della crisi regolarmente attivato, non possono configurare reato né
di bancarotta semplice né di bancarotta preferenziale.
Naturalmente, ciò non esonera da altri reati, come le forme dolose di
bancarotta fraudolenta: ad esempio, la distruzione di documenti contabili
o la dissimulazione di beni restano comunque punibili, anche se commesse
nel contesto di una procedura di crisi.
Inoltre, questo esonero si estende anche a eventuali terzi: se l’imprenditore
non è penalmente responsabile, non lo sono nemmeno i soggetti (come
creditori o consulenti) che hanno collaborato all’esecuzione del piano. Di
conseguenza, anche eventuali responsabilità civili collegate a tali atti vengono
meno, poiché l’atto non è considerato contra legem.
Le responsabilità degli amministratori
Un ulteriore profilo critico nella gestione della crisi riguarda la responsabilità
degli amministratori delle società di capitali, i quali sono tenuti a gestire
l’impresa nell’interesse dei soci. Tuttavia, quando si verifica una causa di
scioglimento (ad esempio per riduzione del capitale sociale sotto il minimo
legale), gli amministratori devono abbandonare la gestione ordinaria e adottare
una gestione conservativa, ai sensi dell’art. 2486 c.c. Questo significa che
non devono più operare per sviluppare l’attività, ma limitarsi a preservare il
patrimonio in vista della futura liquidazione.
Se gli amministratori non rispettano quest’obbligo e continuano ad agire come
se nulla fosse, restano esposti a responsabilità civile nei confronti della società
e dei creditori. La norma attuale prevede, inoltre, un criterio “quantitativo”
per calcolare il danno: esso corrisponde alla differenza tra il patrimonio netto
esistente al momento in cui si è verificata la causa di scioglimento e quello alla
data di apertura della liquidazione giudiziale. In pratica, tutto ciò che è stato
“consumato” nella fase in cui si sarebbe dovuta adottare una gestione
conservativa può tradursi in un danno risarcibile.
Una delle cause di scioglimento più ricorrenti nelle imprese in crisi è la
riduzione del capitale al di sotto del minimo legale.
Non tutte le imprese in crisi presentano uno squilibrio patrimoniale: talvolta si
tratta solo di un problema di liquidità. Tuttavia, quando lo squilibrio
patrimoniale è grave, è probabile che si manifesti una causa di scioglimento
per perdite, che impone agli amministratori di assumere un orientamento
liquidatorio. Questo crea un conflitto evidente: da un lato la legge li obbliga alla
conservazione del patrimonio, dall’altro, il tentativo di risanamento richiede
spesso la continuità aziendale.
Per evitare che questa contraddizione blocchi l’accesso ai percorsi di soluzione
della crisi, il legislatore ha introdotto una deroga alle norme sullo
scioglimento per perdite.
- Ad esempio, l’art. 20 del Codice della Crisi prevede che, nell’ambito
della composizione negoziata della crisi, il debitore possa dichiarare,
fin dalla nomina dell’esperto o anche in una fase successiva, che fino
alla conclusione delle trattative o alla loro archiviazione, non si
applicano le norme sulla riduzione del capitale (artt. 2446, 2447,
2482-bis, 2482-ter c.c.), né la relativa causa di scioglimento (art.
2484, n. 4 e art. 2545-duodecies c.c.).
- Un principio analogo è previsto anche per gli accordi omologati e per il
concordato preventivo, attraverso l’art. 64 del Codice della Crisi: dal
momento in cui viene presentata la domanda di omologa o viene
richiesta una misura cautelare, le norme in materia di riduzione del
capitale si sospendono automaticamente.
Nuovo Finanziamento di imprese in crisi
Un ulteriore tema cruciale nella gestione della crisi è quello della nuova
finanza. In molte situazioni, un’impresa in difficoltà non ha solo bisogno di
tempo o di protezione legale, ma anche di nuove risorse finanziarie per
poter sopravvivere, ristrutturarsi e rilanciarsi soprattutto in caso di crisi
industriale, non solo finanziaria.
Tuttavia, concedere nuova finanza a un’impresa in crisi o prossima
all’insolvenza è un’operazione ad alto rischio: se il tentativo di risanamento
fallisce, il finanziatore rischia di non recuperare il prestito. Per questo
motivo, chi eroga nuova finanza cerca normalmente di tutelarsi con delle
garanzie. In questo contesto, possono verificarsi due situazioni:
1. Garanzia fornita da un soggetto terzo: ad esempio, un socio: in questo
caso, il finanziatore concede il prestito alla società, ma ottiene, ad esempio,
un’ipoteca sulla casa del socio a garanzia dell’importo concesso. Questo
tipo di garanzia, se è effettiva e prestata da un soggetto esterno alla
procedura, offre maggiore stabilità.
2. Garanzia fornita direttamente dalla società debitrice: ad esempio,
un’ipoteca su un immobile aziendale ancora libero da vincoli: qui il rischio è
maggiore. Anche se, in linea generale, il creditore ipotecario ha diritto a
essere soddisfatto con precedenza sul ricavato dalla vendita d
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